«Non abbiamo mangiato.»
La sveglia rettangolare, con i suoi immancabili giganteschi numeri rossi e luminosi, posta sul comodino, segnava le quattro di notte in punto e Simone, dopo aver aspettato con impazienza che il numero nove fosse sostituito dallo zero spaccato e preciso, si lasciò scappare quella considerazione senza neanche accorgersene. Non sapeva neanche se l'aveva detto perché aveva davvero sentito il proprio stomaco brontolare o semplicemente perché, ripercorrendo ogni gesto compiuto quella sera, si era accorto che avevano saltato quel passaggio e un po' forse era anche colpa sua.
Spalmato su di lui, nel frattempo, c'era Manuel che ormai da ore, con la testa riccioluta poggiata sul suo petto, gli respirava addosso e gli sfiorava la pelle dell'addome con i polpastrelli, lentamente, riscaldandolo. Le dita di Manuel sembravano matite con cui venivano tracciati i nuovi contorni di Simone, come se quelli precedenti, sbiaditi e sporchi, fossero stati cancellati e – dopo aver soffiato via i residui fastidiosi di gomma – ne fossero stati disegnati di nuovi, più netti e precisi, che riuscivano a rappresentare Simone più di qualsiasi altro tratto. La delicatezza con cui Manuel si dedicava alla sua pelle a Simone era inedita, non solo nel suo rapporto col riccio, ma nei suoi rapporti in generale e si chiese se davvero ad essere amati ci si sentisse così.
Manuel, d'altro canto, andava avanti così da tempo e non accennava a stancarsi, alzando di tanto in tanto lo sguardo con la speranza di agganciare gli occhi di Simone per dirgli io sono qui, e stavolta non me ne vado via.
In quell'idillio tanto agognato, mille pensieri – ancora annidati e timorosi d'uscire fuori – aspettavano nella penombra, troppo dispiaciuti di disturbare quelle anime intente a studiarsi per imprimere al proprio interno le novità di cui l'altra si era vestita nel tempo, pur riconoscendone i tratti peculiari, quelli per cui si era inevitabilmente creato lo scontro primordiale.
Nessuno dei due era riuscito ad addormentarsi, nonostante l'evidente stanchezza. Avevano passato un'oretta buona a guardarsi e basta, entrambi stesi su un fianco, nella stessa identica posizione: una mano posata innaturalmente sotto una guancia e l'altra intrecciata con quella del compagno sopra le loro teste. Poi si erano detti di dover provare a dormire, ma probabilmente quella vicinanza così attesa non gli aveva permesso di chiudere gli occhi, per paura di perdersi anche la più impercettibile espressione dei loro volti o per paura che, quando li avrebbero riaperti, tutta la magia di quella notte sarebbe sparita, come due anni prima, come cinque anni prima.
E Simone stava pensando esattamente a quello quando aveva detto a Manuel che no, non avevano mangiato, perché in cuor suo fare una cosa in più quella notte avrebbe significato il prolungamento di quel momento perfetto, un modo affinché potesse creare un nuovo ricordo di quelle ore che gli erano sembrate così assurde e così impossibili da vivere.
Manuel, nel sentire la voce di Simone, si mosse leggermente, scendendo con l'indice sul suo inguine e sfiorandolo delicatamente. «A me pare che hai magnato pure troppo...» soffiò.
«Ma che coglione che sei.» Simone si apprestò a tirargli un buffetto sul braccio che si stava muovendo su di lui, col tentativo di fermare quella dolce ed eccitante tortura, ma l'intenzione d'attacco sfociò subito in una tenera carezza che iniziò a percorrere tutto il braccio, soffermandosi particolarmente sui tatuaggi che, conoscendo a memoria dal liceo, poteva non vedere bene al buio ma tracciarne perfettamente le forme, così come aveva fatto più e più volte nelle ore precedenti con quelli sul petto, i suoi preferiti.
«Non te la prendere con me, è colpa del vino.» Manuel colse la tacita richiesta di Simone di fermarsi, spostando la mano dall'inguine al fianco.
Il tono di voce era divertito ma accusatorio e Simone non riuscì a non scimmiottarlo. «Mo è colpa del vino eh? Dicono tutti così...»
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Di piccoli grandi ficcanaso e vino rosso | Simuel
FanfictionTra Lacryma Christi e Sangue di Giuda, due anime potrebbero tornare ad incontrarsi.