14. Il primo movimento

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[Aggiorno di volata e torno a lavorare, ma ci tengo a ringraziarvi per chi continua a leggere questa storia, nonostante la quantità di angoscia che sto spargendo tra i capitoli. Nel prossimo forse vedrete della luce, promesso.

Vi ricordo che mi trovate su IG (bessie_efp) e Facebook (Bessie Efp) per chiacchiere, scleri e spoiler]



Aristotele dice: esiste una causa incausata che imprime nel mondo quel primo movimento capace di farne spostare tutti gli elementi in moto perpetuo.

Alessandro pensa – il momento in cui Riccardo ride, un po' sbronzo (birra e ginseng) e archivia la chat con Giulia: il momento in cui smuove tutto il suo mondo e, permettergli di fermare ogni elemento, sarà fatica inutile. Il motore immobile, Dio o la causa incausata.

Cazzo.


14. Il primo movimento


Si rende troppo tardi conto, davvero troppo tardi, che Riccardo gli condiziona le giornate – che basta un suo movimento, che sia il primo l'ultimo o qualcuno degli infiniti che stanno lì in mezzo, a cambiargli l'umore: se sorride, se sbuffa con aria annoiata, perfino quando finalmente tace e si sente rimescolio di pensieri nella sua testa. È lì che Alessandro gioca una partita alle belle statuine e, come ogni altro gioco a cui abbia mai provato a giocare con Riccardo, inesorabilmente perde.

La settimana insieme inizia in maniera asimmetrica – un letto vuoto e lui che non c'è – quando alle otto di mattina Alessandro si alza, maledicendo chi ha inventato le otto di mattina e tutte le ore che precedono le undici, per scoprire che Riccardo lo ha preceduto di chissà quanto: che è come la scoperta che ha fatto, quando s'è trasferito a Milano, che nella metropoli l'alba è scolorita dallo smog (deludente).

Lo trova appollaiato sul divano, a gambe incrociate, lo sguardo fisso sul muro e un mondo dentro che scolora come un pazzo nelle pause tra le parole. Non domanda. Se lo facesse, Alessandro ne nutre una certezza che va oltre ogni grado di possibile realizzazione del mondo, Riccardo probabilmente causerebbe un terremoto nel suo universo perfetto (di durata settimanale) imprimendovi un movimento tutto sbagliato.

È che a diciannove anni appena compiuti ti sembra sempre d'essere il motore immobile della tua vita – scopri dopo che puoi agitare quelle degli altri, ma la tua mai: una briciola causa uragani, se la si acchiappa con l'aspirapolvere.

C'è qualcosa di sacro, di reverenziale, nel modo in cui Alessandro lo attende – che la sua attenzione si guadagna, si elemosina e, alla fine di tutto, forse s'ottiene anche.

È che è invidioso e non sa come fare a dirglielo: lo facesse, si scioglierebbe in un fiume di coriandoli e pelle secca. Alessandro inghiotte quelle parole e allora non glielo dice mai.

Che è scollato da sé stesso e, alla fine di tutto quanto, è semplicemente invidioso: dell'impronta che gli ha lasciato Giulia addosso, per costringerlo a sentirne la mancanza in quella maniera subdola, odiosa. E odia il pensiero di quando si vedranno, e Riccardo dovrà dirle che è finita ma gli mancherà il coraggio per farlo e allora pace fatta, altri coriandoli di carne e sangue, e Alessandro dovrà semplicemente accettare che l'amore è un gran bastardo.

Che puoi amare una persona con tutto te stesso ma che non puoi costringerla a stare con te, se lei non vuole. Ed è quello che vorrebbe dire a Riccardo: non posso tenerti con me, se tu per primo non sei sicuro, non posso renderti diverso da ciò che sei.

Alessandro odia la causalità – esser causa di qualcos'altro, odia dover dare la spinta a qualcuno per smuovergli il mondo che tiene dentro. Tranne che con Riccardo. Glielo vorrebbe dover prendere a pugni, quel mondo, tirarlo via con un calcio e chiedergli: non ti senti un po' scollato anche tu?

Nudo con i brividi || BlamoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora