Capitolo 20: Il mio passato resta a New York

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« Pitt?!»
Ho tenuto la chiamata in viva voce, con Natasha che mi guarda con in bocca ancora gli spaghetti da mangiare. Nel retro del ristorante, ferme in pausa, lei aveva voglia di fumare e io di spaghetti all' olio: ma di fatto sta mangiando in contemporanea anche il mio piatto. Portata, che fortunatamente il cuoco, sapendo della falsa ipocrisia nel concetto di dieta, che ha in mente Natasha, ha abbondantemente riempito.
Resto ferma però a pensare sul perchè abbia mentito a Keyline.
« È il cognome di mia madre.» rispondo scocciata.
« Ah... Non sapevo ne avessi due!» esclama « Ma Reynolds ti dona di più.»
« Non ne ho due!» la fermo « Sono solo Samantha Reynolds.»
Natasha finalmente ingoia il secondo boccone, mi fissa, e fissa il piatto dubbiosa nel prendersi un'altra forchettata, per tornare a fissarmi incerta.
« E allora perchè gli hai detto il cognome di tua madre?! Non sarai sul serio una serial Killer scappata da New York?!»
« Anche se fosse?!» le domandò seria « Il mio passato non dovrebbe essere un modo aggiuntivo nel giudicarmi per chi non mi conosce. Se avessi voglia di fingere di essere qualcos'altro, dove starebbe il problema?! Ho il diritto di rifarmi una vita... a prescindere da cosa ho lasciato a New York!»
Natasha appoggia la forchetta, mi guarda seria « Stai calma!» mi rimprovera, facendomi rendere conto che sono leggermente scoppiata.
« Non sono una serial killer.» affermo dandomi una calmata come richiesto. « Hai sentito la telefonata. Onestamente mi romperebbe che questa sua amica, inizi a investigare su di me.»
« Avanti Reynolds sai che odio i discorsi lunghi e noiosi...Di quello che devi dire e fine!» si lamenta priva di stupore « Perchè gli hai mentito?! Chi sei?!"» domanda con altrettanto stupore, mentre mi prende il piatto da sotto mano ed inizia a mangiare fissandomi come se avesse tra le mani un pacchetto di pop corn.
Io la guardo, tra un misto di disagio e voglia di urlare tutto quello che ho vissuto a New York. E forse è un bene, lei è effettivamente l'unica amica che ho.
Con chi altro ne potrei parlare?
« Quando son arrivata mi ero promessa di tenere un profilo basso, di essere un po come Hannah Montana o Superman... loro riescono a far combaciare due vite opposte su una sola persona!» ma questa è la realtà, e chi sei realmente prima o poi verrà a galla.
Non ho nulla da nascondere e nemmeno dovrei vergognarmi, ma il mio cognome mi ha sempre così tanto etichettata e descritta, che mi viene la nausea al solo pensiero di farmi inseguire anche qui a Los Angeles.
« Basta che mi cerchi su google.» sono diretta e non ci giro attorno.
Natasha mi guarda sbalordita, appoggio il piatto in un secondo « Oddio che figata!» ed estrae il suo telefonino « Mi avevi detto che non avevi nessun social!»
« Infatti non ne ho...»
Natasha ci impiega due secondi e la prima pagina che le compare, risponde già di per se a tutta la mia vita.

"Samantha Reynolds, unica figlia ed erede del miliardario Walter Reynolds, si prepara a seguire le orme del padre."

L' articolo di giornale riporta inoltre una mia foto con lui e mia madre affianco, togliendo qualsiasi dubbio sulla veridicità della mia storia semmai l avessi raccontata: di come mi sono distinta a pieni voti all' università, e di come le mie doti in campo giuridico rispecchiano le doti di famiglia. Elogia mio padre, come se fosse stato per me un maestro: cosa assolutamente falsa, riportando che il patrimonio miliardario, rappresenti un trampolino di lancio per l'alta società. Mi descrive come un persona dal carattere deciso, capace sebbene la mia giovane età, di gestire le quote in borsa. Matematica, calcolatrice, elogiando un quoziente intellettivo degno del cognome che porto.
Dannatamente tutto vero.
Come ho già detto, nel mio sangue deve esserci una sorta di DNA difettoso che mi ha portato realmente a farmi piacere tutte quelle cose che tanto ho io detestavo, ma che gratificava la mia famiglia.
Aspetto che Natasha finisca di leggere, stupita nel vederla tanto concentrata in una lettura totalmente estranea, a un qualsiasi messaggio nel telefonino.
« PORCA TROIA!» Lo esclama così forte, da costringermi nel dirgli di abbassare la voce. «Cazzo Reynolds!» mi guarda « Sei tu?!» per riguardare la foto « Mi vuoi dire che sei una milionaria, ma sei qua a lavare piatti?!» La sua bocca, letteralmente spalancata, esprime il suo stupore anche senza commentare. Ma sono sicura, che di tutto l'articolo, la parte che più gli è rimasta impresso siamo i soldi di famiglia.
« Purtroppo. Non mi dispiace lavare i piatti, lo trovo rilassante.»
« Devi assolutamente dirmi di che droga potente ti sei fatta! Mi avevi detto che eri scappata perchè con tuo padre non andavi d'accordo! E onestamente... Con quelle scarpe da due soldi, e i vestiti che indossi, mai e poi mai avrei pensato che tu fossi ricca!» ribatte « Che cazzo hai combinato per essere qua?!»
Mi regalo compiaciuta una breve occhiata.
« L'abito non fa il monaco, tanto per iniziare! È poi fidati, vestirsi da due soldi non è male... si trovano cose tanto più carine che nelle boutique!»
« Detto da chi... potrebbe permettersi tutto il negozio di Prada in centro, potrei pensare che sia vero!» Natasha mi passa finalmente il piatto, ed estrae un'altra sigaretta,
« Ora tu! Mi devi raccontare cosa cavolo ti è successo! Perchè non è normale mollare una vita del genere, per una vita di questo genere!»indicando i cassonetti dell'immondizia, con noi che ci mangiamo a fianco.
« Ma perchè deve essere così difficile concepire che il lusso non è la felicità?» Un povero che diventa ricco viene lodato per le sue doti, ma chi nasce già ricco per cosa mai potrebbe essere lodato?
Io non ho avuto la possibilità di conquistarmi nulla: avevo le porte aperte su tutto, potevo permettermi tutto e non mi mancava assolutamente niente; eppure non era la mia vita, anzi non potevo decidere della mia vita e questo per me era il lusso più grande del denaro stesso.
« Si Sam! La gente lavora, tutti i giorni per pagare le bollette! Vivere decentemente, solo un pazzo getterebbe via una vita regalata sulla comodità del dolce far nulla!»
Come predetto, dopo questa frase, l'unica cosa che deve aver letto Natasha sono i soldi.
« Quei soldi... mio papà li guadagna tutti i giorni, lavorando, forse troppo, come facciamo io e te! Sono tanti, non lo nego. Ma non giudicare la nostra vita sulla base di un numero. La mia famiglia ha sacrificando tanto per arrivare dove è arrivata.» compreso il rapporto con me. Mi alzo di scatto, pronta a rientrare.
« Stai calma!» mi rimprovera nuovamente, un po imbarazzata, getta la sigaretta senza finirla « Ti agiti sempre così tanto?» sbotta guardandomi seria.
« Quando nasci con un cognome importante come il mio... fidati, c'è chi lo apprezza e chi no.»
« Continuo a non capire!» esclama.
Io sbuffo e lei alza gli occhi al cielo, ma mi fa cenno di lasciarla continuare « Qualsiasi cosa sia successa tra te e la tua famiglia... ti ritengo comunque pazza! Per essere qua ovvio! Se hai quel quoziente intellettivo, devi averlo dimenticato a New York! Perchè la prima volta che ti ho conosciuta sembravi una perdente. Figa, ma persa nel suo mondo.»
Mi metto a ridere « Dovevo capirmi...» mi giustifico, cercando di calmarmi, nuovamente.
« Qualsiasi sia stato il mio motivo, ora son qua. Mi piace essere qua! Mangiare gli spaghetti nel retro di un ristorante, servire piatti, pagare un affitto e fare tutto ciò che non ho mai fatto fino ad ora! Mettila così, avevo bisogno di prendermi una pausa.»
« Mmh...» sospira poco convinta « Giurisprudenza? Tu...? Significa che se mi metto nei guai, potrei assumerti come avvocato?!»
« Non ho finito il corso.»
« Mi avresti seguita gratuitamente ovvio...»afferma senza pensarci tanto su
« Ovvio!» la convinco « Basta solo che tu tenga la bocca chiusa sulla mia storia, finchè riesco a mantenermi nell'ombra. Ne ho bisogno, sai ho sacrificato tanto per venire qua, e sono felice di poter finalmente vivere... Non voglio che finisca tutto, e che i miei vengano a prelevarmi per riportarmi a casa.»
« Va bene Reynolds...ma ti costerà.» Il suo tono serio, mi mette il dubbio che stia o no realmente scherzando.
« Guarda che i soldi sono di mio padre, che è ancora vivo. Ora guadagno quanto te e ho spese, bollette e vita da pagare.»
« Sarà un debito con scadenza a data da destinarsi! Il mio silenzio ti costerà caro...» la vedo altrettanto seria, e la cosa comincia realmente a preoccuparmi. « Mamma Reynolds! Stavo scherzando!» Esclama notando il mio disagio « Ma però penserò a un regalino che potresti farmi quando tornerai a New York! Quello me lo puoi concedere vero?»
« Basta non sia esagerato.»
« Voi ricchi! Siete tutti dannatamente tirchi, uffa!»
Le sorrido, e mi alzo con la voglia di tornare a casa per approfittare delle ore che mi dividono dal prossimo turno, andarmi a fare una corsa e togliermi questo macigno di aver mentito a Key.
Non posso basarmi sulla reazione che ha avuto Natasha, con quella che potrebbe avere lei, sono due persone distinte e con età e maturità diversa: eppure perchè sono bloccata da subito.
Di cosa ho mai paura? Sono sicura che la nostra relazione, o qualsiasi cosa abbiamo al momento, non subirebbe nessun mutamento e che Keyline non starebbe con me solo per i soldi di mio padre.
Chiamo un taxi, saluto Natascha e mi dirigo a casa. Percorro dodici chilometri a un'andatura sostenuta con i Linkin Park che tamburellano sulle mie orecchie , eseguo una serie di esercizi per addome e glutei e quando mi sento sufficientemente sudata e appagata mi dirigo in doccia. Ho avvisato la Tolman che la prenotazione a mio nome, è per un amica speciale, riservandole uno tra i posti migliori del ristorante. Ho rassicurato nuovamente Keyline, quando riscrivendomi dispiaciuta, ha provato nuovamente a deviare la cena. Che la sua amica mi creda o meno una seria killer, poco mi interessa. L'importante è tenerla lontano da quella parte della mia vita, che al momento non ho intenzione di far emergere. Ma Key, troppo insicura, torna a chiamarmi non appena nuda, ma coperta dallo asciugamano mi getto a piombo sul mio letto.
« Ma come, non hai trovato ancora la pace?!» glie l'ho esclamo divertita, quanto esasperata, per doverla tranquillizzare forse fino a stasera. « Di cosa ti stai preoccupando?»
« Di te, per te! Ho paura che Alexia ti massacri.»
« Cosa potresti mai averle raccontato su di me, per farla preoccupare tanto?»
« È fatta così. L'hai capito, ho gusti... ho avuto anzi, gusti pessimi in fatto di donne. Crede che mi stia avventurando in una storia con una ragazzina.»
« Sono maggiorenne.»
« Con nove anni in meno di me.»
« A me sta bene. Non ho mai voluto essere la più grande tra le due. Quindi? Il suo problema dove sta?» torno a chiederle, curiosa di tanta attenzione.
« Crede che ti conosca poco.»
« Trovo difficile conoscere una persona dalla mattina alla sera! Ma se ha la vena del detective. Diventerò il suo caso più difficile!»
Finalmente Keyline si mette a ridere. Mentre il peso della mia bugia, ora che ho sentito la sua voce, mi pesa sullo stomaco.
« Non ha molto da scoprire su di me, ci sono cose che non ti ho raccontato per il semplice fatto che fatico ad esprimermi. A New York ho lasciato una parte di me, che mi piaceva, ma mi pesava. Non sono una serial killer. Solo... una ragazzina che deve ancora capire cosa vuole.» mi fermo con il groppo alla gola.
« Sam... non voglio sapere di più. Quando ti sentirai pronta, ti verrà spontaneo senza per forza farti domande.»
Sorriso tra me e me, chissà che idea si starà facendo: messa così, io potrei essere stata chiunque, anche una delinquente che vuole rifarsi nella società, eppure non mi sento pronta di dire tutta la verità. Questa nuova Samantha mi piace, è stata oppressa per così tanto tempo che finalmente è sbocciata.
« Grazie.» riagganciando, sfoglio la rubrica, e sebbene non abbia intenzione di tornare indietro, mi soffermo a guardare il numero di telefono di mia madre. Quanto vorrei poterla chiamare e raccontagli come me la son cavata in questi due mesi lontano da casa: come la vita sia bella nella semplicità di essere qualcuno senza etichetta. Non nego che mi manca molto, sebbene sia sempre stata troppo rigida, ha cercato di farmi da madre come poteva. Mi rendo conto che un po gli assomiglio, dato che anch'io di lei, conosco ben poco della vita passata: non si è mai raccontata, non so se da giovane ha passato un'adolescenza serena, se sia mai uscita con amici e fatto baldoria, se abbia l'amore con qualcun altro oltre a mio padre. Di loro, conosco solo il modo di come si sono incontrati in un circolo per ricconi e da come ho capito il loro matrimonio deve essere stato combinato: anche la famiglia di mia madre è benestante, mio nonno, proprietario di una multinazionale farmaceutica ha adocchiato Walter fin da subito. E lei ultima di due fratelli maschi ha perseguito le orme di sua madre: sposarsi, fare figli, e badare al marito.
Sospiro e spengo la schermata. Non ho intenzione di sparire a lungo dalla mia famiglia, ma ho bisogno ancora di tempo: se solo provassi a mettermi in contatto con loro, finirei per essere spedita nuovamente a casa. Sicura, se non certa, che questa mia decisione di trasferirmi li abbia fatto arrabbiare non di poco, ma è strano questo silenzio, troppo spento e troppi duraturo.
Senza rendermene conto, la mia pausa è finita e tra un paio di minuti, Natasha passerà a prendermi per dare inizio alla seconda parte di questa giornata. La Tolman al mio arrivo mi legge subito in viso:
« Signore santo Reynolds... che muso che mi ha! Stamattina è arrivata tutta elettrizzata, e ora è così seria! Non sarà per quel tavolo che mi ha chiesto di prenotare?»
« No assolutamente...Ma le devo chiederle un piacere.» Sono seria, e per la prima volta il mio modo di impormi con lei l'ha mette nella condizione di prestarmi attenzione.
« Devo chiederle se per stasera, lei usi solo il mio nome per chiamarmi.» La guardo fissa negli occhi « È importante»
La Tolman mi fissa mettendosi la stanghetta degli occhiali tra i denti, iniziando a masticarla, studiando un modo di rispondermi. Natasha da parte sua sta ferma a mordersi il labbro, cercando di trattenere un sorriso.
« Va bene.»
« Tutto qua?!» esclama Natasha di scatto, aspettandosi forse un interrogatorio da parte della Tolman nei miei confronti. Ero pronta onestamente anche io, a qualche domanda sul perché avessi fatto una richiesta di questo genere, dato che è da quando son stata assunta che la Tolman persiste di chiamarmi solo ed esclusivamente per il cognome.
« La signorina Reynolds avrà sicuramente i suoi buoni motivi... ma solo per stasera! Onestamente mi piace chiamarla per cognome.» Mi guarda dritta negli occhi e per la prima volta mi da come l'impressione che quella donna sappia di più di quello che vuole far trasparire. Con un cenno di capo acconsento a questa trattativa, faccio un sospiro di sollievo e guardo Natasha soddisfatta.
« Per te riuscirà a chiamarti per nome? Sai che figuraccia ti faresti, se al tavolo con loro, lei sbaglia?!» mi sibila una volta in camerino.
« Mi fido di Adriana.»
« È strano però che non ti abbia chiesto altro, e se ne sia uscita solo con un va bene...»
« Già... magari a mia insaputa, sa chi sono» e non mi stupirebbe.
« Probabile! Non assume gente a casaccio, si tiene sempre due giorni di tempo per decidere... andrà a controllare tutte le nostre credenziali»
«Che la Tolman lo sappia o meno, le sono grata di non aver in qualche modo interferito.»
« Avrei solo voluto vedere che faccia avrà fatto quando l'ha scoperto.»
La serata sta per iniziare e manca solo un'ora all'arrivo di Keyline e della sua amica. Mi sento alquanto nervosa, continuando a puntare l'occhio in direzione dell' entrata, cerco di non pensare alla mia bugia.
Sono impegnata a prendere una ordinazione di una coppia su un tavolo adiacente all' ingresso quando, troppi lunghi nel decidere quale vino prendere per la loro di serata quando punto l'occhio al balcone: Keyline è di spalle e la riconosco subito per la chioma di capelli neri, son sicura che mi stia cercando con lo sguardo, dato che la vedo guardare la sala, senza una direzione fissa.
« Vi posso consigliare un Cabernet Franc?» taglio corto « Ne abbiamo uno arrivato da poco dalla Francia... gusto deciso, starebbe molto bene con le portate che avete scelto.» Guardo prima lui e poi lei, sono convincente, sorrido e liquido in poco meno di tre secondi. Mi dirigo verso l'entrata, chiedo a un collega se può far recapitare la bottiglia al mio posto, e gli vado incontro.
« Ciao!»
Keyline si volta, mi sorride, la sua amica di fianco, si presenta cordiale e carica per come mi guarda di investigare.
La Tolman seria, mi adocchia fugace:
« Samantha vi ha riservato il tavolo nella sala della cantina, è un posto particolare, il migliore del locale.» compiaciuta di avermi chiamato per nome, mi fa cenno di andare.
« Seguitemi...» invito Key e Alexia, prendo due menù dal tavolino d'ingresso e mi dirigo verso il tavolo. Sospiro con il cuore che palpita a mille, e la paura che la mia bugia venga a galla con una cena.

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