«Ma che ce devo fa co sta Polaroid? Ma poi sei sicura che funziona?»
Manuel si rigirava la vecchia macchina fotografica tra le dita, avvicinandola al viso e guardando attraverso l'oculare con un occhio, strizzando l'altro. Fece una foto alla madre che lo guardava con le mani sui fianchi, era stata lei a portargli quella vecchia polaroid trovata per caso in uno scatolone.
«No Manuel non fare foto a me che le sprechi, poi sono brutta.»
«Ma smettila, hai creato un angelo come me, non potresti mai essere brutta»Anita rise, coinvolgendo il figlio e si stese affianco a Manuel, con i piedi a penzoloni fuori dal letto.
Manuel stava esaminando i tasti e ogni componente di quella polaroid, non vedeva l'ora di usarla. Stava già iniziando a pensare a Simone davanti quell'obiettivo, avrebbe finito tutte le pellicole del mondo per lui.«Allora, cosa hai intenzione di fotografare?»
Manuel si morse l'interno della guancia, girando il volto per non far vedere alla madre che, a pensare al soggetto che aveva scelto, i suoi occhi si illuminarono di botto.
«Non lo so, al paesaggio probabilmente. Anzi, vado subito, grazie ma' te voglio bene»
Le rubò velocemente un bacio sulla guancia e si alzò, ebbe giusto il tempo di sentire sua madre che gli chiedeva di avvertirla se sarebbe rimasto a cenare fuori. Prese lo zaino che usava per la scuola, svuotandolo dell'astuccio e dell'unico quaderno che aveva, ovvero quello di filosofia, mettendoci dentro la polaroid per portarsela dietro. Estrasse il cellulare dei pantaloni mentre scendeva le scale e fece il numero di Simone.
«Pronto?»
«No non so pronto, che stai a fa'?»
Sentì la sua dolce risata risuonare in chiamata e le sue labbra si incurvarono inevitabilmente.
«Sto facendo i compiti di matematica che dovresti fare pure tu»
«Oh accanna co sti assi cartesiani, preparati che sto arrivando»
E come sempre, non gli diede il tempo di lamentarsi o replicare che chiuse la chiamata, partendo per casa Balestra.
Arrivò davanti la villetta, togliendosi il casco e individuò subito Dante seduto sulla sdraio con un libro tra le mani e gli occhiali scivolati sulla punta del naso.«Professo'»
cantilenò Manuel a mo' di saluto, facendo un cenno con la testa. Il professore alzò gli occhi dal libro e gli sorrise, ricambiando il saluto. Poi, nel giro di pochi secondi, davanti gli occhi gli si parò un metro e ottantacinque di pura bellezza.
«Finalmente li hai lasciati sti assi cartesiani, quasi quasi mi sento trascurato»
I denti bianchi di Simone si fecero spazio sul suo volto, illuminava più del sole il sorriso di quel ragazzo. Simone salì dietro Manuel sulla moto, afferrandogli i fianchi e incollò il petto alla schiena del maggiore che strinse d'istinto la presa sul manubrio. A Manuel quel contatto piaceva da morire, sentire le mani grandi del minore sulla propria pelle sotto il sole di Roma era una sensazione inopinabile. Arrivarono al parco, non era molto affollato per fortuna, il sole splendeva alto e scaldava tutta Roma, compresi Manuel e Simone che si erano già stesi sull'erba.
«Accendi la canna, io ti faccio vedere una cosa.»
disse a Simone guardandolo, passandogli la canna già fatta e il suo fedele accendino nero. Aprì lo zaino con lo sguardo del corvino che gli bruciava addosso e ne estrasse la polaroid, mostrandola con fierezza a Simone a cui si illuminarono gli occhi.
«Cazzo è bellissima! Dove l'hai presa? Posso vederla?»
