"Amico mio,
È da molto tempo a venire che non ci sentiamo.
Come sta Julie? Se la passa bene con Kinel? E te, caro Marcus, hai risolto i debiti con il marito di Lira? Ah quel maledetto diavolo in cerca di pace che non sa con chi sfogare la sua vita di merda."E la lettera continuava.
O forse non era mai iniziata.Me ne stavo a fissare l'albero di ciliegie nel giardino della signorina Jones. È di una gentilezza infinita quella ragazza. Quando sto male e nota subito che sono giù, mi invita a casa sua a bere un cappuccino o una tazza di tè. Poi mi chiede: "Se non hai altro da fare, tesoro, puoi rimanere nel mio giardino a leggere o a riposarti dal mondo".
Per chi se lo stesse chiedendo, la Jones è la mia vicina da quando avevo 3 anni.
Ho questa mania fin da quando ero piccola di distrarmi facilmente e perdere la concentrazione. Perciò dicevamo.
Ero lì.
Seduta nel giardino verde natura della Jones.
Quel giardino mi trasmette allegria.
Però in quel momento ero tutt'altro che allegra.
Fissavo il vuoto con la speranza di vedere una luce, magari un angelo, che mi portava una scala.
Una scala sì. Una scala.
Una scala per aggrapparmi a questo mondo.
Per uscire ed immergermi in una nuova realtà.
Ero triste quel giorno. Direi più delusa in realtà. Perché? Perché Mark, a scuola, mi ha lasciato per Linda. Linda però è la mia migliore amica. In questo momento dovrei piangere, no? Ma non lo faccio. Ho imparato a sorridere. Sorridere, sorridere e sorridere. Così ormai affronto la cruda verità della realtà. O forse perché le mie lacrime sono già esaurite da tempo. Anni. O forse secoli.Stavo lì immobile ad aggrapparmi ai miei pensieri per scappare dalla realtà, come vi ho già detto prima. I miei pensieri sono l'unico modo per sfogarmi. Per scappare dal mondo. Ad un certo punto però il telefono è squillato. Sono uscita dal mio mondo nel quale ero completamente immersa e ho risposto.
Oh no.
Ci risiamo.