Capitolo 16 ‹‹ Jihyun››

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Dopo un pranzo a base di Kebab e patatine fritte ci crogiolammo tutti in salotto, chi sul divano, chi sul pavimento.

Erano le 16:30 del pomeriggio e ad Ariel venne in mente l'idea di far vedere ai suoi nuovi amici i suoi album fotografici.

<< volete vedere le foto della mia mamma mentre aspettava me?>> propose e, mentre la maggior parte di loro annuiva senza problemi, Youngjo e Gunhak scambiarono qualche occhiata con me prima di annuire anche loro.

<< va bene Ariel>> le dissi e andò in camera sua a prendere i suoi album fotografici.

Ne portò tre: uno azzurro, in cui vi erano alcune foto di me da piccola fino all'adolescenza, uno rosa, pieno di foto sue da quando nacque fino ai suoi cinque anni, e infine, uno color oro con le mie foto di quando ero incinta.

Ovviamente io ne avevo altri di album fotografici pieni di foto con me, i miei genitori, i miei parenti in Corea, i miei parenti in Italia, con il padre di Ariel...

Tutti momenti che volevo ricordare ma con le persone che non volevo ricordare.

Prese l'album color oro e lo diede a Youngjo che iniziò a sfogliarlo, Ariel corse immediatamente a sedersi al suo fianco.

Le prime foto le avevo scattate in Corea, volevo fotografare la mia pancia mentre cresceva e lo facevo quando i miei non erano in casa.

Quello era il periodo successivo alla rivelazione della mia gravidanza, quello in cui ormai non mi parlavano più, quello in cui già mi avevano abbandonata a me stessa.

Dovevo prepararmi colazione, pranzo e cena da sola, dovevo mangiare da sola, dovevo lavarmi i vestiti, rigorosamente dopo loro si erano lavati i propri, da sola.

Ero diventata un'ospite in casa mia. No, peggio, ero diventata un'estranea in casa mia.

Essendo parte dell'élite della società, i miei genitori decisero di mandarmi nelle scuole migliori, quelle da ricconi, come le definivano i "comuni mortali", appellativo che i miei genitori davano ai poveri, alla gente comune che si fa il culo dalla mattina alla sera per potersi permettere un pezzo di pane. Ma poveri per loro erano anche le persone che, nonostante avessero qualche zero nel conto in banca, non mandavano i propri figli in scuola prestigiose semplicemente perché volevano che i loro figli crescessero come gli altri bambini, come poveri diceva sempre mia madre.

Ricordo che quando ero piccola ammiravo i miei genitori, l'avrò ripetuto centinaia di volte e continuerò a farlo perché era vero, erano i miei idoli per tutto quello che facevano ma ero ancora piccola e non capivo ancora molte cose.

Crescendo iniziai a rendermi conto di quanto fossero egoisti, disprezzanti, discriminanti, logorroici. Ne ebbi la prova quando, a quindici anni, mi ero fatta mia prima amica che non fosse una ragazzina viziata tutto fumo e niente arrosto, con due chili di trucco, scarpe diverse ogni giorno e vestiti limited edition.

Quella ragazzina era arrivata da poco in città e quando la conobbi si era persa mentre cercava di di tornare a casa. La vidi spaesata e spaventata, così decisi di aiutarla. Mi feci dire l'indirizzo e le feci vedere la strada che avrebbe dovuto fare.

Quando riconobbe la sua casa mi abbracciò e mi ringraziò un sacco di volte, non era ricca come me ma a me non importava.

Da quel giorno diventammo molto amiche, ci vedevamo tutti i pomeriggi e nonostante le avessi confessato di essere ricca lei non mi disprezzava come avrebbero fatto gli altri.

Lei era orgogliosa del suo status sociale, non si vergognava di indossare abiti di seconda mano o scarpe non firmate, non si vergognava di andare a cenare in ristoranti economici, non si vergognava di nulla.

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