Era una giornata molto fredda, ma il cielo era azzurro e il sole splendeva alto.
Natalia era impaziente, aveva passato la mattina a cercare di imparare dalla nonna come fare dei calzettoni di lana fallendo miseramente.
Indossò i pantaloni di velluto e un maglione di lana grigio che la nonna aveva terminato di preparare il giorno prima. Non voleva socializzare, avrebbe preferito stare a casa con la nonna ma ormai l'impegno era preso.
Arrivò in piazza che Dorotea la stava già aspettando.
La vivacità della ragazzina riuscì subito a calmarla, ben presto cominciò a sentirsi a suo agio.
-Ho sentito che prima di venire qui eri tu ad occuparti della casa e degli animali-
-E' da quando sono piccola che mi sono presa cura della casa, mio padre aveva un tale da fare che io non volevo appesantirgli ancora di più le giornate- rispose Natalia. Ormai provava una lontana malinconia. Anche se era passata poco più di una settimana dall'incidente lei faceva di tutto per farsi forza e andare avanti. Certo, le mancava suo padre e la sua vecchia vita, ma stare a ripensarci non le sarebbe servito a nulla.
-E tu invece cosa fai nella vita?- chiese a Dorotea
-Bado alle galline e ogni tanto vado ad aiutare mia zia col suo lavoro. E' la sarta del paese. Dice che tra qualche anno, se vorrò, potrò lavorare a tempo pieno da lei, io non vedo l'ora-
Il sole era alto nel cielo e i biondi capelli di Dorotea risplendevano sotto i suoi raggi, decise che avrebbe portato Natalia a fare un giro per il paese. Dopo averle mostrato anche le vie più remote del centro, andarono in negozio da Anita e insieme pranzarono in riva al lago.
Le piante erano spoglie, il prato coperto di brina. Le ragazze si sedettero su una panchina.
-Ho sentito che inizierai ad aiutare Odoacre nella sua stalla tra qualche giorno- disse Anita
In realtà non aveva sentito dire nulla, aveva semplicemente ascoltato i pensieri di Natalia.
-Sì tra tre giorni inizierò a lavorare- rispose la ragazza.
...Sono abbastanza preoccupata per questo, chissà se sarò abbastanza capace..
-Tranquilla andrà benissimo- disse Anita dopo averla ascoltata.
Dorotea raccontò con nostalgia la sua estate passata a divertirsi con Anita. Era stata la prima estate in cui i genitori le avevano permesso di andare la sera alla locanda, ovviamente accompagnata dai fratelli maggiori.
Così ogni settimana Anita e Dorotea si ritrovavano a ballare a suon di fisarmonica bevendo sidro e birra.
-Tu come hai passato l'estate?- chiese Dorotea a Natalia
-Non uscivo mai la sera, dopo le giornate passate a destreggiarmi tra l'orto e gli animali ero esausta- Anita sentì che Natalia mentiva, la verità era che non aveva qualcuno con cui uscire. Era molto riservata e le ragazze del suo paese non la vedevano di buon occhio.
-Senti Natalia, domani sera io e Dorotea andremo alla locanda, se ti va puoi venire con noi- propose Anita, provava una grande simpatia nei confronti della ragazza anche se non si conoscevano ancora abbastanza.
-Certo vieni! Ci farebbe molto piacere- aggiunse Dorotea
-Verrei volentieri ma devo trovare un vestito adatto- rispose Natalia abbassando lo sguardo
-Per questo non preoccuparti, dopo puoi passare insieme a me in sartoria, disegniamo qualcosa che rispecchi i tuoi gusti e io ti preparo un nuovo vestito- Dorotea era sempre disponibile ad aiutare chiunque fosse in difficoltà e inoltre amava lavorare con i vestiti.
Così dopo aver accompagnato Anita al suo lavoro le due andarono in sartoria.
Dorotea tirò fuori carta e penna e iniziò a disegnare. Era veloce, disegnò un bozzetto di un abitino midi con un grosso fiocco in vita da allacciare sul retro.
Nel giro di dieci minuti aveva completato il disegno, tirò fuori da un grosso cassetto un rotolo di stoffa magenta, del pizzo bianco, un lungo nastro sempre bianco e dei bottoni perla e si mise al lavoro.
-Se vuoi puoi tornare a casa, il vestito sarà pronto domani pomeriggio. Puoi venire qui in sartoria a metà pomeriggio, ci vestiamo insieme e poi andiamo alla locanda- disse Dorotea.
Natalia la ringraziò e uscendo fece la conoscenza della sarta Livia, una donnina svelta e in carne. Dimostrava una trentina di anni e i corti capelli biondi si appoggiavano sulle spalle girando all'insù come a dire "siamo contenti di essere qui".
Arrivata a casa aiutò la nonna a raccogliere le ultime carote dall'orto e riscaldata dalla stufa le pulì e le mise in cantina. Le avrebbero mangiate in inverno.
-Nonna, domani mi hanno invitata ad andare con loro alla locanda-
-Bene, stai iniziando ad ambientarti, ne sono contenta. Vacci, divertiti e conosci gli altri ragazzi della tua età. La locanda poi è di proprietà di Vincenzone, un mio grande amico. Lui di sicuro controllerà che nessuno ti infastidisca-.
Natalia era un po' preoccupata per la festa, ma con le due ragazze si stava trovando bene. Voleva diventare loro amica e poi, per una sera, distrarsi non avrebbe fatto male a nessuno.
"C'è puzza di bruciato, papà starà dando fuoco alle sterpaglie" e invece girato l'angolo ecco di fronte a lei l'inferno. Le fiamme alte e incontrollabili stavano divorando la sua casa, il paese allarmato si era radunato tutt'intorno e tutti stavano dando una mano a spegnere le fiamme, ma il vento, indomabile, le alimentava sempre di più.
L'orrore, le grida di dolore degli animali erano così forti da riecheggiare in tutto il villaggio.
Natalia cadette in ginocchio, osservava la tragicità di quella scena mentre mille pensieri correvano all'impazzata nella sua mente.
Perché il padre non era uscito da quella casa? Perché gli animali non avevano provato a scappare? In fondo il portone vecchio faceva fatica a stare chiuso, sarebbe bastato poco per farlo aprire. Sarebbe stato così facile uscire da lì.
Tante domande, nessuna risposta, le lacrime le inondarono il viso.
Natalia si svegliò di soprassalto, scese in cucina, si preparò una tisana e tornò in stanza. Coccolò un gatto e si addormentò, stravolta dagli avvenimenti delle scorse settimane.