29 ottobre 2015
Era l'ultimo giovedì di ottobre e il tempo non era a favore. Nuvoloni da temporale coprivano il cielo e io pregai in tutte le lingue del mondo affinché non iniziasse a piovere, altrimenti non sarei stata in grado di correre. Appena sveglia, scattai in piedi infilandomi velocemente un paio di leggings e la maglia che mi aveva regalato Karter per il mio compleanno.
"Finché la indosserai sarò con te" recitava il biglietto d'auguri. Era semplice, di cotone bianco panna, i bordi arancioni nella tonalità Princeton e le maniche con dei risvolti cuciti, come piacevano a me. Sul seno sinistro era cucita una toppa a forma di numero 7•09, il giorno del nostro primo incontro, e sul retro era stampata la scritta My Golden Girl.
La mia ragazza d'oro. La sua.
Sorridevo come un'ebete ogni volta che la guardavo mentre scrollavo i vestiti. L'aveva fatta personalizzare e la indossavo a ogni gara per dimostrargli quanto tenessi al suo supporto e a lui.
Soprattutto a lui.
La indossai anche quel giorno. Ebbene sì, alla mia prima gara a Yale, mi presentai con i colori di Princeton. La differenza era che se prima dovevo nasconderla sotto la felpa, ora a Yale potevo lasciarla in bella vista.
Lì nessuno avrebbe pensato male. Intesi, no?
«Il solito, Jenny» ordinai distratta e in tutta fretta in caffetteria.
«Arriva subito con doppia caffeina. Ne avrai bisogno oggi, Nora» disse mettendosi all'opera tra sciroppi e caraffe. Forzai un sorriso, ma inarcai le sopracciglia con aria dubbiosa. Non sarebbe stato certo il caffè a decretare la vittoria.
«Merda» esalai a denti stretti «Jenny, ho lasciato i soldi in camera. Passerò dopo la gara, ok?» dissi velocemente e imbarazzata dopo un rapido controllo in borsa.
«Lascia, ci penso io» subentrò una voce accanto a me.
«Oh, grazie mille! A buon rendere» ringraziai senza nemmeno guardare il gentile sconosciuto.
«È il minimo per la ragazza d'oro» commentò la voce facendo riferimento alla maglietta.
«Sì, sì. Yale! Wuhu!»
Finsi entusiasmo. Avevo fretta di raggiungere i miei amici, Doukas escluso, e mi avviai verso il campo chiudendo goffamente la borsa e con il caffè in mano. In lontananza vidi Jacob con il suo scagnozzo e le due esaltate con un cartello arrotolato in mano. Sperai che almeno non fosse glitterato.
Li salutai e diedi il primo sorso al caffè.
A ogni passo verso di loro sentivo l'agitazione salire e con lei il bisogno di sfogarla.
«Chi era quello?» mi chiese Jacob, sospettoso. I suoi occhi da falco avevano assistito alla scena in caffetteria dai finestroni. Aspettava una risposta con le mani affondate nelle tasche del suo bomber blu Yale.
«Oh, nessuno. Mi ha offerto il caffè perché non avevo soldi. Ora, se non vi dispiace...» E infilai gli auricolari.
Le note degli Offspring regolavano il mio battito e le chitarre coprivano il fischio che mi trapanava incessantemente il cervello. Per qualche strano motivo, prima di una gara sembrava farsi più forte. Mi incamminai da sola trangugiando tutto il bicchiere di caffè e lanciai il contenitore vuoto in un bidone lungo il vialetto, segnando uno strepitoso canestro. Proseguii a passo deciso canticchiando, ma sussultai con un'imprecazione appena avvertii una mano sulla spalla.
D'istinto levai gli auricolari, mi voltai di scatto e gridai: «Jacob, la devi smettere!» ma la visione celestiale che mi si propinò davanti agli occhi bloccò ogni mia fibra muscolare e fu di gran lunga più efficace della caffeina.
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NANA.
Mystery / Thriller🏆WATTYS 2022 mistero/thriller «Ho sempre amato tutto di lei. Anche ciò che non comprendevo. Avrei voluto amarla più a lungo, avrei voluto fare amicizia con i suoi demoni molto prima». Lei era solo una bambina quando incontrò il diavolo per la prima...