je t'aime beaucoup pas de tout

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hai quegl'occhi che ruberei, nel modo meno poetico possibile. con il pollice sotto la tua palpebra inferiore, la punta del polpastrello che si accomoda nella dolce fossa tra il bulbo e la cavità orbitale e spingere con delicatezza, fino a farmi ricadere i tuoi occhi nelle mani. dopo doveri solo strappare la guaina del nervo ottico, uno strattone dovrebbe bastare, per portarmeli via, tenermeli per sempre.

sapere che saranno miei per sempre, che guarderanno solo me, nessun'altra.

forse servirebbero le forbici, non vorrei rovinarli nel tentativo di rubarli al tuo sistema nervoso. pensa se mi si sfaldassero tra le mani, non potrei vivere sapendo di aver rovinato quanto di più bello ci sia.

avere i tuoi occhi per me ovunque io vada, le tue orbite vacue per me ovunque tu sia. poi sì che non ti dimenticheresti mai di me, nervo ottico e arteria sempre sulle guance, che ti ricordano di me.

li voglio, li voglio miei, per me. solo per me. non devono guardare altro se non me, nemmeno le tue stesse mani. le iridi scure solo mie, il mio nuovo specchio.

li conserverei in una collana, incastonati e volti verso il mio petto, contro il mio cuore. me li porterei sul comodino ogni sera, li appoggerei sul lavandino ogni mattina. in cucina, in salotto, nel parco; sarebbero sempre con me, sempre su di me, tutti miei.

continui a guardare il prato, jennie, ti rifiuti di capire. è proprio questo tuo guardare tutto, guardare troppo, c'ha insinuato nella mia testa questo desiderio viscerale di estirpare i tuoi occhi; un tarlo nel cervello che mi ricorda come amerei accoglierli sul palmo della mia mano e godermeli.

mi prenderei cura di te, del tuo bel viso privo dei suoi diamanti. terrei i tuoi bei occhi al sicuro e lo farei anche con te, ti aiuterei in tutto, ti accompagnerei dovunque. amerei le tue orbite vuote e scure, che hai permesso svuotassi per amore.

ti racconterei cosa ho provato quando li ho visti  sgusciare fuori dalle tue palpebre, com'è percepire il loro sguardo - il tuo sguardo - su di me mentre mi addormento, com'è tenerli tra le dita; mi sono sempre chiesta se la cornea fosse gelatinosa, se di profilo si può ammirare la stratificazione di cornea, iride, pupilla e cristallino.

e potrei riempire il tuo cranio di terra e piantarci girasoli, farli crescere nelle tue orbite e sbocciare oltre le tue palpebre. sul tuo bel viso, con le tue belle guance pesca, due girasoli sarebbero degni di prendere il posto dei diamanti che l'arricchiscono ora.

dondoli flebilmente sull'altalena, accanto alla mia. la gonna azzurra si solleva con il vento; non fossimo in un parco dismesso mostreresti pizzo rosa al mondo. i capelli scuri ti coprono il viso, hai la fissa di guardare in basso.

di non guardare me.

«sai che t'amo, vero?».

hai le gambe belle, jennie. sottili, lunghe, ammaccate; ti è sempre piaciuto lo skate. le cosce rosa che mi piacciono se sono sulle mie. le mani delicate attorno alle catene dell'altalena e hai dimenticato di nuovo di abbottonare la camicetta come si deve. tutta un casino, tutta bella.

anche la tua voce, che mi piace ancor più se ti alleni col francese.

«si».

sollevi il capo e hai le guance pesca come sempre, le sopracciglia un po' aggrottate nella costante confusione della tua testa.

«tu?».

sei tutta bella.

loro però, sono qualcos'altro. sono da museo.

da proteggere in una teca di cristallo, nella stanza più importante del louvre.

ed io, io la più famigerata ladra d'arte del pianeta.

«io, ti ruberei gl'occhi».

doveva essere semplice e carina, è diventato uno smaniare per cinquecento+ parole sul cavare gli occhi senza un senso né uno scopo.

diamanti. chaennieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora