Quella sera Christian stava facendo i conti con se stesso.I suoi occhi restavano fissi su un punto fisso, ciò che vedeva di fronte a sé era semplicemente parte del marmo, i suoi piedi e le gocce d'acqua che ricadevano sul pavimento bianco della doccia. Restava inerme sotto il picchiettare dell'acqua sulla sua pelle liscia, il suono dell'acqua faceva solo da sottofondo ai pensieri che gridavano nella sua testa.
Erano giorni e giorni che la sua mente era invasa da questi pensieri. Spesso non riusciva a concentrarsi a lezione, spesso mentre tutti parlavano lui restava nel suo mondo, estraniandosi da tutto il resto. Solo con i suoi dubbi. Non capiva se stesso. Non riusciva a capire cosa lo rendesse così nervoso. Era una sensazione strana quella che provava. Alle volte gli sembrava di poter affrontare il mondo intero, una forza innata si insediava dentro di lui, una felicità scarna, vera, rara, che era capace di farlo sorridere senza sapere esattamente per quale motivo lo stesse facendo. Poi però tutta questa felicità era sostituita da un senso di inquietudine e paura, un'angoscia capace di divorarlo pezzo per pezzo. Sentiva il pavimento cedergli da sotto i piedi, la terra squarciarsi in due e intrappolarlo tra radici di insicurezze e paure.
Non sapeva precisamente perché si sentisse in questo modo, o forse lo sapeva ma semplicemente non voleva capirlo. Non voleva accettarlo, aveva paura di accettare qualcosa che era così estraneo al suo essere. Ma questa sensazione c'era, e perdurava dentro sé. Sapeva ormai che non lo avrebbe lasciato, non fin quando nella sua testa avrebbe continuato a sentire quella voce. Quel suono continuava a riempire la sua testa come acqua piovana sulle falde dei tetti. Un paio di iridi blu riempivano la sua mente, mentre cercava di scacciare qualsiasi pensiero.
Decise di spegnere quelle parole asfissianti e pesanti che aleggiavano nella sua testa. Avrebbe allontanato ogni strana idea.
Chiuse il rubinetto della doccia, poi si allungò a prendere l'asciugamano bianco per poi arrotolarlo attorno ai suoi fianchi, stringendo una nocca al lato per far sì che si mantenesse.
Non appena uscì dalla doccia, si piazzò davanti al lavandino pronto per sistemarsi.
Sentì la porta aprirsi alle sue spalle. Non si voltò, ma guardò dallo specchio fissato al muro sopra il lavandino.Una chioma bionda si fece spazio dal traliccio della porta bianca, due occhioni blu rimasero per qualche secondo a fissarlo, poi un sorriso timido e genuino si disegnò sul volto di chi era appena entrato.
"Scusa Chri, non ho bussato. Non pensavo ci fosse qualcuno" disse semplicemente Mattia. Piccole ciocche di riccioli oro e castano chiaro gli coprivano la fronte, oscurando di poco quei profondi occhi mare. Le guance paffute erano leggermente arrossate, e uno splendido sorriso gli illuminava il volto.
"Tranquillo frate, devo solo asciugarmi i capelli."
Mattia rimase per qualche secondo a fissarlo. Fissò i suoi occhi nello specchio, incrociando lo sguardo del moro che sorrise quasi automaticamente, ma non per abitudine, o per sbaglio. Tutto ciò che faceva Christian aveva sempre un suo perché. Non faceva mai nulla solo per abitudine.Mattia sentì il suo cuore perdere un battito.
Era così tutte le volte che incatenava il suo sguardo a quello di Christian.Quegli occhi grandi, scuri, profondi. Non riusciva neanche a spiegarsi come potessero fargli questo effetto, ma tutte le volte, era come la prima volta che li aveva incrociati. I suoi occhi lo ipnotizzavano, erano ammalianti, ma allo stesso tempo dolci. Da quando lo aveva conosciuto aveva imparato che assumevano diverse sfumature rispetto alla luce sotto la quale si trovavano.