[Se volete, vi consiglio di ascoltare "Farfalle" di Sangiovanni come sottofondo per questo capitolo]
Qualche volta, Alessandro deve domandarselo – a che servirà poi, vestirsi di tutto punto, quando esisterà sempre qualcuno in grado di spogliarti fino all'anima senza emetter fiato.
A Riccardo non lo dice.
Anche se, a volte, vorrebbe riuscire a spiegarglielo – chissà se capirebbe.
2. Ho perso le emozioni, me le ritrovi tu?
Deve domandarsi come abbia fatto, a ridursi in quello stato – con i vestiti stracciati, brandelli di carne che gli penzolano dal cuore e crollano giù, se abbia un senso quel che sta pensando o se sia tutto l'ennesimo gioco di specchi che la sua mente insiste nel propinargli: Alessandro non dorme da due notti. La prima, passata a pensare a Riccardo sul letto, a Riccardo spogliato al pari di lui, ma mai dalle parole – fatti.
La seconda, ad ascoltare i propri silenzi: Riccardo non ha sbattuto i piedi, non ha parlato al telefono con sua madre, non ha camminato su quel soffitto di cartapesta. Alessandro, che pur nel silenzio vi ha costruito la propria anima, ne ha sentito la (dolorosa) mancanza.
Perché, per quanto sia crepa insensata nello spazio che slarga le parole, Riccardo è fatto di rumore: e, sentirlo, è divenuto l'unico modo che Alessandro pensa d'avere per saperlo comprendere. E, alla fine di tutto questo, quando finalmente tornerà a dormire nel proprio letto, con il ritmico ticchettio di un orologio da polso a scandire i suoi sogni, probabilmente ne sentirà la mancanza. Ma che senso ha?
Ridursi ad elemosinare del rumore. Guarda come ti sei ridotto, s'è detto quella mattina sfiorandosi le occhiaie davanti allo specchio, guarda che fine hai fatto per un ragazzino: ha diciannove anni, così tanti pensieri in testa che fa male (malissimo) cercare di entrargli dentro. E dover ammettere che, a ruoli invertiti, non è l'unico modo in cui Alessandro vorrebbe segnarlo – almeno quanto Riccardo, con un semplice sorriso, sembra in grado di segnare lui.
Guarda che fine ti sei ridotto a fare: il tempo passa per tutti, questo è vero, ma perché tu no? Ti sei cristallizzato come una bottiglia di Coca Cola lasciata in freezer e, adesso che cerchi il disgelo, non trovi acqua calda da nessuna parte. E Riccardo, che è campione nello riscoprire l'acqua calda, gli dice che.
Che la notte Giulia russa, che è raffreddata, e che lui non riesce a dormire da solo – un bambino che ha perso il suo orsacchiotto preferito proprio la notte in cui i suoi genitori hanno deciso che deve dormire in camera sua – e, allora, gliel'ha chiesto. L'ha definita ospitalità.
«Non ci pensare nemmeno» gli ha risposto Alessandro. «Sei abbastanza grande per dormire da solo».
Eppure, ed è pensiero che gli scardina i ganci che tengono l'anima ancorata alla pelle e quello che vi sta dietro, se s'addormentasse in quel divano o in quel letto, Riccardo tornerebbe dolorosamente piccolo. Semplice da stringere – mai da spezzare: perché, nonostante la differenza d'età, è Alessandro quello maggiormente frangibile.
Riccardo non supplica, non sa come si faccia. Ma lo guarda negli occhi e ride, facendolo tremare.
«Puoi dirmi di no, ma vengo lo stesso» commenta, divertito. «So che non avresti mai il coraggio di farmi dormire in corridoio».
«Scommettiamo?».
«Scommettiamo».
Ma, la verità che Alessandro deve masticare per tutto il giorno, insieme all'insonnia e alla caffeina che ha ingerito per tutto il giorno, è che le scommesse non sono il suo pane – sono farinose, con troppo sale e, se lasciate sedimentare nel tempo, dure. Che è il motivo per cui, quando Riccardo bussa alla sua porta alle tre di notte, con l'aria assonnata e un pacco di tappi per le orecchie (a quanto pare, inutili) tra le braccia, Alessandro si sposta per farlo entrare in camera.
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Nudo con i brividi || Blamood
FanfictionPrendimi, usami, strappami la camicia. Alessandro non dice una parola - mai: è sempre Riccardo, quello che sa colmare ogni silenzio, aggrappandosi alle virgole e alle parole come se dovesse usarle per risalire la montagna che, inevitabilmente, li se...