Simone sembrava un bambino e Manuel si stava sciogliendo a guardarlo così entusiasta per quella polaroid rispetto a lui che ne capiva davvero poco di cose vintage. Gliela passò, prendendosi la canna e gli diede il tempo di osservarla così riuscì a godersi il suo volto illuminato dai raggi del sole e le ombre che marcavano i tratti spigolosi di Simone. Era così bello e Manuel si sentiva imponente davanti a quella bellezza e avvertiva il bisogno di dirgli quanto lo trovava bello. Era difficile per lui, ci sarebbe stato tanto lavoro da fare per accettarsi ma stava iniziando a pensare che per Simone lo avrebbe fatto volentieri. Quando il soggetto dei suoi pensieri gli passò la polaroid, Manuel decise che quella luce e quel volto meritavano di essere catturati da quella polaroid e d'istinto si avvicinò la macchinetta fotografica al viso e scattò senza pensarci due volte, vedendo piano piano fuoriuscire la foto. La prese e la osservò mentre un Simone incuriosito si avvicinò a lui e poggiò la tempia contro la sua.
«Se sono venuto male però non la tieni»
E Manuel rise perché quella era una delle cose più assurde che potevano uscire dalla bocca di Simone. Non sarebbe mai potuto essere brutto ai suoi occhi e soprattutto non gli avrebbe mai permesso di prendersi la foto, l'avrebbe custodita Manuel gelosamente.
«Io me la tengo, statti zitto»
Lo ammonì, guardando la foto diventare nitida. Avvertì una morsa allo stomaco, una sensazione stranissima che non riusciva a spiegarsi che si impossessò di lui non appena la foto si schiarì completamente mostrando Simone in tutto il suo splendore.
«Sei bello Simò.»
E Simone perse un battito non appena quell'affermazione giunse alle proprie orecchie che diventarono rosse proprio come le sue gote.
«Dici?»
«Dico. E sai che altro dico?»Simone deglutì e scosse la testa, avvicinandola senza rendersene conto a quella di Manuel che scrutava il suo viso per decifrarne tutte le possibili reazioni.
«Dico che muoio dalla voglia di baciarti Simò. Posso farlo?»
«Non chiedermelo mai più, fallo e basta.»Ebbe la forza di rispondere Simone solo perché aveva bisogno di sentire le labbra del maggiore sulle sue e non riusciva più ad attendere. Allora Manuel posò la polaroid di nuovo dentro il suo zaino e si allungò verso Simone, mettendo una mano sulla sua nuca per avvicinare ancora più il suo viso e incollare le loro labbra. Le loro bocche si congiunsero, i loro occhi si chiusero e le mani di Simone si posarono sui fianchi del maggiore per trascinarlo su di sé. Manuel si chinò verso di lui per far sì che le loro bocche fossero più vicine, per permettere alle loro lingue di sfiorarsi e ai brividi di impossessarsi di loro. Manuel fu il primo a staccarsi ma rimase con la fronte incollata alla sua, poggiò la mano sulla sua guancia e col pollice sfiorò la sua gota arrossata, perdendosi nel suoi occhi marroni che con la luce del sole erano più chiari del solito.
«Aspetta, sta fermo.»
Ordinò Manuel al minore, allungandosi verso lo zaino per estrarne nuovamente la polaroid. Puntò la macchinetta sui loro volti, con la mano libera avvolse il lato del suo collo e lo ribaciò, cliccando sul tasto per scattare la foto. La polaroid cadde sull'erba e i due si misero a ridere perché sembravano due dodicenni innamorati e si imbarazzavano forse un po' ma in senso positivo. Allora Manuel scattò di nuovo mentre avevano entrambi il sorriso stampato sul volto, gli occhi chiusi e le fronti ancora incollate.
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La mattina dopo, Simone trovò sul suo comodino la polaroid scattata il giorno prima i due si baciavano e accanto un foglietto su cui Manuel aveva scritto col pennarello indelebile.«Un'immagine vale più di mille parole, lo disse Confucio. Io ieri ti ho detto che non mi vergogno di amarti con quella polaroid e con questo pennarello ti dico muoviti a scendere che ti ho portato il cornetto alla marmellata che ti piace tanto.
-tuo, Manuel.»
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Polaroid | Simone x Manuel OS
Romance«Un'immagine vale più di mille parole.» -Confucio