La sveglia del telefono rimbombò nella mia camera, fui costretta ad alzarmi. Guardai l'ora,erano le sei e mezza, aprii la finestra era ancora buio, amavo quella sensazione, il mondo era immerso nel silenzio intoccabile delle ombre notturne, mi sono sempre identificata come uno spirito della notte, un angelo posseduto da nuvole scure. Respirai quell'atmosfera, era freddo, amavo anche quello , l'estate mi disturbava e il troppo caldo mi faceva soffrire, la pioggia invece mi faceva star bene e il suo suono mi riportava ad una quiete rumorosa e perfetta. Mi sciacquai il viso sotto l'acqua gelida, mi guardai allo specchio cercando di sistemare i miei disgustosi capelli, fin da quando ero piccola avevo sempre detestato i miei capelli per l'unico motivo che erano rossi, alle medie i miei compagni pensavano che fossi strana solo per il loro colore e la vicenda delle streghe in antichità non migliorò certo la situazione. Presi i vestiti, mi misi un pantalone nero, un top arancione chiaro e una grossa camicia marrone. Il marrone era l'unico colore che
a donare al mio aspetto un qualcosa di bello. Non mi piaceva nemmeno la mia pelle, era bianca latte costantemente, sul viso ero ricoperta da lentiggini rosse e i miei occhi erano verdi, quelli erano l'unica cosa che apprezzavo del mio corpo. Mentre mi cambiavo vidi che stava salendo il sole, feci una smorfia annoiata e scesi al piano di sotto. Non si poteva dire che la mia famiglia fosse povera anzi probabilmente era una delle più nobili della città, tutto ciò perché il mio bisnonno Daniel Bogel, fu il primo in città a fornire una cura per i denti alle persone, in poche parole fu il primo dentista della zona, io non ci vedo niente di incredibile in questa storia di paese ma i miei genitori mi ripetono sempre di imparare dal vecchio bisnonnino milionario. Come ogni mattina trovai già seduta al tavolo, mia madre, lei era sempre perfetta e non assomigliava assolutamente alla sottoscritta, aveva degli splendidi occhi celesti e dei capelli biondo platino.
-Buongiorno Dolcezza, Amanda può portare la colazione?-
Mi abbassai e le diedi un bacio veloce sulla guancia, subito dopo arrivò la cameriera che portò un vassoio di pietanze deliziose, non mi piaceva l'idea di avere una cameriera, lo trovavo socialmente ingiusto e mi facevano molta pena quelle povere donne, avevo provato molte volte a dirlo ai miei genitori ma avevano risposto sempre allo stesso modo -Ci servono lo sai- . Si sedette al tavolo anche mio fratello Vincent, con la solita aria menefreghista e stanca appoggiò la testa sopra il tavolo, aveva un anno meno di me e logicamente aveva preso tutti i geni di mia madre, era molto richiesto in città e ad ogni festa portava una nuova ragazza. Inforcò il bacon e cominciò a masticare rumorosamente, odiavo quando lo faceva
-Puoi masticare più piano?- Lui mi guardò -Senti sono le sette di mattina di lunedì, quindi mangio come mi pare e vedi di non scassarmi i..- Fu interrotto da mia madre che lo rimproverò
-Vincent, non usare quel linguaggio con tua sorella- Lui sbuffò e continuò a mangiare. Scese anche mio padre, diede un bacio a me e alla mamma diede una pacca affettuosa a mio fratello e disse
-Io devo scappare a lavoro, mi ha chiamato Rosie e mi ha comunicato che ci sono già quattro pazienti con i molari rotti - Come generazione comanda anche mio padre era un dentista, era spesso occupato e raramente passavamo delle giornate insieme, lo vedevo la mattina, la sera a cena e poi basta. Appena fu uscito dalla porta mamma esclamò
-Ofi, ti accompagna Roger a scuola?- La guardai storta e dissi
-Quante volte devo ripeterti mamma che è socialmente sbagliato andare a scuola con l'autista?- Lei mi guardò indignata e mio fratello esclamò
-Tu e i tuoi i principi di uguaglianza, sei rottura Ofelia, ma dato che non vai con Roger, ci vado io- Mia madre sembrò felice e gli diede una occhiata soddisfatta. Uscii dalla porta e presi lo skate. Ai miei genitori non stava bene che prendessi lo skate invece del monopattino elettrico, dicevano che non sfruttavo al meglio le ricchezze che possedevo, che stronzata . Quel giorno a scuola entravo alle nove così mi fermai nel mio posto preferito, la libreria. Era una piccola baracca infestata da begonie rosse. Amavo i libri erano il mio rifugio segreto, era il posto dove più di tutti mi sentivo in pace con me stessa, i libri erano stati i miei primi amici e forse gli unici veri che ho mai avuto. Il proprietario della libreria,il signor Adams, lo conobbi quando avevo cinque anni, era un amico di mia nonna,anche lei grande amante della lettura, fu lei a portarmi in quel luogo magico per la prima volta e a farmi conoscere quell'uomo straordinario. La libreria all'esterno sembrava minuscola e forse lo era ma per i contenuti all'interno era più grande di Saturno. Era disordinata e i libri erano accatastati ovunque. Aprii la porta e il suono del campanaccio pieno di ruggine mi entrò nelle orecchie, la libreria era avvolta da un atmosfera piacevole e risuonava nell'aria una musica jazz degli anni venti, poggiai lo zaino e la giacca, entrai nei corridoi pieni di libri e una voce risuonò tra gli scaffali
-La ragazza dai capelli rossi è entrata?- Sorrisi, diceva sempre così per assicurarsi che fossi io. Svoltai l'angolo e trovai il vecchio signore arrampicato su una scala di legno concentrato a cercare qualche libro.
-Buon giorno signor Adams- Lui mi sorrise -Buongiorno anche a te gioia- Era sempre gentile con me, lo consideravo un secondo padre anzi forse più importante del primo. -Cosa sta cercando lassù? Non è pericoloso stare cosi in alto con quella vecchia scala?- lui sorrise
-C'è sempre pericolo per coloro che hanno paura, signorina, questo era George Bernard Shaw-Citava sempre frasi presi da libri o film era fatto così.
-E mi sono arrampicato su questa scala vecchia per cercare un libro dello stesso Shaw, mi rincresce ma la mia vista mi sta leggermente abbandonando, potrebbe salire lei a cercarlo?- Adoravo quando mi chiedeva di aiutarlo nella ricerca di qualche libro perduto, e mi piaceva anche che lui mi desse del lei mi faceva sentire speciale per qualcuno.
-Certo, potrebbe dirmi il nome del libro?- Lui annuì ed esclamò
-La professione della signora Warren- Montai sulla scala, avevo ragione era cigolante e vecchia, controllai i primi scaffali, poi i secondi, i terzi e finii fino ai quarti, lassù era davvero alto, riuscivo a vedere tutto quel panorama letterario che si estendeva davanti e sotto di me. Dopo un po' che ero lassù mi resi conto di quanto fossi stata stupida
- Signor Adams- Urlai - Qua non c'è niente per il semplice fatto che è la colonna dei libri con la R- tornai giù dove l'uomo mi aspettava ridendo
- Che persona sbadata che sono!- Spostammo la scala verso il corridoio della S e controllai ogni autore e poi finalmente Shaw e di conseguenza il tanto richiesto libro.
-Ecco a lei signor Adams- lui mi guardò e mi spinse il libro tra le mani, lo guardai confusa -Questo libro non l'ho preso per me bensì per lei mia cara, non credo abbia mai letto qualcosa di Shaw ma ho pensato da lettrice accanita quale è, le professioni della signora Warren fosse interessante- Io lo guardai ancora confusa
-Ma quando sono entrata lo stava già cercando-
-Certo signorina, stavo già pensando a lei e a questo libro da quando ho aperto gli occhi questa mattina- Gli sorrisi e poi esclamai
-Lo leggerò volentieri!- Lui ricambiò, mi accorsi che erano già le otto e quaranta cinque dovevo correre a scuola.
-Signor Adams mi rincresce ma l'istruzione mi attende- Dissi con tono saccente
-Vada ad imparare mia cara Ofelia, ma se ha voglia quando è uscita può passare ancora qui, le vorrei mostrare una cosa- lo guardai felice - Ci conti!- e scappai da quel rifugio sereno. Arrivai a scuola, non mi piaceva quel posto, le persone della mia età erano fastidiose ed egocentriche, mia madre mi aveva ripetuto più volte di provare a fare amicizia con le ragazze del mio quartiere ma le trovavo superficiali ed egoiste. Mi ritrovavo così a stare sola, il mio banco era accanto alla finestra, me lo ero scelto accuratamente per riuscire a vedere fuori. La mia classe era composta da 20 persone, dieci ragazzi e dieci ragazze, non ero come le ragazze nei film che vengono isolate dagli altri perché sono povere e straccione, anzi le ragazze provavano ad interagire con me anche perché sapevano bene da che famiglia provenivo, ma io non riuscivo a stare con loro e così mi isolavo nei miei pensieri. I ragazzi pensavano solo al calcio e alle donne e io non venivo minimamente considerata da loro, forse a causa del mio aspetto fisico troppo Scozzese per la normalità. Quella mattina avevo matematica, scienze, storia e educazione artistica. A scuola ho sempre preso ottimi voti e spesso mi ritrovavo a dover fare ripetizioni alle persone in difficoltà . Finita la giornata scolastica ripresi lo skate in mano e andai verso la libreria. Erano le dodici, quando aprii la porticina dell'edificio. Questa volta però non era la musica jazz a scorrere tra i corridoi bensì quella di un pianoforte. Mi chiesi se il signor Adams sapeva suonare quello strumento ma non mi venne nessun ricordo nel quale lui mi diceva di questa passione. Fui influenzata dalla melodia e dopo aver appoggiato piano le mie cose seguii le note del pianoforte. Camminai per il corridoi e poi finalmente la musica si fece più vicina e una piccola porta semi aperta catturò la mia attenzione, non l'avevo mai notata prima, il suono proveniva da quella stanza, mi affacciai sulla porta e notai che seduto sullo sgabello non c'era il Signor Adams bensì una figura maschile e giovane, aveva anche lui i capelli rossi un pochino più chiari dei miei, aveva delle mani arricchite con anelli e notai le vene possenti che gli scorrevano su entrambe le braccia, restai ad ascoltarlo per qualche minuto e improvvisamente qualcuno mi toccò una spalla in modo dolce , mi girai spaventata, era il signor Adams che con un sorrisetto mi guardò e disse silenzioso
-Vedo che ha già scoperto cosa volevo mostrarle- Si riferiva al pianoforte? O al ragazzo? Oppure alla stanza segreta? La figura seduta al piano cessò di muovere le mani e tutto per un momento si fece silenzioso, poi il signor Adams si avvicinò a lui ed esclamò -Strabiliante davvero Strabiliante! Lei ha un talento ragazzo!- lui lo guardò e sorrise lievemente. Poi il vecchietto proseguí
-Voglio presentarle una personcina tanto carina quanto intelligente- Mi fece cenno di entrare, ero imbarazzata, che cosa stava succedendo io non provavo mai imbarazzo... Entrai contro voglia nella stanza è vidi che i suoi occhi si posarono immediatamente su di me, aveva degli splendidi occhi verdi smeraldo, i capelli rossi li cadevano perfettamente sul viso donandoli un che di enigmatico, il naso era leggermente a punta il che gli conferiva un'aria da bambino.
-Ofelia lui è Evan, Evan lei è Ofelia. Evan viene da Londra, è venuto qui in Scozia per apprendere un po' di nuove esperienze- Sorrisi leggermente, ero una persona fredda e non mi piaceva mentire sulla mia personalità. Lui restò a guardarmi come imbambolato.
-La cosa buffa è che siete davvero molto simili!
Sembrate fratelli!- Esclamò divertito
-Già potremmo- Rispose lui, la sua voce era leggermente graffiata e enigmatica.
-Ofelia cara non le ho chiesto di venire solamente per conoscere Evan,ma volevo mostrarle questa nuova stanza, stavo pensando di arricchirla con nuovi libri e ovviamente questo splendido piano forte, che ne dice ?- L'idea mi piaceva molto
-Trovo che sia una bella idea signor Adams- lui sorrise soddisfatto
-Molto bene, ah dimenticavo la signora Miller vuole vedermi a casa sua tra qualche minuto, stavo pensando, dato che il nostro giovane è nuovo che potreste mangiare qualcosa insieme per conoscervi...Vi ho lasciato due panini al salame sotto il tavolino- Non sapevo cosa rispondere e ci pensò il nuovo ragazzo
- Per me va bene- Io annuì tranquilla. Il signor Adams sorrise ad entrambi, prese le sue cose ed uscì dalla porta. Eravamo rimasti così solo io e lui.
-Ti piacciono i panini?-Gli chiesi ingenuamente
-Direi di sì - rispose pacato. Tirai fuori il cibo e presi due gazzose dal frigo gliene lanciai una e stappai la mia.
-Vieni da Londra quindi?-
-Nato e cresciuto lì-
-Perché allora venire a stare nella fredda e buia Scozia?-
-Cambiare fa bene, e dopo un po' Londra diventa pesante come ambiente, qua invece è tranquillo-
-Contento te- Risposi amara
-Come fai a conoscere il signor Adams?- Mi chiese con aria curiosa
-Mia nonna era una sua grande amica, e così me lo ha fatto conoscere, è come un secondo padre per me-
-Bello-
-Come mai Ofelia?- Non capivo perché tutto quell'interesse nei miei confronti
-Temo di non aver capito-
-Come mai ti chiami Ofelia? È un nome originale non lo avevo mai sentito prima-
-Oh bhe mia nonna era ossessionata da un quadro intitolato proprio Ophelia e quindi mi hanno dato questo nome-
-Conosco quel quadro, è di Millais ?-
-Si esatto-
- E' un bel nome-
-A me non fa impazzire ma il significato è molto bello quindi me lo faccio piacere-
-Mi sembra onesto-
-Ho visto che suoni il pianoforte molto bene-
-Oh si Bhe è più un divertimento-
-Da quanto tempo lo suoni?-
-Da quando avevo cinque anni-
-Però, alla faccia del divertimento, e adesso quanti anni hai?-
-Diciannove da tre mesi compiuti,tu?-
-Sedici-
-Vivi qui vicino?-
-Si, pochi quartieri più su c'è casa mia, vengo sempre in skate quindi ci metto poco tempo-
-Vai in skate?-
-Ormai da qualche anno-
-Figo, no io non so andare in skate-
-Puoi sempre imparare, non è difficile-
-Magari diventerò un prodigio-
Sorridemmo entrambi, mi stava simpatico quel ragazzo.
-Sono simpatiche le persone qui?-
-Io le trovò estremamente noiose-
-Ah diretta-
-Oh si non ho peli sulla lingua-
-Fai bene,ma perché sono noiose?-
-Io non sono molto socievole ma i ragazzi che abitano qui sono superficiali e al quanto antipatici-
-Tu non mi sembri antipatica però-
Lo guardai qualche secondo e poi bevvi un sorso di gazzosa.
-Non mi hai ancora conosciuto Mozart- mi alzai e iniziai a camminare tra gli scaffali
-Vuoi stare lì impalato a osservare l'etichetta della bevanda o vuoi imparare qualcosa sui libri?-
-Credo la seconda opzione- e così si alzò anche lui-Te ne intendi di libri heh?-Mi fece ad un certo punto
-Direi che è una domanda abbastanza scontata-
-Vero, hai letto tutti i libri che ci sono qui?-
-Sia chiaro mi piace che hai tutta questa stima in me ma ho anche una vita oltre ai libri -
-Chi ha detto che ho stima in te? Ci consociamo da nemmeno tre ore-
-E già ti stai facendo istruire da una più piccola su come si maneggia e si cerca un libro in una libreria-
-Okay, sai come rispondere a tono-
-Pensavi seriamente che non sapessi farlo?-
-Bhe prob...-
-Pensavi male Mozart-
-Ammiro Mozart ma potresti smetterla di chiamarmi così?-
-Lode al grande maestro, no non credo di smetterla-
Mi avvicinai a lui con due libri in mano e ci ritroviamo faccia a faccia
-Anzi impara subito una cosa, smetterò di chiamarti con dei soprannomi quando sarò costretta a sopportarti tutti i giorni e non mi lamenterò. Tutto chiaro rosso?-
-Chiarissimo capo-
Sorrisi e gli scaraventai i libri sopra il petto allontanandomi sorridendo soddisfatta.
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La stagione dell'inchiostro
RomansaScozia, una piccola cittadina solitaria in mezzo alle campagne, una ragazza appassionata di libri e piuttosto particolare vive una vita monotona e privilegiata, tutto le sembra noioso ma l'arrivo di un ragazzo tanto simile quanto diverso le stravolg...