4. Beers

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Quella sera tornai a casa snervato. Percorsi velocemente il corridoio ed entrai difilato in camera mia, sull’orlo di una crisi di rabbia.
Avevo passato gli ultimi mesi a prepararmi per uno stupido colloquio, ormai sfumato come l’ombretto di colei che non mi aveva reputato “abbastanza” per essere uno stagista della Hearst’s Company.

Vaffanculo

Quel giorno ero andato in biblioteca per il mio turno, e tra un libro e l’altro avevo iniziato a pensare a come la mia vita potesse prendere una piega diversa da quella che desideravo.

Quella ragazza non può avere ventuno anni. Avrà dei problemi con la sua generazione.
E con te. Mi suggerì la mia voce interiore.

Ero sempre stato un alunno diligente, la mia intelligenza era incoraggiata da un’incrollabile volontà e da un profondo desiderio di avere una brillante carriera dopo aver concluso gli studi.
Eppure, dopo aver incontrato Kylie ero più scoraggiato che mai.

Non riuscivo a chiudere occhio. Ero steso supino e fissavo il soffitto illuminarsi quando le macchine passavano nel vialetto mandando fasci di luce che si proiettavano tra le tende della mia stanza. Ripensavo a quando Miss Hearst, un paio di giorni prima, mi aveva liquidato dopo la lezione di recitazione senza darmi una risposta concreta.

Controllai il mio cellulare: erano le 22:30 di un monotono giovedì sera ed io ero nel letto ad osservare il nulla.

Poiché il sonno non voleva affatto venirmi incontro, decisi di uscire dalla mia stanza per fumare una sigaretta. Asterix, che fino a qualche momento prima era accovacciato al mio fianco mentre gli accarezzavo il pelo, alzò la testa per guardarmi ma subito dopo ritornò alla sua posizione iniziale.  
In casa non c’era nessuno, quindi intuii che Evan e Soph stessero a casa del signor Mains. Presi le chiavi della moto, ma poi pensai che fosse meglio camminare un po’ a piedi.
Stavo per aprire la porta, quando sentii delle chiavi muoversi nella serratura. Soph fece il suo ingresso in casa bloccandomi il passaggio.

«Stai uscendo?» Mi domandò curiosa.  

«Sì, dov’è Evan?» Le chiesi quando mi resi conto di non aver sentito il suo vocione trasmettersi tra le mura di casa.

«È ancora da Papà, tornerà tardi.»

«E perché tu sei già qui?»

«Ho pensato che magari il mio fratellino tatuato avesse bisogno di sostegno morale e di passare una serata come ai vecchi tempi, ma se ti reco tanto disturbo posso chiudermi in stanza e non darti fastidio per tutto il tempo che vorrai.» Mi scappò un leggero sorriso. Soph andava sempre contro la timidezza, il suo marchio di fabbrica era la spontaneità ed il sembrare così innocente.
Era estroversa quanto il fratello, adorava essere amica di tutti, di fatto non perdeva tempo a fare a nuove amicizie. Sia ad Evan che a Soph bastava una stretta di mano ed un sorriso per ampliare le loro amicizie; mentre nel mio caso bisognava trascinarmi le parole da bocca per dare il via ad una conversazione con un estraneo.

«Non ho voglia di alcun videogioco. Ne ho abbastanza.»

«In realtà, non sono tornata per proporti una noiosa partita ai videogiochi. Volevo solo sapere come ti senti e bere una tazza di tè, ma alla fine ho pensato che avresti preferito una birra fredda.» Mi disse mentre salutava Asterix accarezzandolo. La seguii in cucina dove prese due birre dal frigo. Le punte fucsia risaltavano nella crocchia in cui aveva appena raccolto i capelli.

«Sono deluso» Sospirai quando mi passò la bottiglia che aveva appena stappato.

«Lo so che solitamente, in un modo o nell’altro, riesci ad ottenere ciò che desideri quando ti incaponisci, ma c’è sempre una prima volta.»

«Non sei d’aiuto.» Borbottai per poi prendere un sorso.

«Hai ragione, scusa. Ma almeno sai cosa non è andato bene?»

37 || A Zayn Malik fanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora