"L'altro giorno ero alla stazione. Non so cosa ci facessi lì, ma so che mi sono ritrovata ad osservare il tabellone degli orari, involontariamente. Non sapevo cosa stessi cercando, eppure quando trovai scritto quel treno mi pervarse una strana agitazione mista a non so cosa.
Ed ero lì, a venti minuti dall'arrivo del treno, potevo andare alla biglietteria, comprare il biglietto e in un giorno sarei stata da te. Avrei potuto farlo, ma cosa avrei raccontato a tutti gli altri? Ma soprattutto, come avrei spiegato a te questa mia follia? Ma mentre ci pensavo ero già in fila dietro un signore con un mazzo di rose in mano, pensai che li portasse a sua moglie, pensai che sarebbe stata davvero felice lei.
E alla fine arrivò il mio turno, dovevo prendere una decisione, in quell'istante. Ed io, da codarda, scappai via.
Corsi fino ad una panchina un po' più isolata rispetto alle altre, per stare da sola senza gli occhi inquisitori degli altri. Non so perché fossi scappata, per paura suppongo. Paura di te, di me, della tua reazione. Perché avrei dovuto aver paura di te, mi chiedo. Ma, perché non ne avrei dovuto avere? Va bene, avrei preso quel treno, sarei arrivata da te e poi? Ti avrei cercato per tutto il paese e, una volta trovato, mi sarei limitata a guardarti da lontano, e quando tu ti saresti accorto di me, non mi avresti nemmeno riconosciuto. Non sono così importante da far sì che tu ricorda il mio volto, che ricordi me.
E poi, non me ne accorsi nemmeno, mi girai e mi ritrovai accanto il signore della biglietteria. Aveva il volto scavato, delle enormi borse sotto gli occhi, come un uomo che non dormiva da giorni. Come un uomo che aveva perso tutto.
Solo alla fine mi accorsi della foto che teneva in mano, sorrideva in quella foto. E accanto a lui una donna, era bella, molto, nonostante la sua età. Erano felici, insieme, mentre adesso c'era solo lui, che era tutto tranne che felice.
Una voce annunciò l'arrivo di due treni. Due binari diversi, ed io stavo osservando quello sbagliato.
L'uomo salì su quel treno, sapevo dove portava, probabilmente era proprio dove stava andando anche lui, dalla moglie. Una volta l'avevo preso anche io quel treno, portava a poco lontano dal cimitero comunale.
E io invece di prendere il treno che aspettavo ma che avevo paura di perdere, guardavo quell'uomo, seduto dietro al finestrino di uno dei numerosi vagoni. Osservava, che cosa non lo so, aveva uno sguardo vuoto, perso. Aveva lo sguardo di una persona che ha perso il motivo della sua felicità, la sua ragione di vita.
E alla fine, solo per un istante, si girò a guardarmi quando il treno ormai stava per partire. Mi guardò, e quello sguardo non me lo potrò mai dimenticare. Lo sguardo di una persona che ha smesso di vivere pur respirando ancora.
Il treno partì, pensavo che anche il nostro non ci fosse più e invece, era ancora lì, come ad aspettarmi.
Fu lì che trovai un biglietto per terra scritto con una calligrafia semplice, tremante. 'Mark & Clara 1979 - ∞'
Nemmeno la morte potrà mai separare due anime destinate a stare insieme.
E non so, in quel momento non ci pensai due volte, corsi soltanto fino alla biglietteria, questa volta pronunciando le parole che non ero riuscita a dire.
'È in ritardo, il treno sta per partire', forse sono stata io che l'ho fatta impietosire ma alla fine ha ceduto, 'si sbrighi però'.
E corsi, corsi fino all'ultimo binario dove il controllore stava già per chiudere lo sportello. Corsi e, ormai senza fiato, mi buttai di peso sul treno, insomma a cosa servono quei cinque gradini quando ti senti Superman?
Il treno partì, ed io con lui.
Sorridevo, erano le 18.22 del 26 novembre 2014.
Ed io stavo andando da te, per cercare di trasformare una fine in un nuovo inizio. In un vero inizio."
- ricordipersinelvuoto