CAPITOLO 43.

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{{ al volo! }} esclamai lanciando il pacco di patatine alla paprika addosso a Dylan.
Ero appena ritornata all'ospedale e lui era ancora spaparanzato sulle sedie della sala d'attesa. Pensai subito a quanto fosse tenero mentre dormiva, sembrava un bambino.

{{ hey ma- Lexy! }} si alzò indignato pronto a picchiare chiunque avesse appena disturbato la sua quiete, ma non appena si accorse fossi stata io, sbuffò soltanto.

{{ hai riposato bene fiorellino? }} ridacchiai baciandogli uno zigomo.

{{ se non mi avessi tirato un pacco di patatine addosso avrei dormito meglio...}} borbottò come un bambino offeso.
{{ ma come mai sei già qui? }}

{{ sono stata via con tua madre più o meno quaranta minuti. A proposito ti aspetta fuori, adesso è il tuo turno. }} indicai alle mie spalle con un pollice, alludendo al parcheggio dove Jasmine stava aspettando il figlio.

{{ mh capito, va bene. Ci starò poco, ok? Verrò subito da te e per qualsiasi cosa chiamami. }} mi raccomandò con le braccia tese sui fianchi. Classica posizione da genitore severo.

{{ va bene papà...}} alzai gli occhi al cielo stufa di essere trattata come una bambina irresponsabile. Ma lui la prese diversamente e una volta riportato lo sguardo nel suo mi resi conto dell'errore commesso.
Un sorrisetto malizioso increspò le sue morbide labbra, e ciò mi permise di intravedere la sua lingua passare velocemente sulle sue gengive. Vizio che aveva quando si eccitava per qualcosa, o in questo caso, anche per una misera frase.
{{ ma...amore sei proprio un viscido! }} gli diedi una pacca sul petto ridendo allegramente.

{{ non è colpa mia se nomini tutti i doppi sensi esistenti al mondo! }} si giustificò divertito alzando le mani in segno di resa.
Scossi la testa a destra e a sinistra  fintamente stufa della sua irrefrenabile malizia che però, anche se non lo davo a vedere, amavo da morire.

{{ va bene mister 'penso male anche quando nominano banana'. Adesso vai da tua madre prima che arrivi qui più isterica di prima. }} lo spinsi leggermente verso l'uscita, ma lui bloccò entrambi sistemando saldamente i piedi per terra.
{{ che c'è ora? }}

{{ non me ne vado senza salutarti. }} sorrisi, lo afferrai per il colletto e lo coinvolsi in un bacio appassionante.

{{ adesso vai. }} gli sorrisi con le labbra rosee e gonfie. Lui ricambiò il sorriso e, prima di sfrecciare via, mi lasciò un ultimo bacio all'angolo della bocca.

Sospirai sorridendo innamorata per poi ricordare, purtroppo, il perché fossi in quel postaccio che sapeva di medicine e lacrime. Odiavo stare lì e, se non fosse stato per Veronica, me ne sarei andata via a gambe levate.

Non avevo nessun buon ricordo collegato all'ospedale, nemmeno la mia nascita se per questo.
Il fastidioso nodo alla gola, che si formava ogni qualvolta entrassi in quelle mura giallognole, era una sensazione di ansia davvero molto sgradevole.

Rimasi ferma ad osservare il corridoio dinnanzi a me per un po', a pensare ancora e ancora. Anche se quella era l'ultima cosa che avrei dovuto fare poiché ogni volta mi ritrovavo più stressata di prima.

Il mio sguardo però fu presto catturato dalle varie persone che si stavano alzando dalle scomode sedie in plastica, e ciò stava a significare soltanto una cosa: l'orario delle visite era iniziato.
Poco mi importava se Veronica stesse ancora dormendo, io dovevo vederla e parlarle il più presto possibile.
Più il tempo passava più sentivo la necessità di liberarmi da quel peso mastodontico al petto, e l'unico modo era confessandole tutta la verità della sera precedente. Una verità molto più amara di quanto pensasse.
Come avrei dovuto dirle che sua madre era morta e che la sua casa d'infanzia era diventata cenere e legno marcio?

𝕀𝕝 𝕗𝕣𝕦𝕥𝕥𝕠 𝕕𝕖𝕝𝕝𝕒 𝕡𝕖𝕣𝕧𝕖𝕣𝕤𝕚𝕠𝕟𝕖 || D. O'. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora