Progetto Arcadia

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"Dottoressa Madison, è arrivato"

"Molto bene, lo faccia entrare"

Dalla porta entrò un uomo che, come le era stato comunicato, indossava un'uniforme simile a quella indossata da lei ed i suoi colleghi. Era tuttavia un modello differente, con uno stile singolare, che non aveva mai visto da nessuna parte. Con un cenno congedò il collega alla porta e fece accomodare l'ospite.

"Lei deve essere il Dottor James Warren"

"Sì, esatto. Lei invece deve essere la Dottoressa Jane Madison, la responsabile del Progetto Arcadia"

"Corretto. Mi hanno raccontato fatti interessanti su di lei. Sostiene di essere venuto... dal futuro, è esatto?"

"Sì, proprio così"

"E che cosa la porta qui?"

"Sono venuto per dare un avvertimento"

"Che tipo di avvertimento?"

"Verrò subito al dunque: le sorti della Terra sono a rischio. Quello che pensate sia un progetto per salvarla in realtà la condannerà definitivamente. Sono qui proprio per evitarlo"

La Dottoressa Madison trovava tutto ciò assurdo: sapeva che da anni si lavorava in segreto su un dispositivo in grado di superare i vincoli temporali, ma tutti gli sforzi avevano sempre portato a vicoli ciechi. Per quanto ne poteva sapere era probabile che non sarebbe mai stato realmente possibile raggiungere un traguardo simile, anche considerando il livello a cui si era giunti con il progresso scientifico. Possibile che James Warren venisse davvero dal futuro?

Non poteva però ignorare ciò che sapeva, nonché il motivo per cui ora si trovava lì: il Progetto Arcadia. Era conosciuto solo da poche persone nel dettaglio, eppure lui era in possesso di informazioni che non erano di dominio pubblico. Anche tenendo in considerazione la remota possibilità di una fuga di informazioni era impossibile che conoscesse nozioni di carattere tecnico così precise. Continuava a non fidarsi completamente, ma a questo punto non restava che provare a verificare in prima persona quanto tutto ciò fosse plausibile.

"Capisco. Ebbene Dottor Warren, sarò franca con lei: non nascondo di stentare a credere all'esistenza di una macchina del tempo, ma suppongo, anche considerando il lavoro che svolgo, di dover rimanere aperta a tutte le possibilità. In ogni caso, spero che non le dispiaccia se le faccio qualche domanda"

"Certamente, nessun problema. Comprendo che tutto ciò possa essere difficile da credere, cercherò di fare il possibile per toglierle ogni dubbio"

"Grazie. Molto bene, partiamo dall'inizio: chi è lei e cosa dovrebbe accadere in futuro?"

"Come probabilmente le hanno già detto sono il viceresponsabile del Progetto Arcadia. O per meglio dire: lo sarò, tra qualche decennio. Come sa anche lei lo scopo del progetto è quello di porre rimedio ad anni di danni climatici causati dall'uomo, che hanno portato il pianeta al disastroso stato in cui si trova oggi e condannato la società a doversi adeguare ad una vita senza la natura per come la conoscevamo.

Tra qualche mese però, dopo anni di preparazione, il progetto entrerà a tutti gli effetti all'opera: l'idea è quella di riuscire a riportare il pianeta in uno stato simile, se non uguale, a prima della comparsa dell'uomo in soli venti anni, massimo trenta, è giusto? Un risultato davvero ammirevole, che fa capire quali risultati possa ottenere l'umanità quando collabora per un bene comune.

Temo tuttavia che non tutto andrà secondo i piani: all'inizio sembrerà che il progetto stia procedendo come da programma, ma nel giro di pochi decenni inizieranno a sorgere i primi problemi che porteranno infine alla morte del pianeta. E questo è il motivo per cui oggi mi trovo qui, per aiutarvi a correggere l'errore nel progetto che causerà tutto questo"

Stando a quanto affermava il problema stava dunque in un errore nello sviluppo. Essendo la responsabile dell'intero progetto la Dottoressa Madison non riusciva a non sentirsi colpita nell'orgoglio: aveva dedicato tutta la vita allo studio delle biotecnologie e con grandi rinunce era riuscita ad ottenere il ruolo che ora ricopriva per aiutare l'umanità a tornare alla normalità, eppure ora le toccava scoprire che tutto questo potrebbe non portare a nulla.

Milioni di vite dipendevano da lei, aveva un'enorme responsabilità sulle spalle, e sapere che avrebbe potuto deluderle era una grande sconfitta da mandare giù, nonostante al momento l'eventualità non fosse ancora accaduta, e sempre ammesso che Warren dicesse il vero.

"Capisco... E quale sarebbe di preciso questo errore di cui parla?"

"L'errore sta nella formula che state sviluppando. Di per sé, a livello tecnico, non si tratta di un vero e proprio errore, è solo l'idea alla base ad essere scorretta"

"Che intende di preciso?"

"Posso mostrarle ciò che ho in mente, mi porti al laboratorio"

La Dottoressa Madison non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso ironico. Tutto ciò che Warren diceva sembrava in qualche modo plausibile, tuttavia non poteva di certo permettergli l'accesso al laboratorio solo sulla base di queste informazioni. Le servivano certezze più concrete di semplici discorsi su futuri ipotetici, anche se sarebbe stato difficile ottenerne visto la situazione.

"Vede, Dottor Warren..."

"Mi avevano detto che era una persona molto diffidente, non posso fare a meno che confermarlo. Forse questo le può essere di aiuto"

Dalla tasca estrasse una spilla e la porse alla Dottoressa Madison, che di colpo cambiò espressione: raffigurava un fiore stilizzato di colore rosa, un oggetto semplice ma di ottima fattura. Ma non era l'oggetto in sé a colpirla, quanto il fatto che lo riconosceva: proprio in quel momento ne aveva uno identico sulla propria uniforme.

Apparteneva al responsabile venuto prima di lei, il Dottor Harry Lee, con cui aveva collaborato negli anni in cui lei era viceresponsabile. A causa di una malattia il Dottor Lee era venuto a mancare da pochi anni, ma prima che ciò accadesse e lei subentrasse come responsabile le aveva regalato quella spilla: era così nata una sorta di tradizione, un oggetto che rappresentava lo scopo per cui era nato il progetto, e che un giorno lei stessa avrebbe dato a chiunque sarebbe venuto dopo di lei. 

Era più consumato di quello che aveva ora, ma riusciva a vedere chiaramente che si trattava dello stesso oggetto, non poteva essere una copia.

"Dall'espressione che ha fatto devo supporre che la riconosce"

"Come la ha avuta?"

"Appartiene al mio responsabile, ma immagino che lei lo sappia, non per nulla è la stessa che ha lei in questo momento. Sapeva quanto fosse diffidente, per questa ragione l'ho portata con me, a prova del fatto che tutto ciò che ho detto è la verità. Capisco quanto possa sembrare incredibile, ma la prego di credermi, Dottoressa Madison, sono qui per aiutare"

Trovava sincere le parole del Dottor Warren, sembrava davvero intenzionato a dare una mano a correggere il progetto e ad evitare ciò che avrebbe causato l'errore di cui parlava. E non poteva neppure negare ciò che aveva detto: era sempre stata diffidente, sin da quando era piccola, una caratteristica che in passato l'aveva portata a commettere degli errori. 

Voleva una prova concreta e Warren gliela aveva data, a questo punto non poteva fare a meno che concedergli almeno una possibilità. Non voleva commettere un altro errore, non questa volta, se non altro considerando ciò che c'era in gioco.

"Molto bene, Dottor Warren. Mi segua"

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