Simone Balestra's pov.«E io t'ho detto di dormire» risposi bruscamente alle parole di Manuel.
La sua mano era direttamente sul mio addome, non poggiata in maniera casuale: era completamente a contatto con la mia pelle e sentivo il folle alle mie spalle stringersi a me sempre di più.
Avrei voluto dirgli di scansarsi. Se avesse continuato la conversazione sarebbe stato meglio. Ora era con le sue dita forti che me la sarei dovuta vedere.
Sotto la sua mano, il mio corpo stava letteralmente bruciando. Non poteva sentire l'esplosione nel mio stomaco, la pressione al petto che quell'azione mi stava causando. Era tutto talmente meraviglioso... e ti prego, non rovinare tutto. Ero stanco di illudermi perdendomi nei suoi occhi, guardando le sue nocche laboriose, la postura distratta.
Mi senti? Anche se sei qui vicino e c'è questo silenzio assordante, nonostante io non riesca a credere più a niente, tu vedi il mio fuoco? Ci credi davvero?
Chiusi gli occhi, perché li avevo tenuti aperti fino al momento in cui mi resi conto che era meglio dormire e far finta di niente. Lo aveva detto anche lui: eravamo amici. Lui non era gay, innamorarmi di lui sarebbe stato semplicemente un ulteriore masochismo di cui certamente non avevo bisogno.
Eppure mi perdevo anche dietro ad una singola delle sue parole, mi smarrivo nei miei mille perché; vedere che mi sosteneva, che mi voleva bene, che tuttora mi teneva stretto a sé ma forse mai nel mondo in cui il mio abisso aveva bisogno di essere amato.
Come poteva qualcosa di così vero fare male e bene allo stesso tempo in misura inqualificabile?
Fui investito completamente dai brividi. La causa però fu ancora più improvvisa. Manuel si era nel frattempo avvicinato, aveva portato le labbra sulla mia nuca e aveva sospirato così, delicatamente, mantenendo quel contatto con me.
Dentro di me, mi presi in giro. Molto probabilmente ero un fascio di nervi e da fuori sembravo una sorta di palo irrigidito. Era così che reagivo all'amore, cercavo di indurirmi in modo tale da far rimbalzare via tutto ciò che avrebbe potuto danneggiarmi.
Le labbra di Manuel. Il suo respiro sul mio collo.
Dio, c'era sicuramente un girone dell'inferno per quelli come lui o forse c'era per quelli come me.
Non dovevo parlare, ma neanche rimanere immobile. Perciò misi la mia mano sulla sua, che mi abbracciava da dietro, e intrecciai le nostre dita come fossero solide radici. Di cosa, poi, non mi era concesso saperlo e forse neanche mi importava in quel momento.
Come descrivere due mani che si toccano, due anime che si cercano? Avrei potuto dire che ci fosse stata attrazione, ma sarei finito sul banale. Avrei potuto descrivere la passione che c'era in quella ricerca curiosa tra noi, ma non ci avrei reso affatto giustizia.
Perche la nostra presa salda era il sintomo sanguinolento di un desiderio mancato, di qualcosa che non ci azzardavamo più a dire ad alta voce. Era la paura di trovarsi nudi, scoperti in un posto che non permetteva di erigere alcun muro di difesa.
Carne scoperta, occhi a guardare.
Al prendergli la mano, il petto di Manuel cominciò a premere sulla mia schiena e poi a tornare indietro in maniera più veloce. Percepivo la sua agitazione, perché al suo stuzzicarmi aveva ricevuto una risposta più che decisa.
Inclinai leggermente la testa verso di lui. Ancora, Manuel, non lasciarmi qui. Poi accennai a girarmi con il corpo. Quando fummo di fronte, lui riprese ad abbracciarmi e mi strinse a sé. Non riuscivo a capire perché alternasse momenti di negazione totale a... questo.
«Mo che me stai a guardà negli occhi Simò che hai risolto?» disse piano, la voce più roca per non disturbare il buio intorno a noi.
«Non immagini quanto invece tutto sembri più a posto in questo modo.» Ma ero patetico.
Erano i nostri corpi che ci facevano reagire così. Se fossimo stati a scuola, a tavola con i nostri genitori che chiacchieravano o in giro per la città Manuel non mi avrebbe neanche guardato e io sarei stato a testa bassa con le mani infilate nella mia giacca di jeans.
«Madonna mia quanto parli oh» fu la sua risposta.
E sarei stato di ridargli le spalle, se non fosse che mi avvicinò a lui ancora di più. Talmente tanto che i nostri nasi a momenti si sfioravano, così come i nostri occhi. Congiunse la sua fronte alla mia, come quando si irritava e gonfiava il petto per affrontare qualcuno, e ora eravamo davvero quasi una cosa sola.
Il mio cuore aveva perso l'orientamento, lo immaginavo sparare sangue a caso in tutti i vasi sanguigni in preda al panico. Era così che mi sentivo, anche davanti ad un volto che invece esprimeva tanta tranquillità. Come faceva a sentirsi così a suo agio quando la nostra pelle si toccava, mentre da lontano persino parlare con me gli riusciva difficile?
Avrei dovuto demolirlo ogni volta per avere da lui le scarne e pallide briciole della mia illusione.
Presi coraggio e portai le mie labbra sulle sue, la mia mano sul suo collo. Senza esitare un secondo, lui iniziò a ricambiarmi. Prima piano, poi con sempre più decisione. Era un bacio lento, spaventato ma senza pudore, come se ci stessimo gettando in una battaglia che sapevamo già di vincere.
Ma non sapevo se fossimo dalla stessa parte. Mi stava facendo così bene, ma avevo l'impressione che il sorgere del sole avrebbe rivelato in me una miriade di tagli e moltissimo sangue sparso, sebbene il suo tocco al momento sembrava guarire la mia intera natura.
Perciò prenditi questo momento. Guardalo e bacialo e prega che sia notte per sempre.
Quando distaccò le sue labbra dalle mie, i nostri occhi s'incontrarono. Persino al buio, riuscivamo a scorgere quanto bastava per poterci isolare dal resto. Era comico il fatto che anche pieno di lividi, Manuel rimaneva sempre lo stesso.
«Me sa che famo meglio a dormì» stabilì poi.
«Sei sicuro? Nessun'alternativa?»
Si mise a ridere e avrei potuto dire che quello fosse il suono migliore al mondo. Desideravo sentirlo all'infinito. Manuel felice; Manuel al sicuro; Manuel nel mio letto; Manuel senza alcuna difesa.
•
Non ci mise molto ad addormentarsi, effettivamente non mi sembrava un tipo di persona che rimuginava su tutto quanto proprio prima di dormire. Durante la giornata lo potevi vedere sempre perso nelle proprie logiche, impegnato a fare qualcosa, concentrato sulle sue macchine.
Invece prima di dormire sembrava liberarsi di ogni peso. Candido, leggero. Il suo respiro divenuto calmo e la mia mano sul suo petto che si sollevava, si abbassava, si sollevava, poi tornava indietro. Sto bene con te. Sto bene con te nel mio letto. "Casa" assume un significato diverso.
Poi spostai la mano dal petto al suo fianco e mi misi comodo. I nostri respiri si sarebbero intrecciati per tutta la notte, e con questa motivazione ebbi fretta di addormentarmi.
Anche perché dovevo smetterla di guardarlo dormire.
Lo amavo, ed era la mia più grande condanna.
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La legge morale dentro di noi || #Simuel
Fanfiction«Non sta succedendo» mormorò. «Succederà tutto ciò che vogliamo che succeda, niente di più» risposi io. || ff about simuel ship. ||