Ricordi Piacevoli

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Gianluca

Delle mani calde tastavano il mio corpo.

Volevo urlare, gridare, perché non facevano altro che procurarmi fitte lancinanti al petto, ma non potevo.

Non riuscivo ad aprire bocca, a far uscire anche uno dei più piccoli lamenti soffocati.

Mi sentivo così male che mi ero totalmente dimenticato cosa significasse stare bene.

Qualcuno stava parlando, ma non riuscivo ad afferrare una parola, neanche un singolo concetto.

Ero troppo confuso, troppo stordito per essere in grado di reagire e cogliere la gravità della situazione.

Percepii però in maniera distinta qualcosa sul viso, un'altra intorno al collo.

Un laccio, forse, era stretto intorno al mio braccio destro, e non so cosa mi pizzicava la pelle proprio nell'incavo del gomito.

Volevo ribellarmi.

Quando smisero di torturarmi, fu un vero sollievo...seppur qualcuno continuasse a tenermi per mano.

Era un tocco leggero, delicato.

Poi un respiro flebile a contatto con il mio volto.

" Io devo andare, ma tu non morire. Chiaro? Non è giusto che ragazzi come te perdano la vita per colpa di un cafone. Hai una vita perfetta, sconosciuto, e non è giusto che tu la perda così "

L'avevo sentita. Avevo sentito lei.

Lei, chi?

Sentivo un gran freddo, ma lottai per non scivolare nell'oblio ancora una volta, anche se ero completamente privo di forze.

Ester

Volevo rimanere con lui, ma non potevo.

E le parole dei paramedici non erano di certo rassicuranti.

Per quel che avevo compreso dai loro discorsi concitati era che quel ragazzo aveva due costole rotte ed una terza incrinata.

Una di queste gli aveva perforato un polmone.

Doveva essere operato d'urgenza. Era grave.

Aveva inoltre un trauma cranico, chissà quanto importante.

Non stava affatto bene.

Pregai che riuscisse a cavarsela, era solo un ragazzo poco più grande di me!

Con il cuore pesante, me ne andai per la mia strada.

Non potevo fare altro per lui , e non volevo che la polizia mi chiedesse qualcosa.

Il mio patrigno mi avrebbe uccisa se avessi fatto parola della mia presenza in quel posto.

*****

Non era mai facile andare a scuola dopo solo tre o al massimo quattro ore di sonno.

Come ogni giorno avrei potuto riposare nel pomeriggio, certo, ma pur sempre dopo aver fatto i compiti!

Crollai sul mio banco sfinita, in terza fila, quella mattina dal cielo terso.

Fortunatamente il signore che mi obbligava a rimanere in casa mia, alle sue condizioni, non mi aveva detto una sola parola riguardo quella famosa notte di due settimane fa.

Grazie a Dio.

Evidentemente Anastasia gli aveva spiegato tutto, magari aggiungendo qualche tocco in più per non far ricadere neanche una mezza colpa su di noi.

Broken Ice...l'amore è bianco o neroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora