1. Hai bisogno di un passaggio?

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Era sabato sera e, come accadeva ormai da diversi anni, mi ritrovai ubriaca al Deep, una delle discoteche più gettonate di San Francisco.
Si trovava in periferia, distava circa un'ora in autobus dal mio quartiere ma Alyssa si era offerta di accompagnarmi con la sua auto.
Era arrivata a casa mia nel tardo pomeriggio e avevamo deciso di prepararci insieme.
Disse che avrei dovuto indossare obbligatoriamente un vestito, nonostante sapesse bene quanto io li detestassi.

«Hai un fisico assurdo e questo vestito che ho scelto ti fa proprio un bel culo» disse mordicchiando il bastoncino del lecca-lecca che aveva terminato già da un po'.
Così, dopo ore di lamentele, decisi di piegarmi al suo volere e indossai quello che aveva scelto per me: un abitino stretto e bordeaux che mi arrivava fin sopra le ginocchia, un paio di tacchi vertiginosi neri e una pochette del medesimo colore.
Lei, invece, optò per uno blu elettrico, tacchi bianchi e borsetta dello stesso colore.

Arricciammo entrambe i capelli, i miei scuri e lunghi fin sotto le spalle e i suoi rossi che le arrivavano fino al fondoschiena, poi la aiutai a truccarsi: se c'era una cosa che Alyssa non era in grado di fare, quella era mettere l'eyeliner.
Sistemai un po' di ombretto sulle palpebre di entrambe, eyeliner e mascara, poi io scelsi un rossetto bordeaux e lei uno lucido.
Così partimmo per il Deep, dove, non appena varcata la soglia d'ingresso, la persi di vista.

Ed eccomi a fine serata accasciata contro il bancone argentato della mia discoteca preferita a ridere a crepapelle per nessun motivo apparente.
La discoteca era davvero spaziosa, tutte le pareti erano pitturate di uno strano viola acceso ed erano tappezzate da fotografie dei clienti abituali (tra i quali, chiaramente, c'eravamo anche io e Alyssa) e di vecchie band.
Cameron, il barista nonché mio migliore amico, mi guardava tenendo le braccia incrociate.
«Non ti darò nessun altro drink questa sera, Faith» scosse la testa in senso negativo quando iniziai a pregarlo.

Sapevo che non aveva una lunga resistenza alle mie suppliche, così, quando mi porse l'ultimo Mojito della serata, sorrisi ringraziandolo.
Conoscevo Cameron da quando avevo cinque anni e lui sette. Era un bel ragazzo con i ricci biondi e gli occhi verdi, mentre il fisico asciutto e il naso alla francese creavano uno splendido contrasto sulla sua carnagione sempre abbronzata.
A differenza mia e di Alyssa, Cameron era un ragazzo davvero riservato e che trovava il divertimento in ben altro che una discoteca.
Ma, ironia della sorte, lavorava al Deep già da qualche anno ed era uno dei dipendenti migliori.

Quando mi sollevai dallo sgabello, faticai un po' a rimanere in piedi senza perdere l'equilibrio.
Andai alla ricerca di Alyssa per minuti interminabili, però mi arresi ed uscii dalla discoteca per chiamarla al cellulare.
«Ma dove...dove sei?» pasticciai le parole quando risposi, ero già vagamente brilla.

«Sto andando a casa di Roger» rise di gusto, palesemente ubriaca. Sollevai un sopracciglio: Roger? Chi era Roger? Perché stava andando a casa sua?

«Ma di chi stai parlando?» mormorai poggiandomi al muro della discoteca.
Avvertii un forte capogiro che mi costrinse a strizzare gli occhi, ma mi ripresi quasi all'istante.

«Non lo so, è un tipo che ho incontrato in bagno e ora stiamo andando da lui. Ha una macchina stupenda!» non mi preoccupai molto, conoscevo Alyssa da almeno otto anni ed era sempre stata così: alla ricerca di una notte e via.
Le bastava una bottiglia di vino rosso che subito perdeva la testa per qualcuno che non conosceva affatto. Ma sapeva come farsi rispettare, quindi non mi ero mai impicciata nei suoi affari.
La salutai augurandole una buona fortuna e mi incamminai verso la fermata dell'autobus.

Rischiai di inciampare almeno una quindicina di volte prima di decidermi a togliere quei tacchi odiosi e scomodi e camminai per le strade quasi deserte di San Francisco a piedi scalzi.
Che poi era strano anche solo pensare che una città grande come quella potesse essere deserta, ma il sole stava quasi per sorgere e di rado qualcuno usciva a quell'ora.
Nonostante fosse giugno inoltrato, sentivo una leggera frescura punzecchiarmi il petto e sperai che l'indomani non mi sarei svegliata con la febbre.

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