Wild is the Wind - III

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Man mano che l'ora del suo appuntamento con Savino si avvicinava (dovevano vedersi alla solita panchina), Rebecca si sentiva sempre più preda di un misto irragionevole di trepidazione, felicità e ansia. Non era, in fondo, una sensazione sgradevole, ma le rendeva impossibile rilassarsi o concentrarsi su qualsiasi cosa non fosse il momento in cui avrebbe incontrato nuovamente il suo vicino di casa; che poi era, a tutti gli effetti, il suo ragazzo.

Il suo ragazzo. La persona con cui stava insieme. Era ancora così strano pensare a Savino in quei termini!

Alle cinque meno cinque, Rebecca scese in cortile e si incamminò lungo i vialetti di Villa Riccio. Anche se il sole aveva iniziato ad abbassarsi, faceva ancora caldo; Rebecca sfilò subito il cardigan e lo appoggiò sul braccio, godendosi il tocco della brezza sulle braccia e le spalle scoperte.

Quando giunse alla panchina, vide che Savino era già arrivato. Aveva ancora i capelli da quarantena, scompigliati e troppo lunghi; i barbieri non avevano ancora riaperto. D'altro canto, Rebecca si era abituata a vederlo con quella chioma disordinata e iniziava a pensare che non gli stesse poi troppo male.

"Savino!" lo chiamò, soffermandosi per un brevissimo istante sul piacere che le dava pronunciare il suo nome.

Lui si voltò, sorrise e sollevò una mano. Un istante dopo, i suoi occhi misero a fuoco la figura di Rebecca e la mano restò sospesa a mezz'aria. Le pupille di Savino fecero su e giù un paio volte e la sua bocca, che si era aperta per rispondere al saluto, restò mezza spalancata, con la mandibola pendente.

Era abbastanza chiaro che l'outfit scelto da Rebecca non lo avesse lasciato indifferente.

Dopo un paio di secondi, Savino sembrò compiere un grande sforzo per riscuotersi, puntarle gli occhi in viso e non spostarli da lì. 

"Ciao!" esclamò, balzando in piedi e infilando le mani nelle tasche degli shorts. Poi, come per un ripensamento, le tirò fuori. Tossicchiò e spostò il peso da una gamba all'altra. Il suo sorriso sembrava leggermente troppo ampio e troppo teso.

Vedi qualcosa che ti piace? pensò di chiedergli Rebecca, ma non si sentiva così sfrontata da punzecchiarlo in quella maniera.

"Mascherina?" propose, indossando la sua. Savino annuì, sospirò e si coprì il volto a sua volta. Vestiva una maglietta grigia con il logo della Marvel e dei riquadri di fumetti disegnati in stile anni Settanta.

"Sempre il solito nerd impenitente, vedo," osservò Rebecca, indicando la t-shirt.

"E certo! Ah, prima che mi scordo: ti piacciono le caramelle frizzanti?"

"Sì, perché?"

Savino pescò dalla tasca un sacchetto di Selz. "Tieni," disse, porgendoglielo con il braccio ben teso. "Ne ho comprato uno per Cecia e uno per te. Qual è il tuo gusto preferito?"

"Limone forever. Grazie, Sav!" Rebecca prese le caramelle, sorridendo sorpresa. Le era mancato tanto quel modo che aveva Savino di prendersi cura di lei; i suoi piccoli gesti spontanei e senza pretese.

"Di nulla. Il mio pure. Limone non si batte."

Rebecca scartò una caramella e ne passò un'altra a Savino. Restarono a squadrarsi da un metro di distanza, rigirandosi in bocca le Selz.

Gli occhi di Rebecca indugiarono sulla curva del collo di Savino, sulle sue braccia e le sue mani, sulla sua lieve peluria chiara, sui polpacci muscolosi. Accidenti, che bello che sei. E per giunta, mi regali anche le caramelle!

Con un grande sforzo di volontà, si impedì di saltargli immediatamente in braccio.

"Ehm, comunque," ricominciò Savino, che sembrava in grave difficoltà nel comandare il suo sguardo e impedirgli di vagare sulla sua scollatura o le sue gambe, "come stai?"

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