Capitolo 50.1: La voce del mio cuore

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Il viaggio in auto è silenzioso

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Il viaggio in auto è silenzioso.
Da quando Can ha ricevuto quella telefonata, il suo umore è cambiato, in un attimo si è incupito e io non riesco a capirne il motivo.
La mia preoccupazione, non fa altro che aumentare man mano che l'uomo, seduto accanto a me, macina i chilometri portandomi con sé chissà dove. Penso a cosa sia successo di così grave da guastare il suo umore, a cosa sia potuto accadere per renderlo così pensieroso e distante.
Vorrei poter entrare nella sua testa per scoprire i suoi pensieri.
Vorrei poter dire qualcosa per alleviare quella sofferenza, quella rabbia che riesco a vedere sul suo volto che amo tanto, e invece tutto ciò che riesco a fare è limitarmi a guardarlo, consapevole che non scoprirò in anticipo la nostra destinazione.
Can si volta verso di me e incontrando i miei occhi, lascia spuntare un flebile sorriso sul suo volto, un sorriso che, noto con dolore, non contagia i suoi occhi, avvolti in quell'alone di rabbia e tristezza.
Conosco Can, forse meglio di chiunque altro e so che questo è un sorriso di circostanza, amaro, che nasconde qualcosa. Cosa ti passa per la testa amore mio? Perché non mi parli?
Gli sorrido anch'io, con la speranza che riesca a percepire la mia vicinanza, nonostante sia all'oscuro di cosa sia accaduto, e sperando con tutta me stessa, che qualunque cosa sia, non fugga via ancora una volta lontano da me.
«Non posso ancora dirti nulla Sanem» mi dice, «Anzi, potrei in realtà, ma preferirei mostrarti tutto» aggiunge spezzando il silenzio, come se volesse spiegarmi qualcosa, come se volesse scusarsi per essere così distante e perso chissà in quali pensieri. Come se, nonostante tutto, volesse rassicurarmi, quando quello da rassicurare è proprio lui.
Annuisco alle sue parole, continuando a non capire nulla e a pormi mille domande, ma per questa volta, devo tenere a bada ogni mia curiosità, perché sento che se ha deciso di non rivelarmi nulla, deve esserci un buon motivo, oltre che serio.
«Non ho capito di cosa stai parlando, ma ho deciso che non farò domande, per ora» gli rispondo, e lui quasi sorpreso dalle mie parole sorride e questa volta, in questo sorriso, riconosco un po' del mio vero Can.
«È incredibile.. Sanem Aydin che non fa domande? Devi essere davvero cambiata molto, durante questo anno!» mi dice, con quel tono divertito anche se pregno di quella preoccupazione che sembra non voler scomparire dal suo volto.
Sorrido tra me e me al pensiero di quante volte mi sia comportata da curiosona insistente con lui, che nonostante facesse di tutto per organizzarmi le più belle sorprese mai ricevute nella mia vita, doveva sopportare me e le mie domande insistenti, fino a che i miei occhi non vedevano ciò che l'uomo stupendo qui di fianco a me, aveva preparato.
Dopo poco, ecco che Can parcheggia nei pressi di un grosso locale e senza dire una sola parola, scende dalla macchina in fretta e mi chiede di seguirlo.

Senza pensarci oltre, esco dall'auto e lo seguo, mentre si dirige verso un uomo anziano che sembra attenderlo. Mi chiedo chi sia e cosa sia soprattutto per lui, e mentre li raggiungo ecco che li osservo stringersi la mano.
Non so chi sia, non so che rapporti abbiano, ma quando cede a Can, una busta di carta, contenente qualcosa a me ignoto e capendo che possa trattarsi di qualcosa di estremamente importante, mi tengo a distanza per dare a due un po' di privacy. Se vorrà, sarà lui a coinvolgermi..
Mi guardo intorno sforzandomi di non ascoltare nulla di ciò che i due si dicono e in quel momento, quando i miei occhi finiscono sulla vetrina del locale accanto a noi, vedo qualcosa che mi lascia senza parole. Ygit.. che ci fa con Cemal? Cosa.. Cosa succede?
Sento in me un senso di inquietudine iniziare a pervadere il mio corpo e quasi senza riflettere, senza pensare a nulla, entro nel locale, dirigendomi al loro tavolo con l'intenzione di chiedere a quei due cosa ci facciano insieme.
Dopo neanche un passo, ecco che sento la presenza di Can alle mie spalle e questo, acquieta la mia anima in subbuglio.
Mentre sono a pochi passi da quei due, vedo Yigit alzarsi in piedi e inveire contro Cemal, dicendo all'uomo di vergognarsi per ciò che ha fatto e che quelle creme, che ha tentato di rubare, appartengono ad una sua amica: io.
«Ygit, cosa succede?! Cosa ci fai con quest'uomo?» gli chiedo confusa, lasciando che il mio sguardo rimbalzi dal viso di chi ha detto più volte di essermi amico, all'uomo che ha tentato di portare via la mia anima, le mie creme e tutto ciò che sono.
«Sanem?! Sono venuto a parlargli!» risponde Ygit, sorpreso di vedermi lì, ed io non so cosa credere.
«Quest'uomo ha rubato le mie creme. Ne ha prodotte e vendute a centinaia con il suo marchio!» gli dico arrabbiata, spiegandogli chi sia quest'uomo che con occhi spalancati si alza dalla sua sedia e ci guarda. «Si, lo so! Sono venuto qui per impedirglielo!» risponde Ygit, giustificando il loro incontro.
Cemal, adirato come non mai e altrettanto vigliacco, annuncia di andarsene e che ci vedremo in tribunale. SI, IN TRIBUNALE! DOVE MI AUGURO AVRAI LA TUA GIUSTA PUNIZIONE!
«Ma quale tribunale?!» gli fa eco Ygit, mentre Cemal abbandona definitivamente i locale, lasciandoci soli.

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora