Capitolo 1

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Una brezza leggera mi sfiorava il viso mentre andavo in altalena, con la mamma che mi spingeva dicendomi frasi come:"Brava la mia bambina, guarda le nuvole, che fiori vedi?"
"Vedo dei tulipani". Rispondevo ridendo allegramente.
"Ora dimmi".Disse ad un tratto la mamma:"Svegliati". E prese a scrollarmi le spalle. "Cosa?"Feci io. La vista si offuscava lentamente. "Mamma"sussurrai udendo la sua voce cambiare.
"Carol". Mi parlava all'orecchio e provai fastidio. Sobbalzai quasi urlando quando mi ritrovai il volto di Alice e i suoi occhi verde magnetico addosso. Dopo un momento di smarrimento realizzai di aver sognato e presi coscenza con la mia camera.
"Lasciami dormire".Mi lamentai stropicciandomi gli occhi.
"Ma lo sai che ore sono?". La ragazza era visibilmente preoccupata.La guardai smarrita e allarmata:"Quanto ho dormito Alice?". Le chiesi in tono abbastanza isterico.
"Le 7.10"Fece lei:"Alzati dormigliona, è tardissimo".
"Cosa?"Risposi io prendendo la sveglia che tenevo sul comodino. Mentre la prendevo tra le mani notai la foto di mamma e papà incorniciata nell'oro e provai un certo rammarico che cercai di non dimostrare ad Alice.
"Deve essere rotta, non la ho sentita suonare". Mi limitai a dire mentre alla mente mi tornava il dolce viso di mamma. Cercai di cacciare quei ricordi lontani mentre Alice si allontanava da me dicendomi:"Sbrigati che alla prima ora abbia la signorina De Lora, se facciamo un altro ritardo quella è capace di abassarci la condotta". Dicendo questo uscí dalla camera e udii i suoi passi veloci scendere le scale verso il salotto. Saltai fulminea giú dal letto, mi infilai dei comodi jeans e una maglietta verde unicolor a maniche corte. Dopo essermi lavata il viso in tutta fretta presi le scarpe e corsi giú dove Alice mi aspettava con lo zaino in spalla. Era vestita con una tuta viola con delle grandi tasche dei pantaloni e i ridenti lunghi capelli neri, un po' ondulati e ribelli, raccolti in una coda di cavallo.
"Scusa". Feci io allanciandomi le scarpe e prendendo lo zaino sopra il divano antico del salotto. Quella casa sapeva di storia, l'arredamento era molto vintage e vecchio ed aveva quel clima dolce e accogliente che solo casa propria da.
"Va bene se passiamo da Michael per la colazione?" Mi propose Alice.
"Daccordo".Risposi io. "Ma sbrighiamoci". Sull'uscio della porta trovai il giornale. Non lo raccolsi, se ne sarebbero occupati i nonni. Seguimmo a passo veloce il sentiero verso la zona centrale. Arrivarci era una lunga passeggiata.Impiegavamo tutti i giorni mezz'ora a piedi per giungere a scuola. Abitavamo nella campagna di Valle Verde, ai margini con la foresta Dei Cedri. Il sentiero che portava in centro era abbastanza tortuoso ma per me e Alice era di routine. Durante il tragitto passammo attraverso una fitta boscaglia nota come:"Il Bosco Silente".Si narravano leggende su quel luogo, poiché non vi erano grilli e cicale in alcun momento delle giornate estive, si udiva un silenzio incredibile ed una pace impressionante. Gli uccelli non pigolavano, gli animali non emettevano suoni. Si diceva che una fata potente avesse lanciato un incantesimo sul bosco. Amavo quel posto per leggere i miei libri. Prediligevo stare sotto il vecchio salice nei presi del fiume che attraversava la valle. Il suono dell'acqua era l'unico che si udiva in quel luogo. Arrivammo ad un ponticello vecchio ed un po' malandato che ci consentiva di passare all'altra riva del fiume. Il sentiero proseguiva poi nei pressi di alcune casucce campagnole abitate da alcuni vecchi elfi in pensione. Erano abbastanza simpatici, anche se un po' brontoloni. Era curioso ascoltare le loro storie che parlavano di tempi lontani. Io e Alice quando eravamo piú piccoline venivamo spesso a trovare questi elfi con i nonni e rimanevamo incantate dalle loro parole, tanto erano bravi a narrare. Dopo le case si estendevano dei campi da cui si scorgeva in lontananza il campanile con un accumulo di abitazioni intorno. Un po' staccate da questa si ergeva un enorme edificio di mattoni rossi con un cancelletto verde e d'acciaio che lo circondava. Quella era la scuola. Al suo intermo vi erano una moltitudine di indirizzi. Avevamo poco tempo ma stavamo morendo di fame , perció passammo da Michael, il panettiere per prenderci una focaccia al volo. Il profumino di colazione ci prese d'improvviso fuori dal negozio. Era un uomo davvero eccellente nel suo lavoro, tutti amavano le sue ricette. "Che fame".Sospirò Alice odorando i saporini deliziosi. Ridacchiai tra me mentre entravamo nel locale e ne uscivamo con due belle focacce fumanti. Ci avviamo poi a scuola arrivando appena in tempo per il suono della campana. Entrammo in classe e ci trovammo gli occhi della professoressa addosso seri. Non disse niente, noi ci limitammo a salutare e sedemmo ai nostri posti. Rivolsi un cenno a Tennaz dall'altro lato della classe. Lei ricambió sorridendo e scostandosi i capelli dalle orecchie appuntite. Caratteristica che amavo degli elfi era proprio il fascino che emanavano. Una bellezza che non era definita dal fisico ma da qualcosa che era dentro di loro e solo loro. Non saprei proprio come definirla ma li avevo da sempre ammirati.Tennaz era una ragazza solare, attiva e un po' strana ed io le volevo un bene enorme. Ci conoscevamo solo da inizio anno ma nel giro di una settimana eravamo diventate inseparabili. Eppure eravamo cosí diverse. Lei veniva da una famiglia di elfi, una delle piú antiche. Viveva in una graziosa villetta di campagna con il fratello gemello e i genitori. Era accerchiata da un giardino stupendo curato alla perfezione da Arthur il giardiniere personale, nonchè maggiordomo della villa. Aveva ricevuto un istruzione classica imparando a suonare il violino, il flauto, il violoncello e il pianoforte. I suoi modi cortesi erano frutto di un imposizione rigida da parte dei genitori, frequentava due volte a settimana un corso di danza classica e aveva il massimo dei voti a scuola. All'apparenza sarebbe parsa una snob tutta fru fru ma con me riusciva a risvegliare quella parte di lei che fa fare cavolate ai ragazzi della nostra età, che ti liberà dalle imposizioni docili e ti trasforma in una matta. E lei lo era, era la ragazza piú fuori che avessi mai conosciuto, quando si lasciava andare. Io invece venivo da una famiglia di normali guerrieri umani. I miei genitori, come quelli di Alice, erano venuti a mancare durante una sanguinosa guerra avvenuta quando avevo appena l'età di cinque anni. I nonni avevano adottato me ed Alice ed eravamo cresciute insieme come sorelle in quella serena casa di campagna.
"Carol". Esclamó Dafne vicino a me. Possibile che non mi ero accorta della sua presenza? Sapeva essere davvero cosí silenziosa quella ragazza.
"Hey ciao". Feci io. C'era qualcosa che non andava, lo percepivo da come i suoi occhi marroni scuro mi fissavano, dall'espressione del volto incorniciata dai lisci capelli rossicci che le cadevano fino ai fianchi. Esitó un momento prima di aprir bocca, quelle labbra di rosa. Ma poi mi parló:"Li senti gli alberi?". Il suo tono era tremante e preoccupato.
"Cosa dicono gli alberi?" Feci io leggermente divertita. Lei si fece seria in volto e gli occhi le si oscurarono, come ogni volta quando provava tensione."Gli alberi avvertono il pericolo, non possono dirci di che si tratta ma lo sanno, c'è qualcosa che non va". Ammetto che a volte Dafne mi faceva paura. Io non possedevo il suo legame con la natura, lei percepiva delle cose che gli altri non immaginavano e spesso veniva considerata strana. Di me si fidava e la cosa mi faceva piacere ma alle volte nemmeno io riuscivo bene a raggiungerla. Parlava di cose strane,di voci sussurrate nel vento, di richiami... "Dafne sei sicura di quello che dici? È da una settimana che ti vedo malinconica, a casa è successo qualcosa?".Chiesi io.
Lei cercó di rilassarsi e mi rispose:"Papà ci ha scritto la settimana scorsa dal consiglio e sta bene, la mamma pure. È Ben che sta male poveretto, anche lui sente gli alberi, la tensione".
"Oh". Feci io:"Ma è un gatto".
"Non mi credi, i gatti non sono creature come le altre, percepiscono oltre i sensi animali".S'irrigidí lei.
"Ok, Dafne tu sei un gatto". Le sorrisi accarezzandole la testa. Lei sembró infastidirsi leggermente. "Signorine!"Tuonó la professoressa:"Avete qualcosa da condividere con la classe?" Facemmo silenzio entrambe abbassando la testa. "Molto bene". Si ricompose la donna, "Avete letto il quotidiano stamane ragazzi?".Un silenzio inquietante si diffuse nell'aula. "Bene" Fece la signorina De Lora. "Vorrà dire che vi informeró io della grave situazione in cui ci troviamo". Il suo tono divenne grave mentre prendeva il quotidiano e leggeva in prima pagina l'articolo.
"La nostra beneamata regina Odessa Dei CristalTopazio stamane non si è presentata alla corte. Dopo una ricerca estenuante i dignitari hanno dichiarato la scomparsa della sovrana alle autorità che stanno indagando sulla questione. Secondo la domestica della regina questa era andata a dormire serena, non vi era nulla di sospetto, era tutto in ordine". L'indomani aveva trovato la stanza vuota della sua signora ed era andata nel panico. Secondo le autorità si impotizza un rapimento. La ricerca di ulteriori indizzi continua. Con grande rammarico si imforma il popolo di un simile sconvolgimento del regno. Se entro il tramonto la regina non verrà ritrovata prenderà il suo posto temporaneamente il principe figlio".
"MIA REGINA!"Esclamó Dafne alzandosi in piedi allarmata, le ali che le si rizzarono sulla schiena.
"Dafne". La chiamó Tennaz dal fondo della classe:"Dafne calmati".
La fata guardava fuori dalla finestra dicendo:"Nessuno mi credeva, gli alberi lo sapevano, bisognava intervenire, guardate che che è successo!". Sembrava furiosa, impaurita e disorientata. La presi per un braccio:"Hey calmati". Lei rivolse il suo sguardo su di me,gli occhi quasi neri. Non disse niente.L'agitazione si fece sentire in classe mentre De Lora richiamava all'ordine. In quel casino Tennaz si avvicinó a noi. "Dafne, ma ti pare il modo di reagire?". Lei la fulminó con lo sguardo:"È scomparsa la nostra regina, colei che tiene e governa il regno, una donna che ha una responsabilità immensa su tutti noi"
"Ok capisco ma è inutile reagire cosí, ormai non possiamo cambiare le cose".Tennaz parlava pacatamente. Avevo sempre ammirato la sua calma. Intervenni:"Lo sai che io ti ascolto Dafne, ma non tutti riescono a capirti, non perché tu sia una persona sbagliata, ma perché arrivi a cose che gli altri non possono cogliere. E sei una fata". Lei sembró prenderla bene e rilassarsi. L'abbracciai per farle sentire che le volevo bene mentre Tennaz le diede una pacca sulla spalla. Quell'evento aveva preso tutti alla sprovvista e nonostante cercassi di mantenere una certa capacità di calma percepivo il clima teso che stava nascendo e pensavo alla nostra sovrana.Come poteva una fata potente come Odessa venir rapita nel bel mezzo della notte?

Il segreto della valle perdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora