Cap.8:

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Adrien:
Mentre cercavo la gelateria più vicina che riuscissi a trovare iniziai a pensare a cosa potessi o meno raccontare a Marinette riguardo i miei problemi.
Se parlavo troppo rischiavo di farle capire chi fossi e la mia identità doveva rimanere segreta, specialmente con lei.
Non avevo mai avuto l'occasione di parlare così a Marinette ed era bello poter finalmente conoscere la persona che vedevo da lontano di cui tutti erano innamorati. Lei ovviamente non ci dava peso, ma da quando aveva compiuto 15 anni i ragazzi a scuola non facevano che sbavarle dietro. Riceveva in continuazione inviti ad uscire e appuntamenti che però rifiutava sempre. Ogni tanto ne parlavo con Nino ma quando gli chiedevo perchè non accettasse mai di uscire con qualcuno mi guardava come se non riuscissi a fare due più due e chiudeva l'argomento con "Mi chiedo quando deciderai di aprire gli occhi, amico".

Scossi la testa per risvegliarmi dai miei pensieri e mi accorsi di essere arrivato vicino al Pont Des Arts dove André stava vendendo ad una coppia un gelato.
Scesi dal tetto in cui mi trovavo e  presi i gusti che voleva Marinette e, come lei aveva immaginato, André insistette per regalarmi la vaschetta e qualche cono.

Tornai a casa sua il prima possibile per non far squagliare il gelato e la ritrovai sul balcone con una coperta sulle spalle mentre osservava la città. Appena balzai sul tetto si girò verso di me e mi sorrise.
M: "Riconoscerei quel sacchetto ovunque: sei andato a prendere il gelato da André, non è vero?"
C: "Beccato. Ho dovuto litigare con una vecchietta che non intendeva cedermi la vaniglia!"
M: "Haha, molto divertente" disse sorridendo.
Appoggiai il sacchetto sul tavolino e aprii la vaschetta con il gelato. Misi su due coni tutti i gusti che avevo preso e ne porsi uno a lei.
M: "Grazie micetto. Allora, mi vuoi spiegare come hai fatto a diventare un gatto randagio?"
C: "Beh, diciamo che vengo da una famiglia piuttosto complicata e, in poche parole, sono stufo della dittatura che esercita su di me mio padre. Io lo so che mi vuole bene, ma è come se non fossi più suo figlio. Mi tratta come se fossi l'ennesimo dipendente che lavora per lui. Faccio tutto ciò che mi chiede di fare per renderlo felice: prendo il massimo dei voti a scuola, eccello in tutte le attività extracorriculari che pretende che io faccia e lavoro pure per lui. Vorrri dirti di più ma rischierei di svelarti chi sono e non è affatto facile mantenere il segreto quando sto con te. Sento che posso dirti ogni cosa ma la mia identità segreta me lo impedisce".

Strinsi forte una mano sulla ringhiera e lei, in risposta, ci mise sopra la sua e, guardandomi negli occhi, azzardó una domanda con voce incerta: "Ma se tuo padre, insomma, ti fa passare tutto questo...perché non ne parli con tua madre? Chi meglio di lei può farlo ragionare".
Le sorrisi e le accarezzai la guancia, con il viso a pochi centimetri dal suo.
C: Vedi, principessa, questo mi è impossibile. Purtroppo mia madre non può farlo perché non c'è più. Anzi, credo che la sua morte lo ha reso così. Da quando se n'è andata le cose a casa sono diverse: invece di piangerla insieme come dovrebbe fare una famiglia lui si è chiuso in se stesso. Non tollerava l'idea di averla persa tanto da non guardarmi più allo stesso modo perché gliela ricordavo troppo e questo lo straziava.
Io spero solo che un giorno troverà la pace che merita e che non sarà troppo tardi per noi due per riappacificarci".

Durante il mio racconto i suoi occhi si erano pian piano riempiti di lacrime.
Sorrisi nuovamente perché solo una come Marinette riusciva a essere così empatica con me.
M: "N-non immaginavo che dietro quella maschera da gatto impertinente si nascondesse tanto dolore. Sei il benvenuto qui, gattino, per tutto il tempo che vorrai e spero che un giorno la situazione tra te e tuo padre tornerà come prima".

Girai la mano che stava ancora afferrando la ringhiera ed incrociai le nostre dita, accarezzandole il dorso della mano.
Entrambi eravamo ipnotizzati dalle sensazioni che scatenava quel semplice gesto e fu il suono di un clacso a risvegliarci. Si staccò per lo spavento per poi asciugarsi le lacrime con la manica della maglietta e tornare a sorridere timidamente.
M: "Allora, coinquilino, io dovrei finire di fare i compiti visto che sono un pó indietro ma tu puoi rimanere qui fuori. Basta che non finisci tutto il gelato" disse facendomi l'occhiolino.
C: "Se si tratta di compiti io sono tutto ciò di cui hai bisogno. Con me al tuo fianco li finiremo in una miaonciata di secondi!"
M: "D'accordo, basta che non fai giochi di parole"
C: :Non posso assicurtelo, principessa"

Finimmo velocemente i nostri gelati ed entrammo dentro casa. Lei scese al piano di sotto per mettere il gelato in freezer e per prendere una sedia anche per me mentre io osservavo la sua stanza notando che mancava qualcosa. Non riuscivo a realizzare cosa fosse ma poi, guardando il suo pc, capii.
Mancavano le foto dei miei servizi fotografici.
La sera precedente erano lì quindi non capivo perché le avesse tolte.
M: "Ehy tutto bene?"
Mi girai e notai che Marinette si trovava dietro di me con un libro di fisica in mano.
C: "Dove sono finite le foto?"
M: "Q-quali foto?"
C: "Lo sai benissimo. Quelle di Adrien Agreste, fino a ieri erano qui appese su tutti i muri della tua stanza"

Lei si diresse verso la scrivania e posò il libro per poi sedersi sulla sedia.
M: "Beh, quando sei andato a prendere il gelato ho pensato di toglierle. Insomma, se devi vivere qui non voglio che tu pensi che io sia una psicopatica o roba del genere"
C: "Non mi azzarderei mai principessa. Si ok, è un pó folle come cosa ma non per questo devi toglierle per me"
M: "No tranquillo, era una cosa che volevo fare da tempo. Tu mi hai solamente dato un motivo in più"
Detto questo mi indicò la sedia che aveva posizionato accanto alla sua.
M: "Dunque, credi di riuscire a salvare una povera ragazza dal suo imminente test di fisica?"
C: "Prrrfavore, sono un asso nella fisica. Fartela imparare sarà un gioco da ragazzi"
Dissi con sorriso beffardo mentre mi andavo a sedere di fianco a lei.
M: "Beh io non canterei subito vittoria"

La sfida si presentò più difficile di quanto mi aspettassi ma riuscì a spiegarle tutto come promesso.
C: "Credo proprio che andrai alla grande a questo test"
M" Vero ed è tutto merito tuo, grazie!!"

Detto questo ci battemmo il pugno e gridammo insieme "Ben fatto!".
Rimanemmo entrambi stupiti da come quel gesto ci risultò familiare. Lei stava sudando freddo. Era impaurita: glielo si leggeva in faccia a miglia di distanza.
C: "Tutto ok?" Chiesi incerto.
M: "Sisi, è solo che mi è sembrato di rivivere un dejavu" e l'ultima parola la ripetemmo insieme.

Ad interrompere quel momento fu il cellulare di Marinette che, di punto in bianco, aveva iniziato a vibrare incessantemente per la quantità di messaggi che le stavano arrivando.
Lo prese e iniziò a scorrere le notifiche mentre io la guardavo curioso.
Il suo viso mentre li leggeva diventava sempre più paonazzo finché ad un certo punto si alzò di scatto in piedi e corse verso la botola che dava al biano di sotto.
Io le corsi dietro e le afferrai il polso preoccupato.
C: "Ehy, ehy, ehy. Perché scappi? Che succede?"
M: "Sc-usa Chat, non ho tempo. D-devo andare a cercare un mio amico. È scappato di casa e non risponde al telefono. Per favore, vai a cercarlo pure tu, serve l'aiuto di tutti"
Detto questo cercò di liberarsi dalla presa ma io non mi mossi di un centimetro.
C: "Frena, frena. Chi è scappato?"
M: "Adrien A-agreste. Ora per favore lasciami andare, ti prego!"
Fui scioccato da quelle parole e le lasciai il polso d'impulso. Lei ne approfittò e scese al Piano di sotto, lasciandomi lì da solo con i miei pensieri.

Ma certo, ero stato uno stupido a pensare che mio padre non avrebbe allarmato tutta Parigi della mia scomparsa. Lo aveva già fatto a Natale, perché non avrebbe dovuto rifarlo?
E ora tutti cercavano un ragazzo che non poteva essere trovato...che buffo: era il secondo dejavu che rivivevo in poco tempo.

A casa non intendevo tornare ma non potevo di certo fare finta di niente. Avevo ancora impresso nella mente il viso preoccupato di Marinette per la mia scomparsa e dovevo rimediare al mio danno. Così decisi di consultarmi con l'unico che sapeva tutta la storia e dissi ad alta voce "ritrasformami".
Davanti a me si presentò Plagg affamato e, soprattutto, molto incazzato con me. Gli diedi del camambert e aspettai l'imminente sfuriata che non tardò ad arrivare.
P: "Ma io dico: TI È ANDATO DI VOLTA IL CERVELLO? PERCHÉ NON USI MAI QUELLA TUA TESTA BIONDA E STUPIDA PER IMMAGINARE COSA CAUSANO LE TUE AZIONI? SE TI FOSSI CONSULTATO CON ME PER ALMENO UN SECONDO TI AVREI RICORDATO DI QUANTO FOSSE PESSIMA L'IDEA DI SCAPPARE DI CASA DI NUOVO. MA INVECE NO! PERCHÉ TU SEI ADRIEN AGRESTE: IL RAGAZZO PIÙ DEFICIENTE DI TUTTA LA FRANCIA E ORA SIAMO IN QUESTA SITUAZIONE DI MERDA PER COLPA TUA E OVVIAMENTE TI RITRASFORMI PERCHÉ NON SAI CHE CAZZO FARE!"
A: "Esatto, ora: hai qualche idea?" Dissi mostrandogli un altro pezzo di formaggio.
P: "Forse una" disse osservando la fetta di camambert per poi divorarla.
P: "Ok, allora quello da fare in questo caso è tornare davanti a villa Agreste nei panni di Adrien dicendo che eri uscito di nascosto senza cellulare per sbollire la rabbia e che ti eri perso. Poi Chat Noir ti ha trovato e ti ha aiutato a tornare a casa"
A: "Si ok, ma come la mettiamo con Marinette?"
P: "Quelli sono i tuoi problemi d'amore, io la via d'uscita te l'ho trovata"
Ignorai come aveva definito la situazione tra me e Mari e decisi di fare come mi aveva detto. Avrei sicuramente trovato una scusa adatta alla situazione con lei.
Detto questo mi ritrasformai ed uscì dalla botola mentre il cielo si dipingeva di un rosso tenue. Avevo un piano da portare a termine e poco tempo se volevo che Marinette rientrasse a casa prima che facesse buio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 28, 2023 ⏰

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