Mi rotolo di lato, la sveglia suona imperterrita mentre arranco nel buio per trovarla.
Eccola, come sempre alle 8 precise disturba il mio riposo. Mi giro verso l'altro lato del letto, vorrei urlarti -buongiorno!- ma a quanto pare ti sei svegliato prima per andare a lavoro.
A volte detesto il tuo lavoro, già stiamo lontani per gran parte dell'anno, poi ti porta via da me pure quando stiamo insieme... Non lo sopporto... Ma non posso non accettare che senza soldi non potremo costruire nulla, quindi meglio sacrificare un po' di tempo e portare pazienza.
Accendo la luce, strizzo gli occhi che ormai si erano abituati al buio. I piedi che toccano il pavimento gelato, è sempre un trauma uscire dal bozzolo di coperte che mi costruisco.
Con indosso le tue pantofole troppo larghe per i miei piedi, mi trascino in bagno. Rabbrividisco, la stupida finestra è rimasta aperta tutta la notte, solo perché vivi nell'ansia che un profumatore per ambienti non basta.
Apro l'acqua, per fortuna diventa calda subito e mi ci metto subito sotto.
Guardo l'orologio che mi tengo sempre al polso, sono 6 minuti che sto in doccia, l'odore di felce azzurra mi ha ricoperta, eppure non mi va di uscire da quella cabina di vetro.
Mi faccio coraggio e prendendo al volo il tuo accappatoio mi copro. Asciugatina rapida e mi vesto con ciò che ho lasciato fuori dalla valigia il giorno prima, così da avere quasi tutto pronto in tempo.
Torno in camera e guardo il letto. È completamente sfatto, dovremmo smetterla di agitarci tanto... Ma va! Quando mai smetteremo.
Lo rifaccio nel migliore dei modi, come ogni volta mi riprometto di regalarti delle lenzuola nuove e poi non me lo segno mai.
Guardo verso la finestra, le serrande sono abbassate quindi per amor tuo le alzo e apro la finestra per arieggiare e far sparire quel delizioso calduccio che amo tanto.
Porto i miei bagagli in soggiorno, ma prima ricontrollo la stanza. Mi fermo a fissare la tua playstation, come sempre in standby a consumare corrente. La spengo dopo aver salvato la tua partita... Okay, forse ho finito il livello e poi l'ho salvata, non ringraziarmi.
Alzo le serrande del balcone che da sul soggiorno, prendo la piantina che ti ho regalato, Hope, le do un bicchiere di acqua e la metto in una zona riparata a prendere un po' di luce.
Torno dentro e apro il frigo, come sempre non hai del latte, allora mi riempio una tazza di acqua e metto ad infusione del the al limone, limone non i tuoi brutti frutti di bosco.
I wafer sono buoni nel the, me ne mangio abbastanza, quindi se il pacco è vuoto è colpa mia, sorry.
Vado a lavarmi i denti, come mio solito spremo il dentifricio come il collo di un pollo, ma non temere, dopo l'ho arrotolato come piace a te. Ho messo anche il profumatore in corrente, grazie per averlo tolto quando sono arrivata, ho il naso troppo delicato.
Il sapore del dentifricio mi fa sempre venire sete, quindi prendo la tua bottiglia di vetro e mi finisco l'acqua. Ovviamente te la riempio e la rimetto in frigo, so quanto bevi dopo una mattinata di lavoro... Quanto bevi in generale.
Prendo le mie cose, apro la porta e con un triste sorriso me la richiudo alle spalle.
Esco dal palazzo, saluto il cane che abbaia sempre e mi avvio verso la stazione dei treni.
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Spalanco gli occhi. Afferro il cellulare e annullo la sveglia prima che possa suonare, ormai mi sono abituato a svegliarmi 5 minuti prima.
Mi giro verso di te, ma non ti vedo.
Scavo un po' sotto le coperte e ti intravedo che cerchi riparo in un mucchio arrotolato di coperte. Il nasino che fa capolino e gli occhietti stretti perché sogni.
Sorrido quasi commosso, ti do un bacio in fronte e mi alzo.
Mi lavo e vesto al volo, poi torno a vedere se riposi. Mi avvicino alle serrande e le abbasso cercando di non fare rumore, so quanto ti da fastidio la luce dell'alba che batte dritta sulla faccia.
Mi do un'ultima occhiata allo specchio, prendo la tua spazzola e mi sistemo il ciuffo, a destra, come piace a te. Prendo il giaccone, le chiavi e il telefono, poi esco senza fare rumore.
Dopo ore di sfiancante lavoro torno a casa, vorrei un tuo abbraccio o pranzare con te, ma non ci sei. Prendo il cellulare e rileggo i tuoi messaggi, nulla di che, "sto prendendo il pullman", "fa freddo copriti il collo quando torni da lavoro", "ho finito i wafer".
Sorrido. Cedo.
Lascio che le lacrime mi scivolino sul viso per poi perdersi nella mia barba. Vado in camera e mi lancio sul letto... È come se tu fossi qui, l'odore del tuo deodorante ricopre il tuo lato di letto, ne abusi oltre ogni limite... Mi piace.
Quasi come se percepissi il mio dolore mi mandi un messaggio "mi manchi, ma guarda il lato positivo, ci rivedremo presto, come sempre tornerò da te".
Queste parole mi rassicurano un po', sono le stesse che ti dico io, allora mi ascolti dopo tutto.
Mi spoglio dei vestiti, mi lavo e mi rimetto il pigiama, tanto non sarei dovuto uscire, perché non mettermi il pigiama? Lo so che a te non piace, ma io ci sto comodo e me lo tengo quanto volgio il mio pigiama.
Rimango nel letto a giocare con la switch, comodo sotto le coperte.
Sto per riappisolarmi, quando la voce di mio padre mi chiama dal soggiorno. Mi alzo e mi affaccio dalla stanza per capire cosa vuole.
-In queste ore alcuni tuoi colleghi lavorano?- mi chiede con sguardo preoccupato
-forse, cosa è successo?-
-un treno è deragliato... Per ora si contano alcuni morti e qualche ferito- dice.
Io mi precipito a fissare lo schermo, a leggere le intestazioni sotto "treno numero 8623, deraglia a seguito di malfunzionamento, 10 morti, diversi i feriti" poi altre parole che ignoro.
-8623- dico più volte cercando di ricordarlo mentre smanetto col cellulare. Il numero mi è familiare, spaventosamente familiare.
Apro la chat che ho con te, il biglietto del treno è tra gli ultimi messaggi.
Lo apro. Urlo quasi, ma la voce si blocca in gola.
Inizio a telefonarti, una, due, venti volte.
-risponde la segreteria telefonica di 339...-
Rimango immobile sul divano, non sento più nulla, nè la televisione, né mio padre. Un dolore lancinante al patto si impossessa di me.
Hai sempre avuto ragione, allontanarsi è come perdere un pezzo di sè, perdere il respiro, un battito, ma è per un secondo lungo ore... Stavolta sono ore vere e proprie.
Non sta succedendo, non a noi...
Mi guardo attorno, come poteva restare di te solo un profumo e un letto che ho quasi sfatto?
Rimango attaccato al computer e alla televisione in cerca di novità, di sapere i nomi, di capire di più.
Ormai rispondo nervosamente alle telefonate, sia mai qualcuno mi occupi la linea mentre provi a telefonarmi.
Il cellulare squilla, per l'ennesima volta, rispondo, il numero non è salvato.
-senta, non volgio sembrarle scortese ma la prego di non chiamare più per oggi, se ha delle offerte ne discuteremo un altro giorno o in negozio- poi attacco. L'altra persona non ha avuto nemmeno il tempo di dire mezza parola, forse per questo richiama.
-Che c'è?!- rispondo stizzito, con nervi a fior di pelle
-ciao amore, sono io...-
Il cuore mi si ferma per un attimo
-non è un buon momento immagino, ma ho perso il treno e la borsa, non è che potresti venirmi a prendere? Scusa se te lo chiedo ma-
-ma nulla, dimmi solo dove sei- cerco di dirle trattenendo le lacrime
-al solito posto-
-arrivo- poi chiudo la telefonata.
Le ginocchia sembrano non reggermi, il cuore che esplode nel petto, resto immobile a processare gioia e dolore nello stesso istante.
Mio padre mi stringe a sé, mi prende le spalle e mi sorride -forse dovresti darle ora il regalo di natale- mi dice porgendomi una scatoletta che avevo decorato con cura
-tanto i lavori di ristrutturazione in casa mia finiranno tra un paio di giorni, non vorrei lasciarti solo soletto qui...- mi dice sorridendo.
Arrivo alla rotonda, 100 metri dalla stazione.
Ti vedo, nascosta in un piumino bianco.
Sali in auto e mi sorridi imbarazzata -spero non sia un disturbo se resto per un giorno in più-
-speravo volessi restare...- ti porgo il pacchetto -per sempre-.
I tuoi occhi grigi brillano più del metallo delle chiavi. -Credo sia un sì-
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I tuoi piccoli gesti
Short StoryLe relazioni sono qualcosa di magico, di complesso, eppure sono così semplici Costruite con piccoli gesti, le storie più belle, vivono nei dettagli più quotidiani e nei capricci più naturali. Questa è la storia di una distanza, di un addio e di un s...