[Aggiornamento all'alba, ma purtroppo per oggi e domani va così: sto preparando la storia per il 15/03, che non sarà su questi polli, e sono stra impegnata.
Se volete: Bessie Efp (Facebook) e bessie_efp (IG)]
Nel nulla c'è silenzio.
Ma, quando anche la mancanza di parole ti assorda, cosa puoi pensare – se non che, alla fine, i cuori infranti sono solamente un immane spreco di tempo e colla.
8. Non pensare agli orsi polari
Alessandro ha perso il conto del tempo che s'è dilatato come colla a presa rapida, filtrata tra le crepe così che, adesso che vorrebbe provare a sorridere solamente per vedere se ancora è capace, non ci riesce più. S'è seduto per terra – vicino al calorifero spento, a gambe incrociate – e ha aspettato che passasse il tempo e la mezza sbronza che s'è preso per cancellarsi i pensieri: non pensare agli orsi polari, s'è detto, ma per quanto abbia provato ad annichilire quella fantasia, quell'inutile voglia di farsi ancora più male, non c'è stato niente da fare. Quel pensiero sta tutto lì. Stravaccato sul fondo del suo cervello, s'è impiastricciato di colla (che fine hanno fatto gli orsi polari?), s'è sciolto vicino al termosifone e s'è ricondensato per otturare tutte le crepe. E sta sempre lì.
Riccardo che bacia Giulia, tenendola per i fianchi, che la bacia con abitudine, con consapevolezza, senza doversi nascondere – vorrebbe dire che ha fatto un male cane, che gli ha spaccato il cuore come quei tre bicchieri infranti che gli si sono ormai conficcati sulla pianta del piede vagando senza meta, ma non ci riesce. Perché fa davvero un male cane ma, più del dolore, è la consapevolezza che lo stordisce come quel vino che s'è costretto a bere, come quella folata vento gelido che filtra come spiffero dalla finestra e cerca di spazzargli via i pensieri.
Il telefono ha squillato, secondo dopo secondo, per una mezza eternità – poi ha smesso, come smettono un sacco di cose: ha visto il nome di Riccardo sullo schermo e s'è fatto violenza, s'è scollato dai propri pensieri per non rispondergli (per non supplicarlo). Non ha letto nemmeno un messaggio, non ne ha avuto la forza – l'avesse fatto, si sarebbe alzato per andarlo a prendere e. E non puoi salvare tutti, Ale, non puoi per davvero.
L'avesse fatto, gli sarebbe venuta l'ansia: perché Riccardo ha bevuto da bicchieri scheggiati, il vino che diventa sangue, e quando finalmente il suo cervello ha collegato le possibili implicazioni, avrebbe voluto mettersi a gridare. Non che non l'abbia fatto, tra le pareti molli del cuore, tra i buchi delle costole e tra le fluttuazioni dei battiti cardiaci – Riccardo ha gridato come un matto ma, quando s'è guardato attorno, ha capito d'esser solo.
E l'ha cercato. In tutti i luoghi possibili, meno quello in cui era certo che fosse: perché, ed è certezza arrugginita e invecchiata, se Alessandro si fosse rinchiuso in camera sarebbe stato al sicuro, nascosto – perduto. Così, con l'aria che sapeva di notte, ghiaccio e gelato di fango, l'aveva cercato tra le parentesi di silenzio di tutto l'hotel senza riuscire a stanarlo.
Alle sei di mattina, s'era dovuto arrendere all'inevitabilità del fato e anche alla presa per il culo che quest'ultimo si porta dietro e s'era messo davanti alla porta della stanza di Alessandro. Non aveva bussato subito e quei secondo gli erano scivolati addosso come la colla dei suoi bicchieri infranti ma, quando lo aveva fatto, non era passata. Quel fastidio, la consapevolezza d'aver sputtanato tutto, s'era solamente acuito fino a diventare una pulsazione cieca e sorda, quel tipo di dolore che sopporti per rassegnazione e, sul finire, pensi d'esserti abituato – per un po': Riccardo lo sa che non è senso di colpa, ma vergogna e cuore spezzato.
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Nudo con i brividi || Blamood
Fiksi PenggemarPrendimi, usami, strappami la camicia. Alessandro non dice una parola - mai: è sempre Riccardo, quello che sa colmare ogni silenzio, aggrappandosi alle virgole e alle parole come se dovesse usarle per risalire la montagna che, inevitabilmente, li se...