Capitolo 6: Crisalide

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- Millie ! Millie ti prego ! Non farmi questo anche tu. Sono sempre io, il tuo Viego. Non rifiutarmi, guardami, non nasconderti a me! -

L'orologio sulla parete della stanza di Viego si camuffava bene nella tetra oscurità della notte. La sua presenza poteva essere percepita solo grazie all'inconfondibile ticchettio ritmico: tic, tac... tic, tac... le lancette più pigre segnavano una manciata di minuti dopo le cinque.

Il proprietario della stanza era lì, disteso sul suo letto a guardare da attimi eterni le assi che lo sovrastavano; non riusciva a tenere le palpebre abbassate. Gli incubi, oltre ad avergli di poco accorciato il sonno, gli stavano massacrando l'anima, abusando di ricordi reputabili anch'essi delle atroci ricostruzioni della mente nella fase onirica della giornata.

- Smettila di ribellarti ! Perché non puoi ascoltarmi ?! -

Sentiva l'inutilità di rimanere sdraiato sulla morbida lastra marmorea, la quale, rovente, pareva solo infliggergli dolore con la miriade di spine immaginarie. Si alzò: dell'acqua gelida lo avrebbe aiutato. Era un lavandino minuscolo, inserito più per figura che per reale intenzione di renderlo utilizzabile; il Re ebbe modo di farselo bastare nel corso di quei sei anni trascorsi a scontare gli arresti domiciliari.

- Perché non sei in te ! Ed io ho paura... ! -

Un brivido, l'orrore, gli occhi sgomenti parlarono per lui. Una manata d'acqua corrente non fu sufficiente a scacciare via l'immagine di lei terrorizzata e piangente; avrebbe preferito essersi sognato anche quello. Provò ad accampare scuse come l'essere stato traviato dal sonno, ma no, sapeva che il sonno c'entrava poco, se non niente, con tutta quella faccenda. Sapeva benissimo quanto non fosse influente il fattore stanchezza in quel suo atteggiamento, infatti, anche avesse dormito per tre giorni, si sarebbe comportato nello stesso medesimo modo, ed era proprio quello il problema.

Ambo i palmi sopra il perimetro del lavabo, viso basso, sguardo rivolto verso la specchiera. Gli occhi gli brillavano della solita luce verdognola, l'istinto di spaccarsi la faccia nel riflesso era molto forte, tuttavia vinse il buon senso. I due Re si diedero le spalle: meglio posticipare quello scontro ad un altro giorno.

Asciugatosi il viso, fece ritorno alla sua Isolde, al pari di un pentito recatosi in ginocchio al tempio della propria divinità. Le note del carillon suonarono da inno sacro a quel peccatore pronto a confessare. Rasserenato dalla malinconica melodia, trovò le forze ed il coraggio di enumerare le sue colpe dinanzi all'adorata moglie; non gliene aveva ancora parlato.

Dopo gli eventi del vicolo, a mo' di concessione divina, Vylldem riuscì a trovarli. Giunse al locale per l'orario prestabilito ma di Viego e Millie nemmeno l'ombra. L'uomo decise di concedere a quei due del tempo extra, nonostante quel ritardo ingiustificato gli stesse procurando un fastidio non da poco. Sarebbe rimasto lì fuori, a fianco all'apposito tabellone del menù ad aspettarli, se solo non avesse sentito dei turisti parlare di Viego, il Re in Rovina. Non udì parole umane ma solo il frastuono di un orribile presagio. Era certo che Millie sarebbe stata capace di salvare in extremis il re dei Ruiner, ciononostante doveva affrettarsi; un buon capitano, un buon leader, deve essere sempre in grado di agire tempestivamente per proteggere i propri uomini. Mantenendo una parvenza di normale tranquillità, si faceva largo tra le disordinate fila di passanti. Persino l'occhio allenato e vigile del capitano notò a fatica quel briciolo di Nebbia fuoriuscire dalla latebra con moto serpentiforme. Notata la Nebbia, si lanciò nel vicolo, non si aspettava minimamente di trovarsi davanti un enorme ammasso di oscurità. Al costo di rischiarci la vita, si gettò dentro senza dare peso alle conseguenze. Gli occhi gli bruciavano, provava a trattenere il respiro per come poteva. Acido, sulla sua pelle i fumi erano come acido. Quando afferrò il braccio di lei non ebbe nemmeno la certezza se fosse o meno il suo. La tirò via, fuggì dalla camera di Nebbia con lei e da questo scaturì l'urlo della Rovina. Vyll, inginocchiato a terra, occupato a tossire e a riprendere fiato, aveva al suo fianco la fidata capomastro in uno stato di totale agitazione. Le mura costruite da Viego crollarono, mostrando la sua figura già armata con la Lama. Millie dovette frapporsi tra i due uomini, uno scudo forgiato con la sua carne sarebbe bastato assieme alle suppliche rivolte al Re; nessuno in quel momento era suo nemico, nessuno.

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