[23]

7 1 0
                                    

Nel tempo di andare a casa, farmi una doccia e provare a indovinare come poteva vestirsi Ivan per andare a bere, Vera non mi aveva ancora risposto.

Pensai di scriverle di nuovo, ma mi sembrava tremendamente inopportuno e poco elegante. In fin dei conti, non volevo sembrare appiccicoso e, per non sembrarlo, decisi di mettere il telefono in silenzioso e dimenticarmene: se mi avesse inviato un messaggio, lo avrei scoperto con piacere.

Optai per dei jeans neri e un maglioncino chiaro con il collo alto. Sbarbato e impettito, o forse per le sensazioni postume della serata, mi sentivo bello.

Avevo l'impressione di poter fare qualsiasi cosa, che sarebbe andato tutto bene e, di sicuro, sarei arrivato puntuale all'appuntamento con Ivan.

Appuntamento? Mi scappò un sorriso pensando alla conversazione della mattina.

Uscendo di casa trovai Valerio che entrava con le cuffie e un'espressione corrucciata.

Gli feci un cenno di saluto e ricambiò con la testa e le mani in tasca, tirando dritto per le sue.

Mah.

Mentre andavo al bar, mi fermai a prendere le sigarette e me ne accesi una che finii poco prima di arrivare. Davanti al bar cercai con lo sguardo Ivan e, non trovandolo, iniziai a guardarle la struttura e notai come fosse suggestiva. Era all'uscita del parco dedicato a Giovanni Treccani, davanti aveva un ampio dehor con tante piccole lucine e le finestre grandi lasciavano vedere lo stile urban jungle degli interni che continuavano il paesaggio.

Infine... "Buon pomeriggio!" arrivò Ivan.

"Ehilà!" Infine, i menù erano fogli attaccati a leggeri pannelli di legno, molto accattivanti, richiamavano i materiali dei porta-tovaglioli e dei porta-zuccheri.

"Dentro o fuori?" chiese Ivan.

"Se stiamo dentro ogni tanto mi vedrai uscire a fumare, se stiamo fuori no." risposi onestamente.

"Guarda, io offro da bere, tu le cicche e direi che stiamo fuori." propose.

"Pulita così." ci accomodammo in un angolino.

Iniziammo a chiacchierare del locale, della barista, dei camerieri e del lavoro, dei clienti e del tempo fuori dal lavoro e, tra una birra e l'altra, arrivò una risposta da Vera.

"Ehi, ciao ♡"

"Come stai?"

"Avrei una cosa da chiederti"

Un audio.

Non mi aveva mai mandato un messaggio vocale.

Il messaggio di Vera, il qualcosa da chiedermi, mi fece strano. Inizia a sentire come una morsa nello stomaco e, per quanto stesse andando bene la serata con Ivan, non riuscivo davvero a concentrarmi su quello che mi stava raccontando perché c'era una parte della mia testa impegnata a rimuginare su quel messaggio.

Controllai l'ora, misi il telefono in tasca con noncuranza e alcuni minuti dopo mi allontanai con la scusa di andare in bagno. Chiuso nella toilette del bar sbloccai in fretta il telefono, aprii la conversazione e ascoltai il messaggio audio che mi aveva mandato.

"Ehila!.. Senti, stavo pensando, tu... ehm... tu saresti disposto a venire con me stasera... dovrei vedere delle persone ma non, ecco, non me la sento di andare da sola."

Dove doveva andare? Chi doveva incontrare?

"Tutto bene io... adesso sono fuori con un collega. Per che ore devi uscire?" indagai. Bussarono alla porta, tirai lo sciacquone e aprii il rubinetto per crearmi un alibi con chi aspettava fuori.

"Dovrebbero aspettarmi in centro tra una mezz'ora, scusa il poco preavviso" mi rispose.

Feci partire l'asciugamano elettrico mentre le scrivevo "Dovrei esserci, se venisse anche il mio collega sarebbe un problema?" uscii, schivando la ragazza che entrò dopo di me.

"No no"

"Penso diventa carino se c'è anche lui"

"Posso raggiungerti?"

"Raggiungervi*"

Lessi tornando al tavolo.

"Ohi!" Ivan stava perdendo tempo sui social.

"Dimmi" mi guardò con aria interrogativa "che c'è?"

"Senti, mi ha scritto Vera. A te andrebbe di unirci a lei e gente che conosce?" la buttai d'un fiato, non sapendo come poteva prenderla e pensando di dover dare indicazioni a Vera il prima possibile.

"Chi sono?" domanda lecita.

"Non ne ho idea. Mi ha chiesto se le faccio compagnia, che non se la sente di andare da sola e io le ho detto che ero con te."

"Bon, di sicuro non può essere peggio della compagnia di ieri. Io alla peggio telo se mi stanno sul cazzo." decise "Tra quanto?"

"Direi che paghiamo e raggiungiamo Vera, così le chiedo chi deve vedere."

Alzandosi e annuendo Ivan prese il portafoglio dalla tasca del cappotto e andò verso la cassa.

Io presi il telefono "Ti veniamo incontro, ci vediamo al parco con le papere?" e raggiunsi Ivan per fare a metà, anche se era deciso a offrire lui almeno un giro.

"Allora, dove stiamo andando?" mi chiese uscendo.

"Andiamo al parco Percoto, che è verso centro, i suoi amici poi dovrebbero essere in zona tra una mezz'ora." ci avviammo passando tra gli alberi del Treccani verso l'uscita più vicina alla nostra meta.

Controllai la risposta di Vera "Va bene, ci vediamo lì.. a tra poco"

"Senti..." attaccò Ivan "Ma Vera, no?"

"Mh." ero pensieroso.

"Vera... ecco." si bloccò un attimo "Non è... non so, strana?"

Presi una sigaretta e gliene offrii una.

"Strana in che senso?" gli passai l'accendino.

"Nel senso, io l'ho vista poco eh, e ci ho parlato ancora meno. Però mi è sembrata sempre molto... spaesata? Come se fosse in un posto che non è il suo o fosse sovrappensiero." cercò di spiegarmi.

Vera è come se vivesse in punta di piedi, immobile in una cristalleria per paura di rompere qualcosa.

"A prima vista sì. Tendenzialmente sta per le sue e ha sempre paura di disturbare." sbirciai il telefono per controllare le notifiche. "Però è attenta, sì posata ma sa dire la sua ed è... creativa." mi tornarono in mente la poesia che mi aveva scritto, la lettera.

"Beh, ci sta. Tu ti trovi con lei?"

Risi, genuinamente.

Parlami ancora dei fiori d'arancioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora