Atsumu correva.
Non perché preda di un attacco di jogging compulsivo per cui sarebbe morto se non si fosse messo le scarpe da corsa e avesse fatto sedici volte il giro del parco sotto casa, assolutamente no.
A lui non piaceva particolarmente correre.
Non era una persona fissata come si poteva facilmente pensare: l'80% delle volte doveva farlo per allenamento, perché la corsa era cardio allo stato puro e allenava i suoi polmoni e la sua resistenza a tutto tondo, integrando con esercizi mirati ed alimentazione sana e nutriente – a parte l'occasionale premio che si concedeva quando era giù di morale o troppo stressato – seguendo più o meno rigidamente il regime indicato dal preparatore atletico della squadra; il 19% era per correre o rincorrere Osamu dopo un insulto particolarmente bastardo o un dispetto infame o uno scherzo dai risvolti decisamente dolorosi, attività che stava diventando sempre più sporadica ma non per questo avrebbero abbandonato per diventare più maturi, era inutile che la mamma ancora ci sperasse; l'1% accadeva quando sentiva la testa particolarmente occupata.
Dopo aver mandato il messaggio ad Osamu ed aver letto la sua replica immediata, la testa si era riempita dei pensieri più disparati, veloci come ali di colibrì e fastidiosi come ronzio di zanzare. Non riusciva a concentrarsi su nessuno di loro, sentendoli frullare nella scatola cranica come impazziti, sentendoli rimbalzare dappertutto.
Era difficile aggrapparsi anche ad una sola singola considerazione o focalizzarsi sulla prima idea che riusciva a rimanere abbastanza ferma da farlo quasi sperare che questa sgusciava via per far posto alle altre novemila, pronte in attesa di sfuggirgli tra le grinfie.
Sentiva le gocce di sudore sulla sua faccia scivolare di lato, spostate dal vento e dal movimento, inzuppando capelli e scalda collo ed infiltrandosi nel tessuto di pile. Il respiro era costante e ritmico, studiato apposta per non affaticare i suoi polmoni. Sentiva i muscoli delle gambe bruciare, un dolore appena accennato e a cui era ormai abituato che lo informava del tempo trascorso. Ancora troppo poco, per i suoi gusti.
Non stava dando di matto, stranamente.
Sì, i pensieri invadevano la sua testa con la rabbia e l'inutilità dei cani di piccole dimensioni decisi a mettersi in confronto con un alano apatico, ma uno tra tutti spiccava chiaro come il sole di luglio e gi invadeva il cervello sbiadendo tutti gli altri, facendo ritornare l'attenzione su di lui in modo molto invadente.
Totalmente l'opposto del soggetto in questione.
Prese un respiro un po' più forte, sbaragliando il ritmo dei suoi polmoni e costringendolo a rallentare leggermente per ritornare all'equilibrio giusto.
Gli piaceva Sakusa.
Socchiuse gli occhi, sentendoli pizzicare per il sudore che colava dalla fronte, le ciglia bagnate che sembravano inutili.
Gli piaceva Sakusa e non riusciva a vedere niente di sbagliato.
Pensò a come si sentisse bene con lui. A suo agio, tranquillo, sé stesso. Pensò ai loro giochi sul treno, alla malignità condivisa, alla stronzaggine per cui stravedeva, alle accortezze, alle prese in giro.
Inspirò più forte, rievocando nella mente le gambe lunghe e pallide, forti, gli occhi scuri e mortali, quei ricci vivaci che avrebbe voluto toccare, passarci le dita attraverso, vedere se riuscisse a farle scivolare o se rimanessero incastrate come sentiva ogni volta borbottare il proprietario, il sedere tondo e sodo e - sì, era meglio bloccare quella linea di pensiero, c'erano bambini dall'altra parte di quell'enormità di cespugli.
Beh, considerò schivando un cagnolino troppo vivace sfuggito dal guinzaglio della padrona, gli era piaciuta gente peggiore.
La bambina delle elementari, ad esempio, Iori-kun. Gli aveva prestato la gomma da cancellare e si era portata via il suo cuore. Erano stati anche insieme per venti fantastici, grandiosi minuti, prima che la trovasse in un angolo del corridoio a ridacchiare e ad attorcigliarsi i capelli attorno ad un dito, civettando con un ragazzino di un'altra classe. Piccola stronza.
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Once Upon A Time
FanfictionC'era una volta, nemmeno troppo tempo fa, un idiota in negazione. C'era una volta, su per giù nello stesso periodo, un altro idiota che non capiva come muoversi. C'era una volta, quindi, una coppia di idioti che tentava e non riusciva. Ce l'avrebber...