"Signor. Reyes, trascorrere le vacanze estive al Novecento hotel è come vivere una favola! Obbligo mio marito a venire ogni anno qui!" disse una signora, più o meno sulla quarantina d'anni, con il suo accento fortemente britannico.
Indossava un vestito leggero di cotone bianco e un copri abito di seta lilla appoggiato alle sue candide bianche spalle. Le sue labbra sottili tinte di un rossetto roseo regalarono a mio padre un sorriso raggiante, felice di alloggiare nel nostro hotel e di trascorrere le sue attese vacanze estive come era solita da dieci anni a questa parte.
Mio padre gli diede un leggero bacio sulla mano che lei stessa gli porse, osservando al fianco della signora, suo marito che sorrideva nonostante la stanchezza era visibile nel suo volto; probabilmente era dovuta al lungo viaggio che avevano affrontato.
"Signora Britel, mi permetta di dirle che per me è un onore ospitarla qui, al Novecento Hotel! Come ogni anno! Le potrei garantire che questa è la sua seconda casa" la signora Britel non smetteva di sorridere nei confronti di mio padre ed io, appoggiato al bancone della reception osservavo la scena e guardavo il marito di lei, chiedendomi se anche lui era così contento di trascorrere le vacanze qui oppure era un capriccio della moglie.
Poco prima dell'estate del 1975 avevo compiuto diciotto anni e mio padre colse l'occasione di rivelarmi il suo progetto per la mia prima estate da maggiorenne: lavorare per Hotel perché: "tutto questo è stato costruito perché un giorno sarà tuo. Quando io non ci sarò più, dovrai occupartene tu del hotel. Promettimelo." me lo disse poco dopo i festeggiamenti, durante una lunga camminata sulla spiaggia sotto il cielo stellato di settembre; passato l'inverno, e non avendo impegni scolastici, ero già dietro il bancone pronto ad imparare tutti i regolamenti di un hotel, come funzionavano la disposizione delle camere, delle suite e degli orari dei pasti a partire dalla colazione fino al buffet serale.
Ogni tanto mio padre passava di fretta a controllare la situazione, se io stessi davvero imparando il mio futuro mestiere e quando, Achille, il braccio destro di mio padre, gli faceva segno con il pollice al in su segno che tutto procedeva a gonfie vele, mi sorrideva e io facevo altrettanto; l'ultima cosa che volevo che accadesse era deludere mio padre per il quale provavo una stima indefinita. Noah Reyes, è così che si chiamava. Era un uomo così affascinante e colto che catturava l'attenzione di tutte le donne che alloggiavano all'Hotel novecento di ogni età nonostante il suo essere ormai un uomo adulto: era alto, i capelli ormai grigi che un tempo mi raccontavano essere biondi, e i suoi occhi azzurri uguali al colore del mare della costa: il suo fascino americano aveva conquistato quello di mia madre; una donna bellissima dai capelli mordi e ondulati color castano che con l'estate si schiarivano al sole, e i suoi occhi grandi e verdi in cui io, trovavo un porto sicuro ogni volta che ci guardavo dentro. "signora Addy Reyes" era il suo nome qui al hotel e, a lei non dispiaceva anzi, era così orgogliosa di portare il cognome di suo marito dimenticandosi il suo originario; i miei genitori rappresentavano la concezione di amore vero: Si erano conosciuti prima che mio padre partisse come soldato durante la Seconda guerra mondiale, gli chiese però, a mia madre di aspettarlo perché il giorno in cui lui tornava la sposava immediatamente e, così fu. Tornato dalla guerra sposò mia madre, la quale mi raccontava, che spuntò il problema della sterilità di mio padre: all'epoca erano giovani e vivevano in una piccola cittadina di Annapolis, la gente parlava del fatto che non riuscivano ad avere figli; era diventato il pettegolezzo del paese.
Si arresero al loro destino che non avrebbero mai realizzato il loro desiderio di diventare genitori, fino a quando, non gli giunsero voci che alcune coppie nella loro stessa condizione, incominciarono a adottare bambini orfani di guerra e fu così che mi trovai una famiglia. Mio padre arrivò fino in Corea del Sud, precisamente a Busan, pronto a regalarmi un tetto in cui vivere e un amore di due giovani ragazzi pronti a creare una famiglia tutta loro, la quale mi era stata portata via dal conflitto a solo due anni.
I cittadini di Annapolis, non la presero bene la scelta dei miei genitori, i quali erano sotto accuse e pregiudizi della gente. Nel frattempo mio padre ci raccontava della sua esperienza in guerra, ed io cullato tra le braccia di mia madre, ascoltavamo i suoi racconti, dei suoi amici persi e, di un luogo di cui si innamorò nonostante il terribile scenario vissuto: la costiera amalfitana vista per la prima volta durante l'occupazione per liberare il territorio italiano dai nemici; raccontava il suo desiderio di vivere lì e di aprire un hotel nella costiera, dove vi era sempre un clima caldo ma soprattutto dove: "ogni giorno ti svegli e vedi il mare, e vi giuro su tutte le cose che io amo, che quel mare è qualcosa di spettacolare! L'acqua è limpida che sembra di guardarsi allo specchio!", fu così che io e i miei nuovi genitori lasciammo per sempre Annapolis, affrontammo un lungo viaggio durato giorni, e così nacque l'hotel novecento che con gli anni otteneva sempre più fama, inaspettata dai miei genitori, ed io, trascorsi la mia vita tra le colline rocciose e con il mare limpido come il riflesso di uno specchio.Sentì una leggera spinta sulla mia spalla, e un odore di profumo alle rose troppo dolciastro per i miei gusti invadermi le narici; era Rosalinda, la figlia di Achille, collega e amico di mio padre conosciuto durante la guerra.
Rosalinda era più piccola di me di due anni, eravamo cresciuti insieme al Hotel novecento. Era diventata da subito la mia migliore amica, abbiamo trascorso anni di scuola insieme seppur in anni diversi, era la mia prima amicizia in tutta la mia vita nonostante le lingue diverse, nonostante tutto.
"Jungkook! Ti becco sempre a fissare il vuoto !?" non finiva di scrollarmi la spalla per far sì che io togliessi la mano da sotto il mento, mentre ancora osservavo il punto in cui, minuti prima davanti a me vi erano mio padre e i signori Bristel.
"Rosy perché sei già qui? Non dovevi dare una mano alla signora con l'allestimento delle sale? E poi perché non posso fissare il vuoto? Mi rilassa." gli dissi mentre mi staccavo dal bancone in tono scocciante: ultimamente Rosy era diventata strana nei miei confronti, sembrava quasi che quell'innocenza amichevole era scomparsa; ma io cercavo di non pensarci e di fare finta di niente perché, probabilmente era una mia supposizione e, da una parte me lo auguravo perché nonostante io e Rosy eravamo migliori amici, lei non sapeva tante cose di me, al contrario di lei che, mi raccontava sempre tutto, ogni cosa che gli passasse per la testa: eravamo sempre stati diversi, ci completavamo, lei era così aperta e estroversa mentre io amavo rimanere in disparte e precluso nel mio essere introverso."eh, va bene fissa il vuoto! Ma ricordati che chi dorme non piglia pesci" si lasciò sfuggire un leggero sbuffo dalle sue labbra carnose mentre con una mano si tirava indietro i suoi capelli ricci e neri come i suoi occhi. Era davvero bella Rosy, nonostante la sua giovane età parecchi ragazzi che alloggiavano nel hotel gli facevano la corte: ma a lei non interessava, passava tutto il tempo con me.
"Comunque, mi è giunta voce che qui al Novecento arriverà una star mondiale! E sai chi?" mi disse mentre ci incamminavamo per l'uscita avviandoci verso gli scalini che conducevano alla spiaggia, ormai stava calando il sole ed io e Rosy ne approfittavamo
che nessuno ci vedeva e andavamo a goderci il tramonto in riva al mare.
"Rosy al Novecento arrivano sempre persone famose."
"Si! Lo so! Ma questa volta non è il classico attore hollywoodiano con tre figli viziati e una moglie isterica" lo disse ridendo dandomi le spalle mentre scendeva la lunga scalinata; risi anche io a ruota dietro di lei: Era vero, al Novecento Hotel vi erano sempre la gente con la puzza sotto il naso, ragazzi viziati che passavano il loro tempo all'ombra a leggere un libro di Oscar Wilde ad esempio; io e Rosy eravamo cresciuti in quell'ambiente ma ci eravamo totalmente distaccati da quel tipo di vita; passavamo il nostro tempo a giocare, a farsi scherzi a vicenda, a raccontarci avventure fino al ridere a crepapelle:"Chi arriva allora? Le giovani star preferiscono forse posti più giovanili! E a me non è giunta voce di nessuna novità" gli risposi.
"Jungkook! Qui all'hotel novecento trascorrerà le vacanze estive il più noto musicista di Jazz! Kim Taehyung un ragazzo americano di origini coreane! Guarda! Guardalo! È stupendo!".
Rosy si fermò di colpo a metà della scalinata tirò fuori dalle tasche del suo pantalone di lino azzurro, una foto tagliata male da una rivista di giornale del quotidiano dove si leggeva la parola oscar nella parte non tagliata dell'articolo scritta in stampatello e sotto, un giovane che sorrideva tenendo tra le mani un premio. Dopo una lunga attesa, Rosy aspettava una mia risposta: "non lo conosco" gli dissi semplicemente chiedendogli da quando lei ascoltasse musica Jazz.
Nel mentre, l'immagine di quel ragazzo, così simile a me, mi rimase impressa come un flash di una macchina fotografica per tutto il tempo, ma non diedi così tanto peso del perché mi rimase impresso il suo volto: "già da domani non ci penserò più." dissi tra me e me, inconsapevole di quello che sarebbe successo a distanza di pochi giorni, dal quel fatidico incontro.
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The Novecento Hotel| Taekook
Fanfic1975: Tra l'azzurro del cielo che si univa al colore del mare e la brezza fresca della stagione, vi era il Novecento hotel. L'albergo più lussuoso della costa, dove, le persone di più alta borghesia da ogni parte del mondo, trascorrevano le loro vac...