4. Un barlume di speranza

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Zilong e Miguel osservavano sempre più preoccupati la misera stanza che componeva gran parte della centrale di polizia. Non che fossero preoccupati per la loro sorte e soprattutto non per quella di Dušan, ma per le condizioni in cui verteva quel luogo. C'era quello che pareva essere un calcolatore, parecchio datato, ma nient'altro. C'era uno strumento che non riuscivano a riconoscere, legato con un filo ad un cavo sulla parete e munito di numeri, ma non capivano a cosa servisse con il calcolatore al suo fianco.

Avevano creduto di essere in un pianeta arretrato, ma avevano sperato che le macchine a benzina non fossero segno di un luogo così preistorico. Era ancora incredibile che i loro sistemi HY-PHO si fossero connessi a qualcosa e quindi si chiesero a cosa mai, siccome da quello che vedevano era un miracolo se fossero riusciti a riparare l'aria condizionata.

«Il vostro amico è nei guai, direi.»

Zilong e Miguel tornarono a posare lo sguardo sul poliziotto seduto alla scrivania, un uomo di mezz'età con una discreta pancia e con i cappelli biondi ormai radi e macchiati di bianco.

Non era da solo, aveva un collega più giovane, che si stava divertendo a fare la ronda davanti alla cella di Dušan, come se fosse un pericoloso criminale. Probabilmente era la prima persona che finiva dentro quelle sbarre da immemore tempo e lui ne stava approfittando.

«Quante ore di lavori forzati dovrà scontare?» chiese ingenuamente Miguel.

Zilong cercò di ammonirlo con lo sguardo. Era giovane e inesperto su come celare la propria provenienza. Credeva ancora che su tutti i sistemi si applicasse la loro legislazione, chiuso nei stretti confini della realtà creata dall'Unione, e in quel momento poteva rischiare di far affossare tutti.

Il poliziotto, infatti, lo fissò perplesso, quasi non avesse capito la domanda.

«Il mio compagno voleva chiedere qual è la pena a lui riservata.» intervenne Zilong.

«Beh, i danni sono ingenti, se poi consideriamo anche il furto della macchina...»

Ai due compagni scese un brivido lungo la schiena. Miguel si proiettò già alla pena di morte, Zilong più realisticamente valutò che rischiavano di restare su quel pianeta per più tempo delle riparazioni. Sempre se non scaricavano là Dušan bollandolo con una nota di demerito. Quella, però, non era un'opzione che la sua moralità avrebbe accettato, quindi si ritornava alla nefasta opzione di attendere per un tempo indeterminato di tornare a casa.

Forse il capitano Chačaturjan aveva ragione, fuori dalle missioni Dušan era da tenere legato al letto.

«Si può pagare una cauzione?» chiese Zilong, interrompendo il poliziotto.

Un altro sguardo perplesso, forse l'uomo faceva solo fatica a rielaborare le frasi.

«Sì, certo, ma dati i danni...»

«Quanto?» chiese Miguel, intuendo il piano di Zilong.

Detestava i modi di Dušan, ma non voleva vederlo condannato a morte, non avrebbe mai abbandonato un compagno senza lottare. O almeno questo era quanto gli era sempre stato insegnato, ma dopo essere stato nella Squadra 24 temeva che i suoi principi iniziassero a vacillare.

Il poliziotto fece una rapida ricerca sul suo calcolatore. Zilong e Miguel trattennero il fiato, preoccupati dato il tempo che stava passando senza una risposta, finché l'uomo non girò lo schermo. Vista la cifra, tirarono un sospiro di sollievo: era una bazzecola.

«Paghiamo, allora, nessun problema.» disse Zilong.

Il poliziotto li fissò perplesso, ora erano entrambi certi che avesse dei problemi di udito o di comprensione. Stavolta, però, il suo collega interruppe la sua marcia, sorpreso pure lui.

Squadra 24 - Storia di un disastroso naufragio spazialeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora