Nell'invernale freddo di Kyoto, le spoglie strade percorse solo dalle auto e dai coraggiosi erano timidamente illuminate dai lampioni presenti sui marciapiedi. In una delle zone meno frequentate della città, situato in un vicolo secondario estremamente difficile da trovare e percorrere, vi era un piccolo ma accogliente locale dal nome "Ginga". Il locale non era altro che una delle tante fotocopie dei ramen bar sparsi un po' ovunque per tutto il Giappone, ma da fuori si poteva percepire una naturale sensazione di tranquillità e protezione. La struttura, che a causa della posizione poco favorevole, era spesso e volentieri supportata dagli abitanti della zona e del distretto, ormai abituati alla storica presenza del locale. Il Ginga inftati era uno se non l'unico ristorante "antico" ad essere sopravvissuto all'industrializzazione e all'evoluzione delle varie catene e dei colossi della ristoratura, dando un valore simobolico e cultura non solo al distretto in cui era situato, ma anche ai suoi abitanti. Poco distante dal locale, una fanciulla dai capelli ondulati di media lunghezza e di un rosso cremisi, si guardava attorno con occhi perduti e sguardo preoccupato fino a quando, grazie a una fortunata serie di eventi, non capitò davanti alla porticina in legno scorrevole del Ginga. Attirata dall'odore e dal silenzio che dominavano il locale e i suoi dintorni, decise di entrarvi in modo anche da poter chiedere spiegazioni sul come ritrovare la strada che doveva seguire, siccome si era persa. Entrando, la prima cosa che notò fu una piccola stufetta posizionata in uno dei quattro angoli della struttura, utilizzanda probabilmente per provare un minimo a riscaldare l'aria presente all'interno dello stabilimento. Seppur fosse di piccole dimensioni e logorata dai segni del tempo, l'efficacia della tenace stufetta era davvero sorprendente, talmente tanto che costrinse la ragazza a togliersi il giaccone beige che indossava. Guardandosi attorno, notò che il locale era suddiviso in una maniera peculiare: a separare la cucina dai pochi tavoli presenti per i clienti, vi era un bancone in legno davanti alla quale erano posizionati alcuni sgabelli, segno che i clienti potevano mangiarci davanti e appresso. I tavolini erano pochi ed erano tutti stati posizionati vicino alle finestre presenti sui muri, che davano vista sulla stradina silenziosa sulla quale si affacciava il ristorante. Una radiolina posizionata su uno scaffale vicino al bancone vivacizzava un po' l'ambiente, passando della musica che proponeva la radio, senza mai fermarsi un secondo. Vari oggetti di ogni tipo erano esposti qua e là per tutto il locale: dai souvenir agli oggetti ricercati e pensati esclusivamente per creare ambiente, che effettivamente avevano la loro efficacia. La ragazza notò inoltre che vicino ad un ulteriore porta scorrevole, che dava accesso alla cucina, vi erano delle scale che portavano ad un piano successivo, cosa che fece pensare alla fanciulla che chi gestiva il tutto, probabilmente abitava anche nello stesso palazzo. Dopo essersi guardata un po' attorno ed essersi seduta su uno degli sgabelli situato vicino al bancone, vide apparire dalle scale un giovane e alto ragazzo dai lunghi e buondì capelli a punta, che in quel momento teneva legati con un codino alto. Ciò che risaltava di più tuttavia non erano i sottili e aguzzi occhi castani, bensì la quantità di piercing e tatuaggi che portava sul corpo, che fortunatamente (parlando per i tatuaggi), non arrivavano almeno fino al volto. Il ragazzo indossava una normale e sottile camicia bianca, che a causa del calore e probabilmente del sudore presente sul corpo del giovane faceva intravedere ulteriori tatuaggi, e dei lunghi pantaloni neri a vita alta. Il ragazzo si avvicinò e, dopo aver preso velocemente il breve menù del locale, esordì rivolgendosi all'unica cliente presente:
- Benvenuta al Ginga, non ricordo di averti mai visto qua dentro, sei nuova da queste parti?
Domandò il ragazzo, porgendole il menù.
Il volto sorpreso della ragazza confermò quanto detto dal ragazzo, o magari il locale era talmente sconosciuto che a frequentarlo erano sempre le stesse persone.
- Effettivamente sì, mi sono trasferita da poco a Kyoto per lavoro, ma non sono mai stata in una grande città e ho perso subito la strada...
Spiegò la ragazza, sorridendo un po' imbarazzata.
Il giovane rimase in silenzio per qualche secondo, replicando poco dopo:
- capisco, effettivamente chi proviene dalla campagna deve metterci un po' per abituarsi alla città e alla sua vita. Anche a me è successa la stessa cosa, venendo da una piccola città dell'Hokkaido.
Spiegò il ragazzo, mentre nel frattempo diminuiva la potenza della stufetta.
- Io vengo dal Kansai ed è la prima volta che vedo Kyoto, forse per me sarà ancora più traumatico...
sussurrò, ricordandosi solo poco dopo di dover fare un'ordine:
- ah... prendo dei semplici ramen...
Il ragazzo fece un okay con le dita e sparì dopo aver oltrepassato la porta scorrevole che dava accesso alla cucina... o al bancone, a dipendenza dalla parte da cui si proveniva.
La ragazza rimase leggermente affascinata dai modi gentili e scherzosi del ragazzo, non che avesse detto chissà che di divertente, ma la naturalezza con cui si comportò pur essendo una nuova cliente, fu qualcosa che lasciò alquanto sbalordita la fanciulla. Dopo neanche qualche minuto, il giovane ragazzo riapparve con in mando una calda ciotola di ramen appena preparati e una soda alla fragola e, con un sorrisetto, disse:
- ecco a lei, la bibita è offerta dalla casa.
Appena posò la ciotola, la fanciulla fu immediatamente colpita dall'aspetto estetico della pietanza appena servita, che pur essendo il lavoro di un giocane cuoco di un locale semi sconosciuto, si presentava in modo assai invitante. Prese le bacchette e, dopo aver ringraziato per il pasto, tirò verso di sé la pasta immersa nel gustoso brodo nella quale ai trovava immersa. Dopo averla masticata e deglutita, i suoi occhi si accesero e, con grande entusiasmo, esclamò:
- complimenti, è davvero buono!
Il ragazzo assunse in volto un'espressione soddisfatta, fermandosi ad osservare l'entusiasta cliente mentre divorava il suo pasto.
Qualche minuto dopo, la ciotola era vuota e la pancia piena, entrambi semplicemente persi a parlare:
- io comunque mi chiamo Ren, Nichijiri Ren
Disse il ragazzo, dopo aver messo via la scodella
- io mi chiamo Ume Richiashi, cercherò di non essere troppo invadente ma per favore, prenditi cura di me nel caso mi perderò di nuovo.
Replicò la ragazza in maniera molto formale.
- Dimmi un po' Ume-san
Esordì Ren, riprendendo poco dopo parola:
- come mai ti sei trasferita qui? Mi ricordo che hai detto per lavoro, ma qual'è esattamente questo lavoro? Se ovviamente posso sapere.
- Non c'è problema alcuna!
Esclamò la ragazza agitando le mani, riprendendo la conversazione:
- Sono diventata da poco insegnate di scuola materna e dopo un periodo passato come "assistente", ho avuto un colloquio mi sono dovuta trasferire qui. Mi piaceva l'idea di mettermi in gioco e provare una sfida di questa portata, non sono una ragazza che rischia molto...
Ume notò che l'espressione presente sul volto di Ren era a metà tra il sorpreso e il pensieroso:
- quindi mi staresti dicendo che sei un'insegnante? Quanti anni hai esattamente?
Domandò.
- Venticinque...
sussurrò la ragazza.
Per un momento, il silenzio calò per la prima volta all'interno del locale, ma il ragazzo si riprese piuttosto in fretta e riaccese il fuoco della conversazione:
- beh, è stupefacente credo, mi sembri anche giovane per essere insegnante, ma può darsi che mi sbaglio, ormai non frequento il clima scolastico da un po'.
Disse Ren.
L'ultima affermazione incuriosì Ume, che ne approfittò per soddisfare la sua sete di curiosità:
- io posso sapere un po' su di te invece, Ren? Di quello che vuoi, non c'è un'ambito particolare che voglio sapere, di solo quello che pensi sia interessante dirs
Spiegò.
- Per me in realtà non è un problema parlare di me, cosa vuoi sapere? Della mia affermazione inerente alla scuola, dei tatuaggi e così dicendo?
Domandò Ren.
La ragazza fece cenno di sì con la testa, facendo così dunque partire il ragazzo:
- Ho smesso di frequentare scuola quando sono arrivato qui a Kyoto, non ho mai finito il liceo perché non facevo in alcun modo parte di quello schema. Mio zio gestisce questo locale e vivo assieme a lui, in cambio mi offro volontario per aiutarlo qua e là con il ristorante, che sia cucinare o servire i clienti. Per i tatuaggi invece, semplicemente mi affascinava la cultura occidentale verso l'aspetto estetico, non esistono pregiudizi in occidente e ho fatto di quel pensiero la mia filosofia, ma capisco ovviamente che qui in Giappone la cosa non è vista si buon occhio, ci sono abituato. L'importante per me è che le persone del distretto abbiano capito che io non sono affiliato alla Yakuza né tantomeno io sia un delinquente, per il resto non mi pongo tanti problemi.
Spiegò.
Dopodiché il silenzio calò nuovamente nel salotto, dal tono e dalle parole del ragazzo sembrava fosse tutto a posto, eppure Ume quasi si sentiva in colpa nell'aver chiesto a Ren di raccontarsi.
Il suo sguardo e i suoi pensieri tuttavia cambiarono immediatamente appena vide il ragazzo sistemare dei bicchieri e le varie carte del menù in posti particolari, sul lato del bancone e lontano dagli altri tavolini. La curiosità fu praticamente spontanea, e Ume non riuscì a trattenere la sua curiosità:
- che cosa stai facendo? Non per essere cattiva ma non vedo altri clienti, perché stai apparecchiando vicino a quelli sgabelli?
Domandò la ragazza.
Il giovane mostrò un sorriso divertito e replicò:
- oggi è il giorno del club!
Ume inizialmente non capì appieno quella risposta, cosa significa esattamente "giorno del club?" Il Ginga magari ospitava qualche club della zona? Il club di calcio locale, magari?
Dopo qualche minuto, la porta del locale si aprì e da essa apparvero le figure di due persone, un ragazzo e una ragazza.
Appena misero piede nel locale, Ren e i due nuovi clienti esclamarono nello stesso momento e in totale sincronia:
- Benvenuti al Kyoto Ramen Club!
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Kyoto Ramen Club
RomanceNelle suggestive vie delle strade secondarie di Kyoto, vi è un poco frequentato locale di nome Ginga, un piccolo ramen bar sconosciuto anche dalla stessa gente di Kyoto. Al suo interno vi lavora il giovane Ren Nichijiri, un ragazzo di diciotto anni...