Capitolo 49.2: Lo sapevo...

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Salito in auto le chiedo ancora una volta se sia sicura di voler andare a quel magazzino e lei, per tutta risposta, si sporge verso il volante, premendo il tasto di accensione dell'auto accompagnando il suo gesto con un eloquente «CAN, PARTI!»

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Salito in auto le chiedo ancora una volta se sia sicura di voler andare a quel magazzino e lei, per tutta risposta, si sporge verso il volante, premendo il tasto di accensione dell'auto accompagnando il suo gesto con un eloquente «CAN, PARTI!».
Ormai rassegnato, ingrano la marcia e parto verso il deposito indicatoci dal vecchio Hussein e per tutto il tragitto, non faccio alto che convincermi sempre di più che ciò che stiamo facendo non sia una buona idea, poiché la paura che lei possa correre un qualunque tipo di rischio, mi manda fuori di testa. Dovrei proteggerla! Dovrei impedire questa sciocchezza! Ah, Sanem! Sempre la solita testarda!
«Lo so che avresti preferito andarci da solo, ma questa volta non voglio restare a guardare! Sono le mie creme e le difenderò con tutta me stessa, insieme a te. Che ti piaccia o no!» mi dice, con tutta la convinzione impressa in ogni parola.

«Ti capisco, Sanem. Ma avresti potuto difendere le tue creme anche in altri modi, ad esempio affidandoti alle vie legali di Bulut, invece di andare in questo deposito, di cui non sappiamo molto» le rispondo, cercando di farla ragionare ancora, ma lei sbuffando, si volta verso il finestrino e resta così, incantata a guardare il panorama che ci scorre intorno, al di fuori dell'auto.
Dopo poco svolto in un viale isolato, ritrovandomi in un ampio parcheggio e stando ben attento a tenerci nascosti da occhi indiscreti, mi fermo in un punto abbastanza lontano e coperto alla vista. Spengo il motore e inizio a guardarmi intorno, così come fa lei, chiedendomi se davvero sia servito a qualcosa, arrivare fin qui.
«Si, si! è qui guarda!» dice agitata Sanem, indicandomi un punto in lontananza e voltandomi, noto alcuni uomini al lavoro, mentre scaricano la merce da un furgone per portarla all'interno di quello che dovrebbe essere un enorme deposito di profumeria. «Sono le scatole di cui parlava Cemal! Le spostano.. Che diavolo sta facendo quest'uomo?» dice sempre più arrabbiata mentre resto ad osservare quegli uomini caricarsi di scatoloni.
«Sanem, penso che non dovresti farti coinvolgere. Lo risolverà Bulut! Penso che dovremmo tornare alla tenuta!» le dico, ripromettendo a me stesso di tornarci immediatamente da solo, dopo averla messa al sicuro.

«No, passerò in osservata!» dice, e quando avverto il suono della sua cintura di sicurezza sganciarsi dall'apposito aggancio, mi volto verso di lei giusto in tempo per vederla scattare e uscire fuori dall'auto. Disperato e preoccupato, tento di fermarla richiamandola e dicendole di aspettare ma lei, testarda come un mulo, e senza ascoltarmi mi dice di aspettarla qui. Come se non dovessi preoccuparmi di lei, vero Sanem?
La vedo letteralmente scappare via e dirigersi verso quel magazzino, avvicinandosi sempre di più a quegli uomini. Sono sicuro che al mondo, non esista persona più testarda di te!
La osservo mentre si nasconde alla loro vista e con la tensione e la preoccupazione che mi aleggia attorno, sento i miei muscoli tendersi per lo sforzo che neanche mi rendo conto di fare nel contrarli. Sgancio la mia cintura e afferro la maniglia dello sportello, con l'intenzione di scendere e raggiungerla, quando il mio cellulare inizia a squillare ininterrottamente.

Sbuffo pensando che non è il momento adatto per rispondere e mettermi a conversare, ma quando leggo sul display il nome di Volkan, non posso fare a meno di accettare la chiamata.
«L'ascolto, Signor Volkan!» dico all'investigatore, tenendo gli occhi ben puntati su quel che riesco a vedere della figura di Sanem, sempre più vicina all'entrata del deposito.
«Buongiorno, Signor Can..» saluta a sua volta e notando Sanem avvicinarsi di qualche passo ancora verso l'entrata, dico a Volkan di avere poco tempo a disposizione da dedicargli.
«La chiamo per informarla che in questo momento, sto pedinando l'uomo di nome Ygit, e per la mia esperienza, posso dirle che qualcosa si sta muovendo» dice con un filo di voce. «Cosa intende dire?» chiedo agitato, continuando ad allungare il collo verso quell'magazzino. «Si incontra spesso con un uomo e a breve saprò dirle di più» mi dice con quel tono che sembra essere una promessa solenne. «La prego, non lo perda di vista» rispondo ed in quel momento, mi accorgo di esser stato io a perdere di vista una certa persona.
Volkan mi saluta dicendomi che mi chiamerà per ulteriori in formazioni appena gli sarà possibile e una volta riattaccata la telefonata, maledico con tutto me stesso quell'essere viscido di nome Ygit per avermi fatto perdere di vista l'unica cosa importante della mia vita: Sanem.
Senza pensarci due volte scendo dall'auto e mi guardo intorno, pensando ad un modo per poter accedere all'edificio in modo inosservato. Guardo in lungo e in largo, stando ben attento a non farmi vedere da nessuno e finalmente, ecco che i miei occhi vedono una finestra aperta su uno dei lati dello stabile. Senza dare troppo nell'occhio, mi avvicino all'unico accesso che a quanto pare, mi è permesso usare e con poco, sforzo mi arrampico sul davanzale e scavalco l'entrata, ritrovandomi così all'interno di una stanza piena di scatole.

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora