Nelson's POV
Sono sempre stato il peggior carnefice di me stesso, il peggior prigioniero dei miei soprusi. In qualche modo ho trovato la chiave per un duraturo e infelice rapporto tra Nelson e Nels: sviluppare una sindrome di Stoccolma così intensa e viscerale, dal finire con amarsi, lasciando fuori il resto, dopo giorni di prigionia passati a implorarmi di lasciarmi andare, combattendo per un briciolo di libertà, che puntualmente mi sono negato.
Il problema è che ho imparato ad amarmi così tanto da non amarmi per niente e così ho iniziato a boicottare ogni possibile situazione felice, attendendo che la catastrofe sbucasse da dietro l'angolo. Non mi sono mai goduto il momento.
Ho sbagliato innumerevoli volte, anche con chi non centrava niente; ferito e sanguinante, ho ferito a mia volta; stordito dalle granate che mi lanciavano e che io stesso mi scagliavo addosso di riflesso, ho dato il via a una serie consequenziale di eventi catastrofici, un domino di fallimenti dopo l'altro, con tutte le tessere che crollavano e portavano al nulla cosmico.
Sono sempre andato avanti incolpandomi, colpendomi nel profondo.
L'ho fatto anche dopo aver subìto un tradimento, quindi una situazione in cui non sei tu che dovresti sentirti responsabile, ne sei la vittima; bene, io sono riuscito abilmente a giustificarla, perdonarla, convincendomi che il problema ero io. Ero io che la inducevo a scappare verso un altro, con il mio atteggiamento schivo, distaccato e poco coccoloso.
Mi sono umiliato e ho strisciato ai suoi piedi per riscattarmi dalle mie assenze.
Tutto questo l'ho fatto forse perché amavo così tanto l'altra persona, da diventare un sottone? No, l'ho fatto perchè amavo me stesso a un livello così elevato,
da cercare in tutti i modi di non restare solo, con l'obiettivo di denutrire la solitudine che mi ha sempre accompagnato, anche quando stavo in mezzo ad altre persone e mi sentivo solo, a Bologna; così mi sono fatto andare bene qualunque cosa, ogni tipo di atteggiamento, anche quelli poco carini nei miei confronti. Egoista con me stesso e con gli altri, permettevo agli altri di esserlo con me, anche se andava a mio discapito.Un giorno, stufo marcio di essere incapace di stare solo, desideroso di vivere in autonomia, senza dover dipendere da qualcuno, ho liquidato una delle mie ex, con un discorso, lungo e arzigogolato, sul bisogno che avevo di curarmi le ferite, sul dover stare meglio con me stesso per poter stare bene con gli altri.
Non ha battuto ciglio, si è alzata dalla panchina ed è sparita nella nebbia, non era poi così presa come decantava, ma quisquilie.Non credo sia facile stare con me, a volte faccio fatica anch'io.
Ho sbattuto in faccia la porta a Cupido, gli ho rubato le frecce, gliele ho spezzate a metà e con un calcio ben mirato sulle costole, l'ho scaraventato giù dalle scale di casa.
"Notizia dell'ultima ora: rinvenuto cadavere di simil putto con ali e faretra al seguito, si cerca il colpevole, per ora non ci sono indizi, restate con noi, per altri aggiornamenti!"
Per molto tempo sono rimasto single, ho scoperto che ci si può volere bene, che non è lontanamente paragonabile all'amarsi, ma è comunque anni luce dall'odiarsi; una condizione con la quale ho imparato a convivere, come fosse un'abitudine: ascoltarmi, comprendermi, farmi brutto...
Poi una sera, una maledettissima sera, in cui ho abbassato la guardia, Cupido, che non era morto ma solo svenuto, ha scoccato la sua freccia e mi ha colpito in pieno petto, sbagliando miseramente mi sa, perchè anche se la storia è durata tanto, "l'amore" è stato abbastanza effimero e unilaterale.
Mi sono impegnato così tanto nell'ultima storia, che il pensiero di ricominciare daccapo mi fa morire dentro.Se le cose finiscono c'è sempre un motivo, è sicuramente difficile trovarlo nelle prime fasi, ma poi ce la si fa; o magari no, ma arriva sempre quel momento in cui non ti interessa più cercarlo.
All'inizio ti fa male, ti annienta è una cosa straziante: vivere sensa sapere il perchè è successo, il cosa ho sbagliato, il cosa potrei migliorare per rimettere insieme i pezzi ormai frantumati; sentire il "mavvaffangulo" che si scatena implodendoti dentro quando capisci, quando realizzi che tutto il tempo regalatole, le notti donatele nella lotta con i pugni contro il cuscino, in un mare di lacrime, è stato dell'inutile tempo malsano e sprecato.
Ce ne vuole sempre di tempo, ci vuole sbattere il cranio contro lo spigolo più tagliente dei tuoi pensieri, urlarti dentro fino a stordirti, per poi svegliarti un giorno, aprire le finestre, e libero da ogni pensiero che possa confluire nella sua direzione, sentirti bene, in pace, scaldato dai primi raggi del sole che nasce.
Smetti di cercare in ogni dove i suoi occhi, non resti più in ascolto, con le orecchie tese, per captare la sua voce, tra tazzine che battono sui piattini, cucchiaini che mescolano zucchero di canna ed espressi che vengono erogati, nel bar dove ogni mattina facevate colazione, perchè lei non c'è più e non c'è motivo che ci sia ancora.
Sparisce dalla tua testa e dal tuo cuore. Puff.
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E io sento te
FanfictionNelson, un cuore spezzato; un'anima fragile; un continuo buco nell'acqua dopo l'altro; un continuo stato di disagio. Nelson si sente così dopo la brutta fine di una relazione, una storia che lo ha segnato profondamente, perché ci aveva messo tutto s...