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Ormai era passato un mese ed io non riuscivo più ad uscire senza avere Calum accanto a me, il mio angelo custode. Mi giravo in mezzo a tutte quelle persone e ognuna di loro mi sembrava Carter. Era ovunque. Nei segni che mi ha lasciato sul corpo, tra la gente, tra i miei pensieri. Era riuscito ad entrare nella mia testa e quando qualcosa si insidia nella tua mente, poi è difficile farla uscire.
Mi aveva fatta diventare fredda e vile, una vigliacca che aveva paura anche della sua ombra. Mi facevo compassione da sola, mi facevo ribrezzo, con quel corpo troppo magro che stavo lasciando morire di fame.
"Melissa, mangia" disse Calum portando la forchettata di pasta vicino alla mia bocca.
"Non ho fame."
Riuscivo a spiaccicare a fatica qualche parola, mi faceva schifo sentire il rimbombo di quella voce stridula e debole che mi usciva dalla bocca. Era nuovo quel suono, più triste e fievole. Non ero io.
"Devi mangiare, amore. Per favore."
Schiusi le labbra incollate tra di loro e Calum mi mise in bocca le tre penne di pasta imbevute nel sugo rosso sangue. Masticavo lentamente, mi veniva da vomitare lì, su quel tavolo spoglio del bar. Magari avessi davvero rigurgitato tutto, così tutti avrebbero capito che c'era qualcosa che non andava in me, ero malata.
"Basta così" dissi quando cercò di infilarmi ancora quella pasta disgustosa in bocca.
"Va bene."
Non insistette a lungo sapendo che alla fine l'avrei avuta vinta io. Calum s'era stancato di combattere, contro di me era una battaglia persa. Strana la vita, sul ring riusciva a portarsi a casa tutte le vittorie, con me nemmeno una.
D'altronde si vedeva che non aveva più forze, era sempre stanco ed è quando s'è accorto di essere completamente al tappeto che ha deciso di portarmi in Germania.

Quando vivi un conflitto interiore vai a finire in posti del genere, a Berlino, la città un tempo divisa, piena di storie da raccontare. Un po' triste, come me.
"Grazie per avermi portata qui" dissi mettendomi a braccia conserte.
"Dovevamo prenderci una pausa."
Come facevo a dirgli che questa pausa non mi era servita? Ero più stanca di prima, non riuscivo a chiudere occhio in un letto che non era mio.
Di notte stavo sveglia a fissare il buio che mi riportava in quel bagno lurido. Carter che mi prende e entra in me senza il mio consenso.

"Andiamo a vedere i resti del muro? È l'unica cosa che ci manca."
Feci cenno di sì con la testa e mi portò subito a vedere i resti del famoso muro di Berlino. Guardavo quella barriera distrutta, eccolo lì, il muro della libertà.
E solo allora capii che quella che stavo osservando era la mia vita. Così, triste e distrutta proprio come quell'unico pezzo di cemento che divideva la Germania in due. Ero a pezzi, rotta come un vaso di ceramica.
E chi mi poteva aggiustare?
Ero destinata a vivere in quel modo, io, condannata ad avere la vita che non ho mai desiderato. Carter mi aveva fatta ammalare, me la sentivo addosso questa febbre, la morte. Non potevo avere la responsabilità di vivere una vita tanto difficile. Dio ha sbagliato ad assegnarmi tutto ciò, non avevo abbastanza forza, io ch'ero come un fuscello.
"Ti piace?"
Guardai Calum, alto, muscoloso che aveva gli occhi puntati proprio su di me.
"Ma tu cosa ci fai con una come me?"
Rimase zitto, stupito della domanda inopportuna che gli avevo appena fatto. Mi fissava con quegli occhi che sembravan chicchi di caffè e io mi sentivo piccola.
"Ti amo, Mel."
"Perché mi ami?"
"Non lo so, ti amo e basta."
Il discorso finì lì e non parlammo più fino al ritorno in albergo. Ormai erano quasi le dieci, il sole era già tramontato da un bel pezzo.
"Vieni a letto?"
Calum mi parlava da sotto le coperte che aveva tirato fin sopra la testa.
"Arrivo."
Corsi e saltai sul letto, infilandomi sotto le coperte insieme a lui che spense la luce immediatamente.
Ad un tratto mi accorsi che il buio mi faceva paura. Un gigante mostro nero che ingoiava tutto quello che trovava e io c'ero dentro, alla pancia del mostro.
"Calum, ho paura del buio."
"Cosa dici? Tu non hai mai avuto paura del buio."
Accese la luce e si mise seduto mentre mi guardava nascondermi sotto le coperte.
Mai così tanto come quella sera desiderai di morire all'istante, farmi mangiare viva, lanciare quella poca carne che m'era rimasta attaccata al corpo ai cani.
"Mel, ti prego, non iniziare" si lamentò.
"Vattene, perché sei ancora qui? Vai via!"
"Sta' zitta un po', non ce la faccio più."

Avevamo litigato e facemmo il viaggio di ritorno in due posti separati. Lui avanti e io dietro, eravamo una coppia di vecchi sposati.
Quando finalmente arrivammo recuperai la valigia che m'ero portata dietro e dovetti farmi aiutare da uno sconosciuto per tirarla giù dal nastro trasportatore. Calum se n'era andato prima, mi aveva abbandonata all'aeroporto senza avermi nemmeno salutata, non mi ha aiutata con i bagagli.
A quel punto pensai che doveva essere davvero furioso con me e invece era solo esausto.
"Melissa, hey, che coincidenza!"
Mi girai di scatto e vedere quelle due iridi verde smeraldo mi fece aprire il cuore. Harry era davanti a me, bellissimo come l'ultima volta che l'avevo visto, con i denti così bianchi che quasi luccicavano.
"Come stai? Ti sei ripresa?"
"Non ancora" dissi con un filo di voce.
"Ti vedo un po' giù, sei dimagrita."
Tagliò subito corto, mi strusciò la mano sul braccio, "io sto tornando a casa, posso accompagnarti."
Risposi di sì perché tanto ero rimasta sola come un cane, dovevo pur ritornare a casa in qualche modo.

La Range Rover di Harry era tutta nera, con i sedili in pelle e un compiuterino piazzato davanti al cambio manuale su cui teneva sempre la mano appoggiata.
"Ti porto a mangiare un boccone se vuoi."
Guardavo fuori dal finestrino mentre mi passavano davanti una fila di case tutte bordeaux. C'eravamo quasi, casa mia era a un miglio da lì.
"Non ho fame, grazie."
"Devi mangiare, Melissa. Sei dimagrita troppo."
Sentivo quelle parole venirmi ripetute fino alla nausea, non ne potevo più. Perché la gente non pensava a sé, che ancora aveva possibilità di salvarsi, invece di cercare di riportare a galla una mezza morta?
A stare con me diventi solo più malato.
"Sono stanca, Harry, non voglio mangiare" dissi guardando fuori dal finestrino. "Sono stanca" ripetei.

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Hey people, so che vi sono mancata. Vi sono mancata, vero?

Prima cosa: spero che il capitolo vi piaccia.
Avete visto come s'è conciata Melissa? Ouch, poverella. Chissà se riuscirà a superare questa situazione.
Adesso è arrivato anche Harry a romperle le palle.

Seconda cosa che volevo dirvi, la storia non avrà molti capitoli, quindi conto di finirla tra poco. LA FINE È VICINA *zan zan zan*.
Mi dispiace un po' terminare questa fanfiction, ricordo che ci avevo messo un'eternità per pensarla lol.

COMUNQUE, intendo porre fine a questa storia perché ho in mente di scriverne un'altra (ve pareva che non avessi iniziato a scrivere un'altra ff?), il titolo sarà "Sei di mattina", però devo ancora pensare bene alla trama. Poi vi aggiornerò.

Okay ora vi lascio, non v'annoio più.
Adieu, Marti.

Knockout, c.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora