19. L'ultima prima volta.

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Durante il tragitto verso casa cantammo a squarciagola qualsiasi canzone passasse in radio, a partire da quelle pop fino ad arrivare all'hard rock.
I finestrini completamente abbassati facevano in modo che la macchina fosse continuamente arieggiata, lasciando che i miei capelli svolazzassero a loro piacimento.
Di tanto in tanto scoppiavamo a ridere senza alcun motivo apparente, poi ricominciavamo a cantare anche le canzoni di cui non conoscevamo i testi.
Stavo bene, riuscivo a sentire un calore nel petto che non percepivo da anni.
Passammo tutta la mattina a gironzolare senza una meta ben precisa, fin quando, arrivata l'ora di pranzare, Noah decise di accostare davanti il Mc Donald's.
Mi lasciò sola in auto qualche minuto, quando lo vidi uscire con entrambe le mani occupate a reggere due buste che sembravano essere abbastanza pesanti.
Quando rientrò in macchina mi porse una delle buste ed iniziammo a mangiare.

«Non mangiavo questa roba da un sacco» borbottai con la bocca piena di patatine, provocando un suo sorriso.

«Perché?» chiese innocentemente, prendendo un morso del suo panino.

«Alla nonna non piaceva molto il fast-food, diceva che per avere un fisico impeccabile bisognasse mangiare verdure e carne grigliata. Nient'altro» feci spallucce, bevendo qualche sorso di Coca-Cola.
«E nonostante mia nonna ci abbia lasciate anni fa, io e Paige continuiamo a non mangiare queste "schifezze"» mimai le virgolette con le dita, notando Noah annuire comprensivo mentre addentava per l'ultima volta quel panino.

«Da oggi in poi istituiremo il giorno del Mc Donald's. Ogni sabato verremo qui e proveremo un panino diverso. Ci stai, bambina?» chiese sorridendo, mentre tendeva la sua mano verso di me.
Annuii battendogli il cinque, prima di notare la confezione di patatine praticamente vuota.
Mangiammo frettolosamente tutto quello che era rimasto nelle buste, poi ripartimmo senza meta.
Dopo un'oretta arrivammo davanti una staccionata in legno, dove Noah parcheggiò e mi incitò a seguirlo.
Così scesi dall'auto con un sopracciglio alzato, ponendogli domande a cui sfortunatamente non rispose mai.

«Dovresti provare ad avere un po' di pazienza, sai?» chiese ironicamente ridacchiando, mentre teneva la mia mano fredda nella sua.

«E tu dovresti fare meno lo stronzo, sai?» arricciai il naso, mentre il suo passo accelerava minuto per minuto.
Sentivo delle goccioline di sudore scendere lungo la mia fronte corrugata, mentre le gambe iniziavano a stancarsi.
Stavo quasi per lamentarmi, quando sentii il rumore delle onde e l'odore del mare.
Rimasi immobile a guardare quell'enorme distesa di acqua blu infrangersi contro i grandi scogli scuri, quando un ricordo mi tornò in mente.

«Dai, prendimi se ci riesci!» risi iniziando a correre, mentre sentivo i passi pesanti di Paige seguirmi.

«Smettila di fare la bambina e dammi la crema per il sole, Faith» mi urlò contro seccata, tendendo le braccia in avanti per evitare una possibile caduta.
Continuai a correre, il vento faceva svolazzare i miei capelli qui e lì a suo piacimento e i miei polmoni sembravano non aver mai respirato aria più pulita di quella.
Ero felice, spensierata.
Lo ero fin quando lei non mi colpì in pieno viso.
Mi fermai di scatto, lasciando cadere il barattolino bianco della crema sulla spiaggia calda.
Paige mi affiancò, sbiancando all'improvviso.

«Chiedi scusa» sibilò ad un palmo dal mio viso, facendomi indietreggiare di un passo.

«Ma mamma io...».
Un altro schiaffo.

«Chiedi scusa ho detto» urlò questa volta, mentre Paige si parava davanti il mio esile corpo tremolante.

«Mamma, stavamo scherzando. Non... non mi serve nessuna scusa, davvero» mormorò provando a mantenere il tono di voce più fermo di cui era capace, ma nostra madre la allontanò da me con un movimento rapido.

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