[Epilogo] Coincidenze

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Marzo 2029.

«Pss.»

...

«Pss.»

...

«Papà?!»

Dante steso sul divano e avvolto da un plaid, in una posizione degna della più antica mummia d'Egitto, era una visione abbastanza familiare a Simone. Capitava che si sedesse lì per leggere un libro, con i suoi soliti occhialetti inforcati, una matita con cui giocherellava tra pollice e indice e l'aria da professore che tanti anni prima avrebbe innervosito Simone, quell'aria che dopo sette anni, finalmente, aveva compreso fosse solamente amore sconfinato per la sua materia. Poi, dopo un'oretta – non si sapeva come – si ritrovava a ''riposare gli occhi'' per poi finire profondamente addormentato sul divano. Anita, quando passava per il salotto e lo vedeva tremare un po', lo avvolgeva nelle coperte, miracolosamente senza svegliarlo.

Doveva essere successo anche quel giorno, nonostante Anita fosse uscita già da un po' per fare delle commissioni. Molte volte Simone aveva visto con i suoi occhi quel momento esatto, e tutte le volte Anita aveva lo sguardo pieno d'amore. Succedeva anche quando i due avevano discusso e s'erano guardati male per ore, era come se Anita riuscisse a resettare tutto solo vedendolo dormire così, come un bambino.

L'aveva spesso invidiata, anche se ultimamente si era accorto che con Manuel faceva lo stesso. Si ritrovavano a litigare anche pesantemente, ma gli bastava vederlo appisolato in posizione scomoda in un angolino del suo letto, perché gli si sciogliesse il cuore. Anche quando litigavano, Manuel non abbandonava mai quel posticino accanto al Simone in un letto ancora – per ora – troppo piccolo, il massimo che faceva era mettersi a dormire quasi sul bordo, col rischio di cadere, per non stargli troppo vicino e farlo innervosire o innervosirsi, se Simone era nel torto.

Era quello il motivo per cui doveva necessariamente svegliare il padre.

Si avvicinò cauto, sedendosi con delicatezza su una porzione di divano lasciata libera dal corpo dell'uomo, ed iniziò a scuoterlo leggermente.

«Papà?!»

Dante iniziò a svegliarsi piano piano, rendendosi conto dopo qualche secondo di chi l'avesse disturbato dal suo breve sonno.

«Simone.» farfugliò con la bocca impastata. «Che c'è? Da quanto dormo?»

«Uhm...un'oretta, credo.» disse controllando l'ora sul proprio cellulare.

Dante si strofinò gli occhi e si mise seduto con la schiena poggiata al bracciolo. «Hai bisogno di qualcosa? Di solito non mi svegli mai neanche quando se ne sta per cadere il mondo e ti servirebbe il mio aiuto.» scherzò, poggiando il libro che teneva addosso, nascosto sotto le coperte, sul tavolino poco lontano dal divano.

«Volevo farti una domanda.» pronunciò Simone, a mezza voce.

«Però così mi spaventi...» Dante cercò di mettersi più comodo, aggrottando le sopracciglia.

«No, ti prego, prima che inizi, non è successo niente. Solo che...» si guardò intorno. «Solo che non posso urlare che c'è Manuel di sopra che sta dormendo, ma non mi fido mai di lui, appare quando meno te l'aspetti.» sussurrò.

«L'ho notato.» Dante lasciò cadere per pochi secondi la testa all'indietro, poi tornò a guardare Simone e gli fece cenno di parlare.

«Posso chiederti a che servono quelle valigie?»

«Quali valigie?» Dante si schiarì la voce e poggiò il gomito sul bracciolo.

«Papà...» Simone alzò un sopracciglio, sbuffando una risata. «Sono giorni che riempi e trasporti valigie dalla tua stanza fino all'ingresso, fino a prova contraria viviamo nella stessa casa e della parola privacy qui dentro non ce n'è traccia. E poi sei rumoroso.»

Di piccoli grandi ficcanaso e vino rosso | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora