Dieci anni dopo.

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Ripiego accuratamente i miei vestiti, riponendoli nel cassetto e svuotando la valigia.

Ogni volta che ritorno in questa casa i ricordi della mia infanzia mi ritornano alla mente; i battibecchi con mio fratello, le chiacchierate con mamma e le battute sarcastiche di mio padre.

E questa camera, così piccola e accogliente, è stata la mia tana per anni. Le pareti mi hanno vista piangere e sorridere. Mi hanno vista debole, felice e arrabbiata. Era questo il luogo in cui mi rifugiavo a piangere per le pene d'amore o per tutti i tipici problemi da adolescente.

"Ehi" mi abbraccia da dietro, l'uomo che ormai è mio marito da un paio di anni, poggiando le mani sul pancione che cresce ogni giorno di più. "Come stanno i due amori della mia vita?" chiede, lasciandomi un bacio sul collo.

"Mi fa male la schiena" mi lamento, mentre lascio fuori dall'armadio l'abito che ho scelto per l'occasione di oggi.

Questo pomeriggio, infatti, si terrà nel mio vecchio liceo la rimpatriata degli ex alunni. È per questo che io e mio marito siamo qui, a San Isidro, nella mia città natale, per l'intero weekend.

Pranziamo con la mia famiglia e sorrido per tutto il tempo, pensando che la prossima volta che torneremo qui in città, durante le vacanze del prossimo Natale, ci sarà con noi il nostro bambino, che riempirà la casa con i suoi risi e i suoi pianti.

"Tornate per cena stasera?" chiede mia madre, mentre l'aiuto a sparecchiare dopo il pranzo.

"Non credo, hanno organizzato un banchetto da quanto so" scrollo le spalle, appoggiandomi poi al bancone della cucina, a causa di un calcio piuttosto forte del mio bambino.

"Dovresti andare a riposare" mi suggerisce la donna dai capelli bruni, molto simile a me.

"E' solo che questo piccolino fa già pratica per essere un campione nel mondo del calcio" sorrido, accarezzandomi la pancia.

"Vai in camera, finisco io qui" sorride ed io faccio come mi dice.

Mi stendo sul mio vecchio letto, il mio compagno di nottate intere; quello che mi ha visto scrivere fiumi di parole sul mio diario, lo stesso che è ancora chiuso nel cassetto al suo fianco.

Mi allungo per cercarlo nel cassetto del comodino e risfogliare le pagine, anche a distanza di anni, mi fa riaffiorare ogni singolo ricordo chiuso lì dentro. Il giorno in cui ho conosciuto Jorge, le prime pagine sulla nostra amicizia, poi la sua partenza a causa del lavoro dei suoi e la mia cotta per lui che cresceva sempre di più. Il dolore provato quando non mi ricambiava e di quel giorno in cui mi disse che si era fidanzato con un'altra.

Dopotutto non potevo aspettarmi nulla da quel periodo, per lui rimanevo un'amica più piccola con cui si divertiva a scambiare qualche chiacchiera. Poi divenni la sua migliore amica, ma nulla di più. Ed io questo non riuscivo ad accettarlo.

Sorrido, ripensando a come le cose siano cambiate un paio di anni dopo.

"Che fai?" entra nella stanza, Jorge, avvicinandosi curioso a me.

"Niente, rivivevo un po' di ricordi" ridacchio, chiudendo il diario e mettendolo al suo posto. "La gravidanza mi rende nostalgica" mi sdraio sul letto, sentendo un immediato sollievo alle mie gambe.

"Lo sei anche normalmente" sorride lui, stendendosi al mio fianco. Poco dopo mi addormento, non so se per la stanchezza o se per il modo in cui Jorge mi accarezzava e mi baciava.

"Tini, amore" sussurra qualcuno, proprio nel bel mezzo di un sogno. "Svegliati o faremo tardi" mi scuote dolcemente e aprendo un occhio confermo che ad aver interrotto il mio pisolino è mio marito. Ma non dorme mai?

OneShot// JortiniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora