Era un giorno di sole non diverso dagli altri, apparentemente, uguale alla routine. Una farfalla si poggiava appena, timidamente, su un fiore aranciato con le ali spiegate dai colori sgargianti; il sole lasciava intravedere la delicata rete di venature sulle sue piccole grandi ali. Quel fiorellino era nel bel mezzo di un vasto prato verde e puntinato qua e là da una miriade di colori di fiori diversi. Si poteva sentire il loro dolce profumo, ma non solo, dell'erba appena tagliata, ma non solo, di fresco e pulito che solleticava le narici, ma non solo; il piccolo grande prato era ai margini lontani di un bel paesello di montagna ben lontano dai complicati agglomerati di case e palazzi grigi. Non si poteva sentire solo questo, no, in piccola parte, nascosto, c'era un odore acre, sconosciuto lì per lì, che stonava con il delicato cinguettio degli uccelli e il vociare leggero e lontano del paesello.
C'era una macchia rossa in quel prato. Più grande delle altre, compatta, non trasmetteva gioia e non era bella, non erano di certo neanche fiori.
C'era una ragazza distesa dalla quale questa macchia si espandeva, lenta, mortale e macchiava i piccoli steli d'erba vicino al suo piccolo corpo. Solo gli steli più alti che la sovrastavano e nascondevano gelosamente si salvavano, mantenendo il loro bel colore verde brillante. La sua pelle bianca e leggiadra faceva forte contrasto con i suoi capelli bruni e arruffati e con il rosso che la circondava quasi soffocandola.
Nei suoi occhi c'era il cielo, nuvoloso e tuonante, che prendeva il posto del sole pian piano. Si faceva sempre più oscuro e minaccioso, come se fosse pronto a urlare e tuoni e fulmini fossero l'unico modo per sprigionare il suo crescente dolore. La pioggia cominciò a scendere, prima delicata, poi sempre più forte e fitta, pesante quasi, desiderosa di lavare via il rosso scuro sul ventre della ragazza, che stonava con il vestito bianco, quasi trasparente. Era scalza, con i piedi feriti e sporchi di terra già nascosti dall'erba, bramosa di richiamare a sé la povera creatura.
Le labbra, anch'esse erano bianche e screpolate, ma con la pioggia cominciavano a tornare umide e morbide come una volta, ma l'avida pioggia non restituì loro il colore acceso di prima.