XIV - F*ck you, world

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Finché avrò fiato nei polmoni,
amerò.
E anche dopo.



Si buttò con la schiena all'indietro fino a toccare lo schienale della comoda poltrona del suo studio

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Si buttò con la schiena all'indietro fino a toccare lo schienale della comoda poltrona del suo studio. Era seduto lì sopra da oltre due ore senza neanche alzarsi per sgranchirsi un minimo le gambe, ed inutile dire che non ne poteva più.

Si massaggiò le tempie con fare nervoso e quasi ossessivo perché alla vista dell'ennesimo documento che doveva visionare sentiva la testa scoppiargli. Quella giornata - che ancora non era nemmeno terminata - gli sembrava essere durata settantadue ore: tra le lezione di economia la mattina in università e l'intero pomeriggio in azienda.

Quando il suo assistente bussò alla porta del suo ufficio, Nicholas prese la palla al balzo e scaricò tutto il lavoro incompleto su di lui, non potendone più di starsene tra quelle quattro mure.

Aveva bisogno di sfogarsi un po'.

Aveva bisogno di staccare anche solo per qualche ora, discollegare il cervello dal resto del corpo, perché ultimamente non faceva altro che pensare al momento in cui pochi giorni prima si era ritrovato davanti la porta di Villa Lawrence la sua vecchia amica d'infanzia.

Elisabeth Carter gli aveva sbattuto la verità in faccia senza alcuna pietà, senza alcuna paura.

La verità che in pochi conoscevano e che nessuno aveva avuto il coraggio di ammettere guardandolo negli occhi.

Neppure Dimitri l'aveva fatto.

Lui si era limitato ad insultarlo, rivolgendogli i peggiori insulti di sempre, quelli che mai si sarebbe aspettato di sentirsi urlare contro dal suo migliore amico. L'aveva persino riempito di pugni la sera della festa che aveva organizzato a sua insaputa a Villa Carter, rendendogli l'occhio sinistro violaceo e gonfio e spaccandogli il labbro, ma non gliel'aveva urlato contro come, invece, aveva fatto Beth.

E lui si era sentito male al solo udire quella frase, come se sentirla ad alta voce non faceva altro che renderla ancora più vera di quanto già non fosse.

Mentre guidava tra le strade newyorkesi al tramonto si guardava intorno ogni qual volta il semaforo fosse rosso, e non poteva far a meno di chiedersi che ne era stato della sua vita e del suo vecchio io. Persino New York non gli sembrava più la stessa, eppure i grattacieli erano sempre quelli che ammirava estasiato da bambino con il naso all'insù, sognando di arrampicarcisi sopra come Spiderman.

A quell'ora, sul finire del pomeriggio, la città era più affollata che mai, le persone si riversano in grandi masse sulle strisce pedonali senza neanche fare attenzione a non essere investite dai taxi che sfrecciavano da un quartiere all'altro.

E lui se ne stava lì, immobile, sul sedile del guidatore della sua auto, con lo stereo accesso ed il volume basso perché da quella mattina non sopportava niente e nessuno.

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