15. Istantanee venute mosse

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[La mia vita è un capitombolo e venerdì trasloco in un altro stato: prometto che appena mi sarò calmata, riuscirò a postarvi il calendario settimanale.

Grazie per i commenti, davvero]


Scopre che Riccardo adora fare fotografie – rigorosamente a cazzo di cane: ha il telefono pieno di istantanee velate di mancanza, un po' sfocate e un po' sbiadite e non si capisce il pensiero che stia dietro o forse sì.

Che quando sbircia nel suo telefono, scorgendolo intento a guardare lo schermo (i messaggi di Giulia?), Alessandro scopre che le istantanee di Riccardo sanno tutte di rottura – e quindi di lui.


15. Istantanee venute mosse


Il sedici febbraio duemilaeventidue fanno solamente quattro giorni che non si vedono: quando si presentano per l'intervista a RTL, Alessandro scopre che fa solamente un male cane – rivederlo. Che non è utile o costruttivo, dire di essere amici e sorridere (a Riccardo si sta spaccando la faccia) fino a farsi del male a vicenda.

Che è terribile sedere di fianco a qualcuno e sentirlo lontano anni luce, che è un'unità di tempo e non di distanza e quindi cosa cazzo pensi, Ale, ma comunque il succo è quello: che Riccardo può sorridere quanto vuole, ma non paga quel cuore spezzato che gli ha lasciato in petto. E se lo domanda: sorride per davvero o fa solamente finta?

Non si salutano nemmeno: si trovano seduti come due pupazzetti dai fili tagliati e, quando Alessandro sorride nel sentirsi chiamare per nome, Riccardo stringe i denti per non mettersi a gridare – che ha fatto quella fottuta telefonata e ha visto Giulia, ha riscosso quel debito di lacrime e urla e improperi che sapeva di meritarsi (non Alessandro, cazzo, Ricky, non Alessandro) e poi è tornato indietro nel tempo. Le sue mani appigliate alla camicia, quello sguardo.

C'era davvero qualcosa, lì, qualcosa che non ha capito subito – solamente quando s'è slavata l'abitudine e ha cominciato ad avvertire la mancanza, depositata tra le istantanee nascoste nella cartella immagini del suo cellulare, in ogni stupido scatto che gli ha dedicato.

Riccardo vorrebbe dire d'aver voglia di rimediare, ma non ne ha: nemmeno un po', perché significherebbe tornare indietro e ammettere di essere una colossale testa di cazzo. Un po' lo è.

E sa che Alessandro non si fiderà mai più o, se dovesse tornare a farlo, glielo concederebbe a denti stretti – un purtroppo incrostato in un limite di tempo, la loro meravigliosa storia d'amore senza lieto fine.

È il sedici febbraio duemilaventidue, quando Riccardo lo guarda finalmente negli occhi e dentro ha tutta quella rugiada che gli è scolata sulla schiena, rendendolo fradicio di speranze spezzate: Alessandro sorride, meccanicamente, e a stento ricambia quello sguardo. E sembra che se la siano cantata da soli, Brividi, che sia un caso di profezia che si autoavvera o dell'ennesima testa di cazzo che Alessandro dovrà trovarsi davanti – Riccardo lo sa, che Alessandro ha davvero troppo da perdonargli.

E in ogni parola, in ogni stupidissimo commento che si lascia sfuggire dalla bocca, Alessandro si distorce in un'espressione scontenta che sembra dire che il perdono è aleatorio – e lui, al pari del sesso con sentimenti, sceglie di non saperlo fare.

Eppure, vorrebbe gridargli Riccardo, eppure hai scritto Rapide: hai scritto una canzone d'amore e l'hai dedicata a qualcuno (a me cosa dedicherai mai?).

«Io è una vita che sto sotto, non passa mai».

Lo fa sorridere – amaramente.

Riccardo trattiene un sospiro, dipingendosi sul volto quel sorriso che sa di cose non dette, della telefonata, di Giulia, di. Che sa di quelle mille delusioni che Alessandro ha addosso e quindi di lui.

Nudo con i brividi || BlamoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora