Capitolo nove

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tutto incomincia, senza considerare che un giorno tutto questo sarebbe finito; alla fine dell'estate non mancava poi chissà quanto tempo e sembrava volare via, sfuggirci mentre noi consumavamo il nostro amore.
Per non dare nell'occhio, ci eravamo messi d'accordo di incontrarci a casa mia, nella mia camera dove l'abbiamo fatto la prima volta.
Non mi bastava mai.
Lo cercavo anche in Hotel nonostante vedessi la sua faccia impaurita e insospettita: lo trascinavo in qualche stanza, in un ripostiglio di cose, pur di strappargli un bacio, Tae mi diceva che così era troppo pericoloso, le persone lo guardavano, lo cercavano per chiedergli un autografo o intrattenerlo in conversazioni che riguardassero la sua vita da musicista.
Qualcuno incominciò ad insospettirsi, i primi sicuramente erano le persone accanto a lui, che lo sostenevano nel suo lavoro: se non era assieme a loro era con me, in qualche stanza dall'albergo o in camera mia. Per lo più lo preferiva la mia stanza perché era al riparo dagli occhi indiscreti, ormai avevamo capito che i miei non venivano in casa perché mia madre amava il sole di agosto e le giornate al mare, era troppo caldo da rimanere in giardino e, mio padre era troppo impegnato con il lavoro e renderlo perfetto per pensare al figlio che aveva una relazione con il suo ospite d'onore.
I biglietti non finivano mai di scriversi, ed io lo conservavo tutti, anche quelli in cui non c'era scritto niente di sentimentale, pensai che la sua scrittura era così raffinata ed elegante, tutto di lui lo era.
Mi scrisse un giorno, che non ci saremo potuti vedere, doveva lavorare, il tour in America era vicino e il suo personale lo voleva carico, doveva dare il meglio.
Ed io impazzivo perché ero diviso tra il contare i giorni che mancavano alla sua partenza e dal godermi lui, finché non sarebbe partito.
Nella hall aspettai. Non riuscivo a resistere; nell'ora di pranzo mi infilai in camera sua con la scusa che dovevo portargli qualcosa di urgente che mi aveva richiesto.
Quando entrai sentì il rumore del getto dell'acqua chiudersi provenire dal bagno. Mi sedetti sul suo letto e quando aprì la porta lo sorpresi.
"Che cosa ci fai qui?" Una asciugamano gli copriva il ventre fino alle ginocchia e i suoi capelli umidi ricadevano sulla fronte.
"Sono venuto a salutarti" andai verso di lui, sentivo il suo petto fresco probabilmente per l'acqua appoggiarsi al mio.
Strinse le sue mani attorno alla mia mascella che prese per darmi un bacio, non riuscivo a resistergli.
"Oggi sono impegnato, non hai letto il biglietto?"
"Si" un bacio interrompe il mio parlare -" non sei in pausa adesso?"
Fece finta di riflettere e poi disse:" se vuoi faccio un'eccezione per te."
Mise le sue mani sotto al tessuto della mia maglia, spinse il mio corpo sul letto e lui arrivò sopra di me.
"Mi manchi quando tu sei qui con me" la sua bocca sussurra contro il mio collo.
Le sue mani arrivarono fino all'apertura dei miei pantaloni sferrandoli via quasi come se volesse strapparmeli e fece ugualmente con l'intimo: gli sfilai l'asciugamano ed eravamo entrambi spogli, uno sopra all'altro.
Gli diedi una leggera spinta per far catapultare le posizioni e con quando lo vidi sotto di me, gli baciai tutti i nei che aveva sul suo petto mentre le sue mani erano su i miei capelli: erano mani esperte le sue, non erano nuove, sapevano dove toccare e come muoversi, era esperto. Mi disse che non era la sua prima volta confermandomi, che lo aveva fatto con un suo collaboratore di lavoro, ma che era troppo rischioso per averci una relazione lavorativo e lo licenziò tagliando ogni rapporto.
Le nostre labbra erano divorate, e quella fretta di essere scoperti mi eccitava ancora di più nonostante lui facesse l'effetto contrario: entrai in lui, la mia carne era dentro di lui e i gemiti erano incontrollabili per entrambi.
Arrivò il piacere, ed entrambi eravamo stesi al bordo del suo letto con il fiato corto e un sorriso quasi da sembrare stupidi stampati sul volto.
Durò poco quel momento, perché mi obbligo a vestirmi e così lo imitai riprendendo i vestiti sparsi per la stanza.
Stavo per andarmene, mentre lo baciavo senza fermarmi prima di ritornare a lavoro, e lasciarlo in stanza quando qualcuno bussò alla porta.
"Nasconditi in bagno." Mi disse mentre controllava che nessun indizio su di me potesse essere presente in camera.
Ascoltai il suo ordine e mi chiusi in bagno: da lì sentì qualcosa che non avrei voluto mai sentire.

"sign. Kim" una voce femminile con un accento americano forte oltrepassò le mura della stanza.
"Si?" La porta si aprì.
"Mi scusi il disturbo signor. Kim ma, volevo informare che la sua fidanzata sta per arrivare. Vuole che le ordino un tavolo per due per la serata?".

Il resto del discorso non riuscì a seguirlo, la gelosia prese piede dentro il mio corpo, sentì bruciare le orecchie e quasi pensai di morire in quel bagno che all'improvviso diventò una sauna dal caldo che faceva. O forse era la rabbia e il bollore che provai.
Quando la donna smise di parlare, uscì dal bagno trovandomi Tae davanti.
"Ti prego. Non arrabbiarti."
Afferrò il mio braccio e non mi diede il tempo e la forza di uscire. Lo prese e lo strinse sotto il suo palmo che pochi minuti fa accarezzavano il mio corpo nudo.
"Potevi dirmelo."
"Io non la amo, è solo una facciata."
"Basta mentire."
"Io non ti ho mai mentito. Io sono davvero innamorato di te"
Vidi il suo sguardo incupirsi e le iridi nere diventare più liquide.
Piangeva, piangeva perché sapeva a cosa mi riferivo.
"Non stai mentendo a me, ma a te stesso e agli altri."
Lasciai la presa prendendo in tempo la sua debolezza e uscì dalla stanza ritrovandomi a trattenere le lacrime per i corridoi dell'hotel e per tutta la durata del lavoro. Quando sentì che lei era arrivata me ne andai, ritornai a casa e lasciai la fine del turno ad un collega:" sto male ritorno a casa" ormai con quella scusa ci convivevo, come imparai a convivere con l'adattarsi e il sopravvivere.
Lo volevo, davvero e dovevo fare i conti anche con questo.
Per tutta la durata della giornata pensai che probabilmente solo io ne soffrivo di questa situazione, che forse lui era abituato ad avere due personaggi nella sua vita: il vero se e il personaggio pubblico. Solo con il tempo incominciai a capire che in realtà mi sarei sbagliato che avevo mancato di buon senso perché, Taehyung era famoso, non poteva essere omosessuale.
Se lo volevo, questi erano i patti: dovevo accettarlo, dovevo accettare anche questo suo dolore.

The Novecento Hotel| TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora