Il colore dell'egoismo (o della premura)

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Non c'era nulla al mondo che Christian odiasse di più che vedere Mattia piangere.

Non aveva importanza che conoscesse Mattia da soli quattro mesi e ci fossero altre cose che odiasse da tutta una vita.
No, la prima volta che lo aveva visto piangere, un tiepido giorno di fine ottobre, aveva capito subito che nulla avrebbe mai provocato in lui una sensazione di sofferenza tale quanto quell'immagine.

Eppure, da quando Maria aveva riferito alla casetta il risultato della radiografia di Mattia, Christian era costretto a vederlo piangere con una frequenza che lo stava lentamente lacerando dall'interno.

Ed anche adesso, con il biondo avvinghiato alle sue spalle, intento a bagnargli la maglietta di lacrime calde, si sentiva morire.

Non sapeva cosa avesse scatenato quella reazione nell'altro ballerino, nonostante potesse perfettamente immaginarlo.
L'aveva trovato così, rannicchiato sul suo letto con il cuscino premuto sulla faccia per sopprimere i singhiozzi.

Christian era letteralmente corso da lui, sedendoglisi accanto sul materasso e prendendoselo in braccio, una mano che gli faceva su e giù sulla schiena e l'altra che gli accarezzava piano i capelli.

Mattia gli aveva stretto, implacabile, le gambe alla vita e le braccia al collo, e Christian era sicuro che quelle prese salde sul suo corpo fossero l'unico motivo per cui ancora non si fosse sbriciolato in mille pezzi.

Odiava vederlo in quel modo, odiava vedere i suoi occhi ingrigirsi, invecchiare di cento anni, appesantiti dalla paura e dalla stanchezza.
Lo sentiva tremare tra le sue mani, e avrebbe fatto di tutto, di tutto, per sottrargli quel dolore.
Se solo avesse potuto, se la sarebbe presa lui la sua lesione.

- Scusa. - mormorò Mattia dopo un po', allontanandosi appena e tirando su con il naso.
Christian serrò la presa che aveva sui suoi fianchi, per fargli capire che non avesse intenzione di lasciarlo andare così facilmente.

- Di cosa? -

- Deve essere scocciante stare appresso ad uno che piange sempre. - disse, rifiutando di incontrare il suo sguardo.

Christian gli prese il viso tra le mani, asciugandogli le lacrime con i pollici, costringendolo a guardarlo.

- Mattia, ascoltami bene e cerca di ficcartelo in questa testa cocciuta che ti ritrovi: tu non sei un peso. - scandì accuratamente ogni parola, per provare a renderle il più chiare e permanenti possibile alle orecchie del biondo.

-Nulla di tutto questo è colpa tua, le tue reazioni ed i tuoi sentimenti sono più che validi. Non mi pesa starti accanto in un momento del genere Matti, non vorrei essere da nessuna altra parte. - gli strinse forte le guance, fino a fargli sporgere le labbra in una smorfia da pesce lesso. - Tutto chiaro? -

Mattia annuì, chiaramente poco convinto.

- Non credo di averti sentito. -

Il biondo alzò gli occhi al cielo, e borbottò un "si" biascicato, reso incomprensibile dalla presa che Christian aveva sulle sue guance.

- Parla più chiaro non ti capisco. - lo prese in giro con un piccolo sorriso.
Mattia si divincolò alla sua presa.

- E lasciami! - sbottò finalmente, ridendo, una volta sfuggito alle sue mani.
Christian non poté fare a meno che seguirlo a ruota.

- Stai meglio adesso? - gli chiese poi, tornando serio, riappoggiandogli le mani sui fianchi.
Pur sottraendosi alla presa che aveva sul suo viso, Mattia non si era spostato dalle sue gambe.

- Si. Grazie. - accennò un sorriso impacciato che fu in grado di sciogliere tutto il ghiaccio che la preoccupazione gli aveva fatto germogliare nel petto.

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