Il coraggio di mettersi in gioco

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Gianluca


"Laura sei tu?" bofonchiai

Non mi rispose nessuno, eppure ero certo di aver sentito la porta della mia camera aprirsi...o richiudersi.

Con ancora un po' di stanchezza nelle membra riaprii gli occhi e mi ritrovai ad osservare i raggi del sole morente, che penetravano all'interno della stanza attraverso la larga finestra alla mia sinistra.

Quanto era bello il caldo che emanavano, quanto era bella la luce.

Amavo il sole.

Come un'idiota rimasi ad osservarne i raggi fino a quando la mia gola non richiamò la mia attenzione.

Avevo una sete tremenda.

Con qualche sforzo cercai di mettermi a sedere sul letto facendo leva sui gomiti.

Una fitta lancinante mi attraversò il petto, e mi costrinse a stringere i denti. Cercai di non farci troppo caso, ma era davvero dura. 

I medici non facevano altro che somministrarmi antidolorifici ed ordinarmi di fare attenzione nei movimenti.

Recuperai un bicchiere in plastica, e rimasi sorpreso quando notai un portachiavi sul comodino.

Me lo rigirai fra le dita.

Era particolare. Bello.

Un cavallino a dondolo,  in argento.

Non rientrava di certo nei gusti di mia madre o in quelli della mia ragazza.

Chi l'aveva lasciato qui, allora?

Un mezzo sorriso affiorò spontaneo sulle mie labbra.

La mia immaginazione pensò a quella ragazza, che mi era rimasta accanto la notte dell'incidente.

Ma era impossibile.

Perché sarebbe venuta qui? Non mi conosce neanche

Aveva già fatto abbastanza per me. 

Eppure...da quando mi ero svegliato in ospedale non avevo fatto altro che pensarla, desiderando d' incontrarla ancora una volta per ringraziarla di persona per ciò che aveva fatto per me. Dovevo conoscerla, dovevo dirle che le ero grato per le sue parole, per la sua vicinanza in quel particolare frangente. 


 

Ester 

 

Altra notte.

Ero pronta.

Mi sistemai meglio la mini-gonna, il giubbotto rosso lo lasciai cadere a terra.

Faceva sempre più caldo, ormai.

Era l'inizio d' Aprile; il sudore m'imperlava la fronte.

Con una mano sul viso osservavo le auto sfrecciare a gran velocità a meno di un metro da me ed Anastasia.

Ero stanca di quella vita.

Ero stanca di non poter vivere la mia età come una ragazza qualsiasi.

Ero stanca d'immaginare la mia vita come un oggetto, come se non valesse nulla.

Ero stanca di non sognare...stanca anche solo di credere di non poter permettermi di sognare.

Chiusi gli occhi.

Mamma, mi manchi...ma perché hai sposato un uomo tanto crudele?

Mamma, perché?

Broken Ice...l'amore è bianco o neroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora