Capitolo 2

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NA: Scusate per l'introduzione prima del capitolo, devo darvi due infos. Ciò che è scritto in corsivo è un flashback e gli eventi di cui scriverò, che a volte sono accaduti veramente nella realtà, tipo questo che state per leggere, non sono in ordine cronologico.
Buona lettura, e spero che questo capitolo vi piaccia! I ringraziamenti in fondo!
Pando
 


And I can’t sweep you off of your feet
(E non riesco a farti cadere ai miei piedi)



Strano pensare a quante volte l’ho guardata, senza che neanche se ne accorgesse. È più forte di me, è come una calamita, ha qualcosa che senza volerlo mi attira verso di lei. Questa voglia di ritrovarmi da sola con lei, questa voglia di guardare ogni lato del suo viso, ogni espressione che, con la sua consueta sincerità, esprime senza remore. Ogni sorriso, ogni broncio, ogni sguardo perso tra la folla, perso nell’amore che ha per la musica, perso nei pensieri.

La guardo e non posso fare a meno di continuare a farlo, perché ogni volta che succede, ogni volta che il mio sguardo si posa su di lei, sento una scossa attraversarmi il corpo, sento i brividi incresparmi la pelle, il cuore accelerare. È inevitabile. Ho provato ad evitare di farlo, ho provato a non soffermarmi sulle sue labbra piene, così sensuali a volte che non vorrei far altro che baciarle, averle tra le mie, averle nei miei capelli, sentirle respirare il mio odore.

Mi limito ad osservarla da lontano. Da lontano fa meno male, da lontano non può accorgersene, non può intravedere i miei occhi lucidi, il mio sguardo perso, le mie labbra che cercano di non arricciarsi. Da lontano non può vedermi soffrire, non può venire verso di me, chiedermi cosa mi succede, e ricevere una risposta vaga. Da lontano posso vivere quelle emozioni che tengo segrete e nascoste, che sopprimo, che vorrei calpestare con i miei stessi piedi.

È stato difficile accettare che non mi avrebbe mai amata. E’ palese che mi voglia bene, ma come una maledetta sorella, e lo ripete così tante volte che a malapena riesco a sopportarlo.

“Ci vogliamo bene come sorelle”

Ogni volta che succede cerco di trattenermi, di non fare smorfie, di non mostrare ciò che sento. A volte riesco nel tentativo, a volte i miei occhi mi tradiscono e Lauren mi guarda con sguardo confuso. Io le sorrido e mi ricompongo, ancora schiava di un segreto che sento di non poter rivelare.
Ogni giorno cerco di focalizzarmi sul presente, sui fans, sulla famiglia, sulle amiche. Ogni giorno cerco di depistare quel pensiero, quel nome. E quando penso di esserci riuscita, si scontra contro di me come le onde di un mare in tempesta sulla riva, lei ritorna a guardarmi e io ritorno ad amarla.

Tante volte mi è capitato di sentire storie di persone innamorate. Ogni volta ho chiesto una semplice domanda: “quando ti sei resa conto di amarla?”. Loro mi hanno guardata, ci hanno pensato su, ma non hanno mai trovato un reale attimo in cui avessero consapevolizzato quello che stavano provando.

“Non c’è un momento in cui te ne accorgi, succede e basta”

Io tuttavia, ricordo quel momento come fosse oggi, ricordo il palpito del mio cuore, il mio sguardo sul suo sorriso, la mia pelle cosparsa di brividi. Ricordo la gratitudine, la felicità, la paura, ma quell’amore così forte, quell’amore così feroce, da non lasciarti un attimo per respirare, degli occhi da osservare, un corpo da sfiorare.

Seduta su di una sedia, la guardo mentre si prepara per un takeover. La guardo e assaporo quel momento, quell’attimo in cui tutto è cambiato, un cui Lauren è diventata qualcosa di più, in cui Lauren ha smesso di essere una semplice amica, trasformandomi in un vortice di emozioni che quasi non so classificare, in un vortice di etichette e pensieri malsani, in una Camila che non avevo mai incontrato e penso farò fatica a togliermi di dosso.

--

Mi sveglio sudata, ancora. Mi sveglio di nuovo con il cuore che sussulta, la pelle amida di sudore, i capelli appiccicati alla fronte. Mi sveglio con la bocca impastata, lo sguardo concentrato sul soffitto. Qualcosa è diverso. Abbasso lo sguardo e incontro gli occhi di mia madre, che mi guardano con apprensione. Inizialmente non capisco, cerco di tirarmi su ma le ossa mi fanno male, ho il corpo che risente di ogni mio movimento. Riesco a mettermi seduta e mi rendo conto di essere in ospedale. 

Ospedale? 

“Mija..come stai?”

La guardo stralunata, cercando di connettere il cervello alla lingua, cercando di capire come fossi arrivata in quella stanza tiepida ed insipida. Non ho un ricordo particolare. Poco prima di addormentarmi mi stavo scaldando, un po’ agitata per la serata, una sensazione che non mi lasciava mai prima di salire sul palco: ansia ed eccitazione.

Cos’era successo?

Riguardo mia madre, in piedi di fronte a me, che mi scosta i capelli dalla fronte.


“Come mai sono in ospedale?”

Lei mi sorride, quel sorriso di conforto che ho sempre amato, quel sorriso che solo le mamme ti possono dare.

“Sei svenuta. Non è niente di che, stress e calo di zuccheri insieme non è un buon mix”

“Non ricordo niente”

Mi sento intontita e debole, stanca e spossata.

“E’ successo prima del concerto. Ti sei sentita male e abbiamo subito chiamato l’ambulanza. I dottori hanno detto che puoi uscire domani mattina, vogliono che riposi”

Il pensiero del concerto mi spiazza.

“Dove sono le ragazze?”

“Si sono esibite un’ora fa”

Il mio cuore sprofonda e vorrei soltanto ritornare a dormire. Vorrei tornare a dormire, risvegliarmi domani mattina, senza incubi o immagini distorte. Non può essere, mi sono saltata l’ultima serata. Sbatto la testa contro il cuscino, una rabbia dentro che mi lacera. 

“Non ci credo, non ci credo”

“Mija so che ci tenevi, ma la salute viene prima. Devi cominciare a mangiare di più e più zuccheri. Mangiare salutare fa bene, ma tutto lo stress che hai infligge sul tuo corpo. Bruci più calorie di quelle che ingurgiti, non puoi continuare così”

La guardo, consapevole del fatto che abbia ragione. 

“D’accordo, mangerò di più”

Faccio il muso e mi giro su di un lato, chiudendo gli occhi. Vorrei solo ricominciare a dormire. Niente e nessuno in questo momento potrebbe risolvere questa situazione. Ho saltato la serata, ho lasciato le ragazze senza di me, ho lasciato che il mio corpo avesse la meglio sulla mia mente. Non ho voglia di sentire nessuno, ho solo voglia del respiro pesante di quando ti stai per addormentare, degli occhi che si chiudono, delle labbra che si aprono, dello sguardo che si addolcisce.

Sento ancora la mano di mia madre che mi accarezza la fronte.

“Vado a controllare che sia tutto a posto. Dormi, ti può far solo star bene”

Annuisco un po’ intontita, così stanca, il mio corpo così debole, la mia rabbia così profonda, che tutto dentro di me chiede aiuto. Voglio solo dormire.

Sento un’altra volta delle dita sfiorarmi il viso, ma questa volta il tocco è diverso. È delicato, sottile. La mano è calda, il tratto tremolante. Riconosco il profumo. Non apro gli occhi, mi godo quella carezza lasciando alla persona che ho di fronte a me il tempo che le serve. Posso sentire il sorriso sulle sue labbra. 

“Ti sei presa un giorno di vacanza a quanto noto”

Sento la bocca aprirsi, il cuore alleggerirsi, la rabbia scemare, con calma ed esitazione. 

“Ero stanca di dormire in stanza con te, tutto qua”

La prendo in giro, rispondendo alla sua battuta. 
Apro gli occhi e la vedo, apro gli occhi e anche se all’inizio la sua figura è sfocata, mi rendo conto che potrei riconoscerla in mezzo a qualsiasi folla. È lì in piedi, uno sguardo tra il preoccupato e rincuorato. Qualcosa cresce dentro di me, qualcosa sale nel mio stomaco e tocca il mio cuore. È come un guizzo, un attimo, un fulmine a ciel sereno. Quando la mia vista ritorna perfetta, riconosco la mano di Lauren appoggiata sulla mia, ora seduta sul bordo del letto. 

Il cuore comincia a palpitare come mai è successo prima. La mia mano, stretta nella sua, le mie dita, intrecciate alle sue, tremano. Sento un formicolio attraversarmi il corpo, una scarica elettrica, una forza nuova. La guardo ancora, sorpresa di un sentimento che non avevo mai riconosciuto, di una sensazione che mai prima avevo provato. La mia bocca forma una O, quando i suoi occhi verde smeraldo indossano uno sguardo stranito. Poi le sue labbra mostrano un’espressione offesa. 

“Credevo che non aspettassi altro di dormire con me, invece”

Gioca con le mie dita, un broncio sul viso che non attraversa gli occhi, così luminosi e sereni.

“Beh diciamo che i piedi freddi sulle mie gambe li eviterei volentieri”

Non sono io a parlare, o perlomeno è il mio cervello che sta dando risposte automatiche, perché io non riesco neanche a pensare. Non riesco a pensare. Sento la testa calda, il cuore correre a più non posso. La rabbia che avevo prima è svanita con un suo solo sguardo, un solo tocco, un solo sorriso. 

Per la seconda volta quella notte, la mia testa riesce a formulare solo una domanda: cos’è successo? 
La risposta la so, è lì che freme per uscire, per farsi scoprire. Gioca a nascondino con le mie paure, che cerco di spazzare via ma sono ancora troppo rintanate in me. Cerco di ristabilire il battito, di non dare a vedere il conflitto che ho dentro, il sentimento che ancora non riesco a riconoscere.

Lei mi stringe la mano e questo non aiuta di certo.

“Piuttosto che farti dormire in un letto del genere la prossima volta metto le calze – dice sorridendo, con lo sguardo un po’ triste – e sai
quanto le odio!”


Concentrati su Lauren. Concentrati su quello che sta dicendo. Non tradirti. Concentrati su Lauren. Ma in realtà scopro di essere concentrata su Lauren, solo non su quella attuale, ma sulla ragazza che ho conosciuto alle audizioni. Rivivo tutti i momenti che abbiamo vissuto, tutte le sensazioni che ho provato, quell’attaccamento e quelle emozioni che ho sempre provato quando ero a contatto con lei. Quella gelosia ingiustificata, quello scambio di sguardi e carezze. Ripenso a quella Lauren e il mio cuore spinge sull’acceleratore. Ma ancora la risposta non ce l’ho, ancora non capisco, ancora non voglio capire.

“Grazie della concessione allora”

Le sorrido e le ride, portando indietro la testa, com’è solita fare. Il mio cuore si apre e quel suono rimbomba nelle mie orecchie.

La amo.

È questa la risposta. Come un macigno che cade in mare, come un’aquila che riprende a volare, come un spintone sulla spiaggia di un amico, come la spina della rosa con cui ti pungi, e la bocca che succhia il dito.

La amo.

Questa parola prende forma e ora le mie emozioni hanno un nome. Un’etichetta che fa male, che ti punge dietro il collo, che definisce chi sei. Il cuore sprofonda, la mente diventa bianca. Non riesco a parlare, non riesco a dirle niente.

“Mi sei mancata stasera, è stato strano essere sul palco senza di te”

Quelle parole mi colpiscono come mai prima. Mi sarei dovuta abituare a quelle sensazioni così forti da farmi fischiare le orecchie?

Concentrati, concentrati.

“E’ andata bene?”

Cerco di mettermi seduta meglio, godendo del contatto del suo corpo caldo contro il mio. 

“E’ andata bene. Le altre stanno finendo il takeover, si cambiano e arrivano”

Il pensiero che Lauren si sia precipitata in ospedale senza neanche salutare gli altri mi accalora le guance, timida e insicura.

“Grazie per essere venuta subito”

Mi sento riconoscente e grata.

“Non avrei mai aspettato troppo tempo, non ci fosse stato il takeover ti avrei raggiunta subito. Ho chiamato e mi hanno detto che stavi dormendo, quindi comunque non sarei stata molto utile qui”

Mi sorride e io stringo la stretta nella sua mano, contenta della sua presenza, nonostante il conflitto interiore. Poi, con tenerezza, passa le dita dell’altra mano sulla mia guancia, strofinandomi il pollice sulle labbra. Non l’ha mai fatto, non mi ha mai toccato le labbra in questo modo. Non è un gesto usuale, non è un gesto ricorrente. 

Mi fa uscire di senno. Cerco di trattenere il respiro e la sorpresa, cerco di farlo, ancora debole. 

“Non farlo più, ok? Mi sono presa un colpo quando l’ho saputo”

Annuisco senza riuscire a spiccicare una parola. La osservo guardarmi le labbra, in attesa di qualcosa, forse di una mia risposta. Passa ancora una volta il pollice sul mio labbro inferiore e sento un’aria tesa, ancora confortevole, ma con qualcosa di diverso. 
Sposta lo sguardo nei miei occhi, e mi sorride, così affezionata, così amorevole. Nonostante il nostro rapporto e la nostra amicizia, non è mai stato facile vedere Lauren in quegli atteggiamenti. Aveva così tanto bisogno d’amore che a volte se ne privava, togliendo anche agli altri la possibilità di dargliene.

Sento dei passi avvicinarsi alla porta e il suo sorriso svanisce. La sua mano torna sul letto, mentre l’altra lascia la mia. La vedo un po’ scossa, ma non riesco a capire il perché. 

“Mila!” 

Lauren si alza, lasciando spazio alle tre ragazze che mi guardano e mi abbracciano. Si sposta contro il muro e parla poco, ascoltando perlopiù le altre che mi aggiornano su tutti gli accadimenti della serata. Rido con serenità ogni volta che qualcuna di loro fa una battuta, sento entusiasta i racconti, la rabbia di prima svanita del tutto. 

Qualche volta scambio degli sguardi con Lauren. La vedo distante, o forse è solo una mia impressione. Quando capisco che sta per uscire dalla stanza, mi agito per un attimo.

“Dove vai?” il cuore pulsa e lo sguardo stranito delle altre si posa su di me. Lei mi guarda, viene verso di me e sfiora le sue labbra sulla mia fronte in un bacio soffice. 

“Vado un attimo a chiamare mia mamma, mi ha chiesto di dirle come stavi una volta svegliata”

Annuisco e la guardo mentre esce dalla stanza. Le altre ricominciano a parlare selvaggiamente, ma non sono più lì con loro. La parola amore rimbomba nel mio petto e nella mia mente, scava e crea una voragine enorme, in cui cado senza neanche pensarci troppo.

Sono innamorata di lei, sono letteralmente caduta ai suoi piedi, e per far sì che succedesse sono bastate le sue dita sul mio viso e i suoi occhi nei miei. 

--

Sorrido al ricordo, ormai così abituata a tutte quelle emozioni, che per quanto mi facciano male, non posso essere minimamente comparate a quando per la prima volta mi sono accorta di essere innamorata della mia migliore amica.
Quando i miei occhi ritornano su di lei, scopro in lontananza il suo sguardo su di me e rabbrividisco. Mi guarda ancora, senza sorridere, senza cambiare espressione. È dura e tenera al contempo, riflessiva e libera. Alla fine le sue labbra scoprono i denti, e le mie fanno lo stesso, la pelle un po’ più colorita, il cuore più veloce.

“Attenta, potrebbe venirti una paralisi facciale se continui così”

La voce di Dinah mi raggiunge come un calcio nello stomaco. Me lo sussurra all’orecchio. Smetto di ridere, e come per riflesso, noto che Lauren fa lo stesso e si gira, tornando a dedicare la sua bellezza alle telecamere.
Schiaffeggio la mia amica sulla spalla.

“La devi smettere di fare ste battute”

Incrocio le braccia al petto, facendo il broncio. Lei si siede vicina a me, posando le gambe sulle mie.

“Ancora mi chiedo come possa non accorgersene, cioè, è così evidente”

Si prende gioco di me, come fa da quando l’ha scoperto.

“Non è COSI’ evidente, però prima o poi ti sentirà qualcuno che ancora non lo sa e allora lì si, che sarà evidente”

Lei sbuffa e ride.

“Mila, sei irrecuperabile”

Questa volta sorrido e ritorno a guardare Lauren. Su una cosa Dinah ha ragione: sono irrecuperabilmente innamorata di quegli occhi color smeraldo, di quelle labbra piene e della sua mente così aperta e curiosa. Lauren Jauregui mi ha fatto cadere ai suoi piedi e io ancora non sono riuscita ad alzarmi.

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