⚠️ Achtung: questo capitolo è incentrato principalmente sull'eros, perciò saranno presenti descrizioni dettagliate. Se per voi rappresentano un elemento di disturbo, potete saltare la parte dalla "Danae" fino al secondo divisore e la parte finale dopo la scena della vetrata.
Enjoy!
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In camera ci era stato portato tutto ciò che avevamo caricato in auto, meno il quadro che lui aveva dipinto per sé e nel quale io ero protagonista. Alla mia domanda, lui ha scrollato le spalle, dichiarando che in realtà non lo aveva trovato e che, pertanto, si trova ancora da qualche parte in quella casa. La sua ammissione mi lascia stupita; il pensiero che Rüdiger l'avesse fatto sparire perché restasse a lui mi tocca in modo particolare: il suo pugnale l'ho conservato e l'avevo deposto in valigia insieme ai miei affetti. Per quanto brutale fosse e per quanto la sua ideologia improntata al maschilismo lo spingesse a oggettificarmi, almeno in facciata, lui mi considerava parte della sua vita. Dopotutto, non mi dispiace poi così tanto che l'abbia lui il mio ritratto.
«Non avremo Ariel, ma sono certo che mia madre ti coccolerà il più possibile a tavola. Non ci capita più molto spesso di avere ospiti che non... che non siano nostri consanguinei, diciamo così» apprezzo tanto che abbia riformulato la frase in modo da non farmi sentire esclusa dalla sua cerchia famigliare. L'ho guardato con certi occhi limpidi e riconoscenti che, solo incrociando il mio sguardo, la delusione per quell'atto mancato ha preso di nuovo il gusto dolce dell'attesa.
«È più di quanto potessi sperare.»
«Perdonali se faranno qualche domanda sulla tua famiglia; vorranno soltanto sapere chi sei, da dove vieni... le classiche domande noiose. Non sei tenuta a rispondere se non vuoi.» Sì, mi ero preparata all'evenienza; è normale che vogliano avere più informazioni sulla persona che sta frequentando il loro rampollo e può anche darsi che perderanno stima nei miei riguardi quando sapranno che sono un pozzo a secco, un'edera che non può apportare nulla, se non un quid estetico. Sarebbe un incubo se pensassero davvero che voglia approfittarmene. «Non fare quella faccia» mi riprende, rialzandomi il mento con le dita, caduto a picco dallo sconforto; «so cosa stai pensando e non c'è niente di più sbagliato. Denaro ne abbiamo tanto da non sapere più cosa farne; a cosa sarebbe servito scegliermi una donna ricca se non mi avrebbe reso felice? Tu sei l'unica ragazza in grado di capirmi e di farmi sentire incredibilmente leggero, come se nella tua visione delle cose fossi ancora un'anima pura.»
«Vedo l'uomo che vorresti essere, l'obbiettivo che volevi raggiungere e so che ci hai provato con tutte le tue forze.» E so che questo gioca una parte nella tua infelicità, taccio, relegandolo alla mia mente. Lui mi scosta i capelli bagnati rimasti incollati al collo, che davano l'effetto di tentacoli dipinti; immerge il viso tra la spalla e la curva della mandibola, attirandomi a sé. Mi sarei voluta appigliare ai suoi bicipiti, ma l'impeto con il quale mi ha cinta, contrapposto allo sfioro solleticante delle sue labbra, mi ha fatto tendere un braccio all'indietro, mentre l'altro è rimasto inutilizzato: la mano che avrebbe voluto domare i suoi capelli gravita nel vuoto, oltre il panno scivolato dal busto, adagiatosi sul grembo. Mi domando ancora come sia stato possibile che la dinamica precedente non abbia funzionato, se anche un'indicazione data per gioco è riuscita ad accaldarmi le tempie: "prova a reggere la stola, a sollevare il ginocchio... eccola, la Danae di Correggio!"
Penso a lui come alla pioggia dorata*, composta, perlomeno in apparenza, perché la fretta nel voler ritentare non ci guasti il secondo tentativo.
«Hai già scelto cosa indossare?» Mi chiede, con la nonchalance di chi ha fabbricato un diversivo ad hoc e non vuol farlo passare per tale. Forse anche lui ha avuto il mio stesso pensiero e ha voluto sondare il terreno prima di decidersi per qualunque cosa. Io ho guardato in giro per la stanza e, non appena ho individuato la mia valigia, ho iniziato a fare mente locale per ricordarmi quale fosse il completo più carino. Quello compratomi a Roma da Attila, senza dubbio. La seta non è della migliore qualità, ma se non avessi sentito il prezzo non l'avrei mai sospettato. Annuisco un po' sconnessa, vedendomi improvvisamente scoperta invece che riavvolta nel telo. Reiner getta uno sguardo all'orologio affisso al muro, poi al panno che discende carezzevole la gamba stesa e che viene abbandonato a lato delle caviglie. «Si possono fare tante cose in venti minuti» ammicca sensualmente, dedicando particolare attenzione al sesso annidato tra le cosce, che aveva trascurato durante la prima, brusca, intrusione. Sono arrossita di colpo e già immagino come possano essere sgargianti le mie guance a contrasto con il corpo sbiadito, che, lentamente, riscopre il suo rosa quasi trasparente. Lui sembra trovarlo adorabile.
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Unsere Schatten - Le nostre ombre
Historical Fiction[EX CANONE INVERSO - BEHIND ENEMY LINES] Estate, 1942. Alle porte di Auschwitz-Birkenau una ragazzina corre a perdifiato, cercando di sfuggire al suo destino. Cade dal suo scranno dorato; non sa nulla del mondo, tanto più dei bui anni quaranta, un...