Un boato lacera il silenzio dell'alba.
Sorrido amaramente, ricaricando il fucile, e alzo lo sguardo giusto per vedere le scintille incandescenti sprizzare ferocemente nel tiepido cielo mattutino. Un'onda di fuoco si innalza da un condominio, seguita da una fumata nera. Lentamente, il palazzo collassa su se stesso, un pezzo dopo l'altro, senza fretta. Una finestra, un balcone, un appartamento, un intero piano. Minuscoli puntini si muovono freneticamente intorno al condominio in fiamme, correndo da tutte le parti.
Mi limito a scuotere la testa, impotente, mentre ormai è in atto un concerto di esplosioni sulla città che si staglia davanti ai miei occhi. Kiev, cos'hai fatto per meritarti tutto ciò?
- Ehi, Sergej! - mi chiama una voce di fianco a me.
- Sì? - rispondo distrattamente.
- Brutte notizie - annuncia il mio compagno, Alexander. Bastano queste parole per farmi ridestare completamente. Alzo un sopracciglio, incitandolo a continuare.
- Ci mandano al fronte - sputa tutto d'un fiato, senza il coraggio di guardarmi negli occhi.
Queste parole rimbombano nella mia testa, come un eco continuo. Ho un cedimento, barcollo sulle gambe e mi porto una mano alla fronte. Dietro di me sono impilati i sacchi ricolmi di sabbia che dovrebbero frenare l'avanzata russa. Li cerco a tentoni e mi accascio contro di essi, scivolando lentamente verso terra. Solo quando sono seduto saldamente contro l'asfalto il mio respiro torna regolare.
- Quando? - chiedo con un filo di voce.
- Al tramonto - risponde lui, osservando il sole pallido alzarsi in cielo.
Al fronte. Ci mandano al fronte. Rigiro tra le mani nervosamente la mia arma, cercando di metabolizzare la cosa. La canna del mio fucile ora è rivolta verso la mia faccia. La sposto con un gesto stizzito e batto un pugno per terra con rabbia. Alexander mi fissa senza dire nulla.
Ripenso a quello che è successo due mesi a questa parte e le immagini mi scorrono davanti come fotogrammi di un film. Rivedo la faccia spaventata di un mio collega quando Putin ha riconosciuto le repubbliche separatiste, il cipiglio serio e la voce grave del sindaco che annunciava "preparatevi al peggio", gli occhi della mia anziana vicina di casa che mi imploravano di portarla via da quella realtà.
Alexander, intanto, si accende una sigaretta. Avverto in lontananza lo scatto dell'accendino e in un attimo vengo sommerso da nuvole di fumo.
In questo momento, però, non potrei essere più lontano. Ed ecco che il fiume di immagini ricomincia: vedo la faccia divertita di mio cognato, un filorusso, che alla notizia dell'invasione si mise a ridere. I suoi occhi scintillavano di follia e la sua bocca mimava le parole "ve l'avevo detto io". E' morto nel primo bombardamento. Poi, ancora, il bel viso deformato dalla paura della giornalista del telegiornale nazionale, che dichiarava "la guerra è iniziata". Il terrore negli occhi di mia moglie quando hanno iniziato a suonare le prime sirene, le fughe nei bunker con mia madre novantenne, i suoi pianti, perché tutto ciò risvegliava in lei vecchi e dolorosi ricordi sepolti da tempo.
Rivedo me, davanti alla caserma regionale, estraneo a tutto ciò che riguarda l'arte militare e impacciato ad impugnare le armi. Un professore di storia, che predica la pace, costretto ad imbracciare un fucile, mi ripetevo sempre, ironicamente, i primi tempi.
Infine, il momento più doloroso e allo stesso tempo sollevante: la partenza di mia madre, mia moglie e mia figlia per la Polonia. Rivivo tutto come se fossi lì: gli occhi d'argento di mia figlia di Anastasija che mi fissano silenziosi da dietro il finestrino opaco del treno. Appoggia la sua manina sul vetro freddo e io faccio lo stesso. Il suo sguardo non mi abbandona neanche per un istante e in questi ultimi giorni i suoi occhi sono diventati la mia condanna. Grandi, luminosi ed espressivi, color della luna.
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La promessa della luna di Kiev || ONE SHOT
Ficção HistóricaChissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella... "Ma son sempre quella! - la luna protesta - (...) e i miei raggi viaggiano senza passaporto". Gianni Rodari Cosa succede quando la follia della g...