La Legge Murphy

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«Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.»

Edward Aloysius Murphy

Esistono confini che non devono essere superati. Confini, che una volta oltrepassati, ti portano irrimediabilmente a delle scelte forzate e senza uscita. 

Nella mia vita, purtroppo, avevo da sempre dovuto superarli. Superarli per andare avanti, superarli per mettermi alla prova, superarli per sopravvivere. 

Sì, sopravvivere.

Non ero molto bravo a passare per la vittima della situazione, anche perché era una cosa che non avevo mai accettato. Non mi apparteneva.

Ed era proprio in quei momenti di sconforto e di impotenza, che cercavo quella forza che non avevo negli occhi di mia nonna o nella voglia di rivalsa che batteva dentro di me. Momenti in cui chiedevo a me stesso di oltrepassare quel limite per sentirmi più forte pur perdendo me stesso. 

Mi perdevo sempre.

Ma ogni volta che succedeva poi, avevo bisogno di stare per conto mio per riacquistare un po' di umanità e sollievo.

Sollievo, trovato molto spesso nelle acque limpide e cristalline della piscina che frequentavo abitualmente tutte le volte che ne sentivo la necessità. Tutte le volte che mia madre mi squarciava il cuore con i suoi silenzi e disprezzi lanciati attraverso i suoi occhi nocciola.  

Stringevo i pugni lungo il mio corpo cercando di rilassarmi misurando il respiro. Con gli occhi tremanti e chiusi mi chiesi innumerevoli volte se avessi avuto davvero la forza per contrastarla una volta incrociato il suo sguardo. I suoi occhi, ancora una volta, mi sfidarono pur non essendo fisicamente presenti. Serrai la mascella strizzando gli occhi dietro gli occhialini prima di lanciarmi dal trampolino senza pensarci ulteriormente. 

L'impatto con l'acqua era la parte che preferivo. Così improvvisa, così fresca, così avvolgente nella sua trasparenza. Con le braccia di chi voleva spaccare tutto quello che lo circondava, cominciai la mia corsa a suon di bracciate senza fermarmi un attimo.

Non so bene quante volte feci avanti e indietro per quella vasca olimpionica, ma ad un certo punto sentii l'esigenza di fermarmi. Mi addossai a bordo piscina stringendo tra le mani il quarzo bianco che lo componeva, quando alzai lo sguardo togliendo la cuffia blu mi accorsi di qualcuno che mi osservava.

« Hai intenzione di diventare il nuovo Massimiliano Rosolino? », la voce di Mirko, che se ne stava fermo sulle sue ginocchia, si confondeva con i classici rumori di quel luogo tanto famigliare per noi.

Sorrisi davanti agli occhi di quest'ultimo prima di togliere cuffia e occhialini. Avevo perso la cognizione del tempo.

« Avevo bisogno di sgranchirmi un po'... », affermai dandomi lo slancio necessario per poter uscire dalla piscina e sedermi sul bordo.

« Quello che ho visto non era solo uno sgranchirsi… sembrava proprio volessi travolgere tutto quello che ti passava davanti… »,  aggiunse Mirko sedendosi anche lui a bordo piscina. « Vuoi parlarne? »

Sospirai giocherellando nervosamente con gli occhialini che avevo ancora in mano guardando un punto indefinito della piscina.

« Mi, ti ricordi le notti passate a studiare come pazzi per entrare in fisioterapia? »

« Come potrei dimenticarle? Eri agguerrito… », rispose sorridendomi.

« Era il mio sogno… ma non il sogno di qualcun'altro… »

« Ricordo anche questo… »

« Fece di tutto per sabotarmi… come aveva sempre fatto nella sua vita… Lei aveva altri piani per me… »

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