Diciamo che camminare con Dolore non è in cima alla mia lista dei desideri, mi sembrava il titolo di un libro di avventura: "A spasso col dolore", ma decisi di seguirlo lo stesso. Lo seguii nella casa evidentemente incantata perché era gigantesca, troppo gigantesca. Ovunque andassimo c'erano librerie, armi e arazzi. Avevamo appena incontrato una sciabola con qualche goccia rossa poco raccomandabile, che mio nonno si fermò: <<Vedi questa porta? È in realtà un portale per il palazzo di mia nonna, pronto?>> mi chiese preoccupato <<È strano la prima volta attraversare lo spazio>>
Già mi vedevo a vomitare su un tappeto violetto per il mal d' universo. Come se mi avesse letto nel pensiero mi avvertì << Se ci tieni a non tirare le cuoia, ti consiglio di non spostare, rompere o sporcare nulla. Ah, e dimenticavo, non mangiare nulla o dovrai restare per sempre nella sua dimora come schiavo.>> mmm... più ne sentivo parlare meno mi piaceva questa luna: io odio quando mi dicono di non fare qualcosa, penso che dovremmo essere liberi da quello che pensano gli altri, ma la mia cara bis bisnonnina evidentemente era contraria.
Entrammo nel portale.
La prima cosa che pensai fu: era meglio andare con una navicella spaziale con un toro imbizzarrito dentro con un drappo rosso che non mi si togliesse dalle mani, senza addestramento né per guidare la navicella né per salvarmi le chiappe dal toro.
Descriverlo non lo farà capire a pieno, ma lo faccio comunque. Avete presente la sensazione prima di vomitare? Quella, solo moltiplicata x10 e che si blocca in gola mentre corpo e organi fanno le capriole all' indietro dopo aver girato trenta volte su sé stessi. Con mio enorme sollievo (anche se son nipote del Dolore) il viaggio in qualche modo passò.
Entrammo in una sala gigantesca piena di teche colme di gioielli.
Davanti a noi c'era un trono con sopra una donna alta almeno tre metri, coronata di un diadema d'argento posto sotto una sfera di luce, e non scherzo: era come un piccolo sole, se lo avessi guardato troppo tempo sarei rimasto accecato. Aveva un' espressione che non faceva trasparire nessun'emozione. Lo sguardo gelido e occhi a mandorla. Aveva due orecchini ornati della stessa magia – credo si trattasse proprio di questo – del diadema. La sua pelle bianchissima sembrava non aver mai visto la luce del Sole.
<<Ebbene sarebbe questo il nipote di cui parlavi tanto?>> Chiese rivolta a mio nonno con voce orribilmente simile alla sua.
<<Sì>>
<<Sì, cosa?>>
<<Sì che e il nipote di cui ti parlavo tanto>>
<<Si dice: sì signora >>
E visto che mio nonno non rispondeva, inarcò il dito indice e lo trasse verso di se', come a far salire qualcosa che non andava giù, e con voce forzata, obbligata, Dolore pronunciò di malavoglia le parole: <<Sì, signora>>
<<Passiamo a questa magia>> e così dicendo ci scortò a un altare <<allora, quale magia avevi in mente?>> chiese con voce scocciata diretta a me.
<<Vorrei che, a comando di una parola magica, il mio collo e la mia testa si trasformassero in mazzafrusto, si potrebbe?>>
<<Ok, si può, si può, la parola magica e cordan, ho aggiunto qualche rinforzo: il primo e che non sbaglierai mai la mira, il secondo e che non si potrà mai rompere o bloccare.>>
Annunciò mentre un brivido mi attraversava dal collo in su. Sperimentai il mio nuovo potere: il collo mi si allungo diventando una catena, i miei capelli si drizzarono a formare delle punte, e la mi testa si indurì fino a sembrare di pietra. Vidi fuori dalla reggia dei manichini, chiesi il permesso alla luna di usarli ed ella stranamente disse di sì pronunciai la formula magica e li sfondai uno a uno senza sbagliare mai.
Quando ritornai dentro al castello la mia bis bisnonna che mi chiese se volevo una fetta di torta di mele io senza ricordare quello che mi aveva detto mio nonno accettai e la mangiai.
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I ribelli del dolore.
FantasyMi scuso per eventuali errori, scrivo per divertirmi e non mi importa se ad alcuni non piace il mio modo di scrivere ma se avete consigli li accetto. La storia è in corso e penso mentre scrivo, quindi non ho una trama. BUONA LETTURA!!!