I'M HATING MYSELF CAUSE U DO NOT WANTO TO.

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CAPITOLO 30.
Valerio's pov.

Ho accompagnato Niccolò a casa da me e gli ho mentito. Ho fatto in modo che non facesse troppe domande e l'ho lasciato alle prese con i preparativi per la cena di questa sera. Vago per le strade di Trastevere con il buio che abbraccia ogni angolo della zona e vado in cerca di Costa. Ero passato a casa sua qualche volta insieme a mia madre e se non fossi così dimentico, adesso mi starei ricordando l'indirizzo. Ed invece no, Valerio. Sei sempre il solito smemorato e te lo meriti di vagabondare da un vicolo all'altro. Fa freddo stasera e la sensazione aumenta solo al pensiero di dover affrontare il professore in un dibattito che non sottraggo alla violenza. Se ne avessi parlato a Niccolò, non mi avrebbe mai concesso di andare in cerca di lui e perciò ho agito solo in funzione di ciò che ritengo sia opportuno. E non mi importa se sarebbe più saggio muoversi senza rendergli noto che adesso io so tutto quel che ha fatto. La pelle mi si increspa sotto alla maglia e quando finalmente c'ho un lampo di genio e mi ricordo dove abita, faccio in fretta. Osservo per molto tempo il campanello prima di suonare e quando, dopo un respiro per farmi coraggio, suono lui risponde. « Filippo, sono Valerio. Vieni giù un secondo, devo parlarti. » Non se lo fa ripetere due volte e quando fa capolino dal portone, mi avvicino e cerco di mantenere la calma. Vorrei che tutto gli sembrasse come sempre ed allora gli sorrido. Ma non ha l'aria di chi è colpevole quanto piuttosto ricambia spensierato. « Dimmi tutto, Valerio. »
« Sono passato per sapere come stessi. Ero in zona e siccome è da un po' che non se vedemo, ho pensato di fare un salto da te. » Gli dico e lui annuisce. « Eh già. Credo che tu non mi abbia visto neanche a scuola in questi giorni perché c'ho il raffreddore. »
« Mi dispiace. Sei sicuro che sia tutto a posto? »
« Sì, a parte un po' di dolore alle ossa sembra essere tutto nella norma. Te stai bene? Te serve qualcosa? »
« No, no. Figurati. » Mi schiarisco la gola « Riprenditi allora. Scusa se t'ho disturbato. »
« Vuoi salire da me? » Domanda ed io declino l'invito farfugliando che ho gli allenamenti. A conti fatti immagino che lui non sappia che Niccolò è in città e perciò abbiamo ancora del tempo per escogitare qualcosa. Ed io lo so che mi toccherà pensare a tutto perché Niccolò non ci sta. Mi allontano stringendo i pugni per la codardia e odo il portone sbattere alle mie spalle. Vigliacco! Sì, c'hai ragione Valerio, sono un maledetto vigliacco. Ma mi farò venire qualcosa in mente prima che sia troppo tardi. Filippo Costa non deve passarla liscia! Quando raggiungo la vespa, ci monto sopra e me ne ritorno a casa dove trovo Niccolò ancora immerso nella montagna di ingredienti. « Il menù prevede pasta alla gricia, saltimbocca alla romana e come dessert una cheesecake con riduzione di mirtilli. Sempre che non facciano troppo schifo. » Mi dice sorridente. Io non sono sicuro dell'espressione che c'ho stampata in faccia ma Niccolò non sembra neanche notarla in balìa di quella felicità che tutti provano quando non sanno. È allegro ed io non voglio guastare tutto perché ho agito da testa di cazzo. « Metti un po' di musica? Qualcosa di pop mi sarebbe gradito. » Parla da dietro un libro di ricette ed io mi sposto verso la televisione. Lascio in riproduzione una delle mie playlist e mi avvicino a lui osservandolo senza farmi notare troppo. Non voglio distrarlo perché il suo sguardo attento sulle parole nella pagina mi fa impazzire. Con la lingua sfiora il labbro inferiore e muove gli occhi da una lettera all'altra senza mancarne una neppure per errore. Le spalle rilassate, la schiena eretta e la fronte corrugata. Le pelle che profuma di mandorle ed i capelli di albicocca come i miei mi ricordano della notte scorsa. Degli abbraccia, dei baci e dei nostri corpi. Mi ricordano che oggi sono adulto e che ora come non mai dovrò nutrire maggiore consapevolezza quando mi appronterò a prendere una decisione. E giusto perché lo sappiate una l'ho già presa. Andrò via da Roma e porterò con me Niccolò, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. « Questa canzone è bellissima. Alza un po' il volume, amore. » Sorrido.
« Amore. » Gli faccio il verso e lui sposta i suoi occhi dalla pagina a me. Abbassa il libro ed io lo afferro da dietro per i fianchi. « Non ci siamo mai chiamati in questo modo. È strano, è vero. » Ridacchia. Inalo il profumo del suo corpo e lo stringo a me in un abbraccio caldo e confortante. La mia pelle tocca la sua e tutta arde come legna in un camino. E che mi incenerisca pure se è questo quel che si prova!
« Io e te ce ne andremo da qui. Promesso. » Sussurro e lui si volta stringendomi la vita coi suoi polpacci.
« Che ne è stato del detto Non Promettere Ciò Che Non Sai Essere Una Certezza? » Ride.
« Al diavolo le certezze. Credo contino di più le intenzioni che le certezze ed io ho intenzione di averti nella mia vita per un tempo eterno. Finché morte non ci separi, Niccolò. » Gli bacio teneramente gli occhi, gli zigomi e le labbra. Ed è vero che esistiamo solo se siamo insieme perché io per tutto questo tempo sono stato nullo. « Ti amo. »

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