Capitolo 4

846 43 13
                                    




Ashton

Lei sapeva tutto. Lei mi aveva visto ed io ero appeso ad un filo da lei gestito. Poteva decidere di spezzarlo ed io sarei caduto in un pozzo infinito e oscuro, poteva decidere invece di farmi ballare sul filo quando e come voleva. La mia libertà era in mani sue.
Dopo quella frase di ieri sera avevo preferito starele lontano, non perché ne avessi paura, ma perché ero incazzato. Ero tornato a casa con una scusa stupida.
Mi aveva sorriso in maniera superiore, come se sapesse che me ne stavo andando via per lei.
Mi ero svegliato turbato, avevo pensato tutta la notte cosa fare e come procedere. Mi aveva ingannato facendomi pensare che lei non sapesse niente, era una brava manipolatrice e soprattutto era brava a mentire. Era brava a ricattarmi con lo sguardo e sapeva come parlare e quando farlo.
Inoltre mi aveva seminato con estrema facilità in strada, era davvero brava e mi ero chiesto innumerevoli volte come era possibile sapere guidare così bene in sua tenera età.

Mi ero deciso ad andare a casa sua per parlarle, infondo ero amico di Ivan da molto tempo e l'opzione di ucciderla non rientrava nelle possibilità di risolvere la situazione. Ero davanti alla porta della loro villa ed ero indeciso se entrarci oppure no, presi un sospiro e tornai in me. Era una stupida ragazzina che aveva visto qualcosa più grande di lei stessa, mi sistemai la camicia bianca e bussai con tranquillità.
Sentii dei passi avvicinarsi e appena la porta venne aperta, Charlene si presentò in tutta la sua bellezza. I suoi capelli ricci erano raccolti in una coda alta e ordinata mentre indossava dei pantaloncini aderenti e un top rosa a maniche lunghe, non sembrava dovesse star per uscire così pensai che fosse l'occasione perfetta per parlarle.

Alzò il viso e mi guardò con occhi curiosi.
«Ivan è in salotto» mormorò prima di andare verso la sua sinistra, lasciò la porta aperta ed io entrai con calma. La vidi dirigersi verso lo specchio all'entrata e prese una borsettina rossa con dei ricami in pizzo su essa, la aprì con decisione e prese un lucida labbra trasparente rosso; tirò su il viso e passò con cura il cosmetico sulle labbra carnose che possedeva, capii perché Tayler era attratto da lei. Fermò lo sguardo sulla mia figura riflessa nello specchio e si girò puntando i suoi occhi da cerbiatta contro di me, si avvicinò con passo felpato e alzò un sopracciglio «Ivan è in salotto» ripeté con decisione scandendo per bene le parole, mi irritai a quella improvvisa arroganza indirizzata a me e le afferrai la mandibola rudemente.

«dovresti addolcirti un po', riccia» la mollai facendola indietreggiare di qualche passo e lei rise amaramente per poi tornare al suo specchio, mi guardò tramite quello e quando feci per andarmene la sua vocina impertinente mi richiamò «hai problemi di comprensione, Ashton?» mormorò ed io arrestai i miei passi per poi girarmi verso la sua schiena mezza scoperta «ti avevo già detto di tenere le tue mani lontano da me» si girò di scatto e si avvicinò a me con passo da predatrice «ti devo dirmostrare che so come toglierti di torno, semplicemente cantando come un uccellino?» alzò un angolo delle labbra formando un sorriso crudele e scoccò la lingua sul palato per poi superarmi e andare verso il salotto.

Serrai la mascella e la seguii velocemente, mi si presentò suo fratello mentre passava la scopa a terra.
«è noioso lenny, fallo tu» mormorò con tono pregante e lei scosse la testa rapidamente, si voltò verso di me e corrugò la fronte per poi lasciare cadere la scopa sul divano «tutto bene? come mai qui?» chiese pensando chissà cosa, annuii e feci un cenno verso il divano. Mi diede la conferma e io mi sedetti su di esso.
La quiete che si era creata per qualche secondo si ruppe quando sentimmo la porta d'entrata sbattere fortemente, un uomo sulla cinquantina fece il suo ingresso con espressione irritata. Ivan sussultò e sbuffò mentre Charlene serrò la mescella e strinse i pugni lungo le cosce.

«tu.» camminò velocemente verso quella che era probabilmente sua figlia, le puntò il dito contro e lei si girò con disinteresse «io?» sorrise amaramente e suo padre sospiro chiudendo gli occhi, stava cercando di mantenere la calma ed era altamente visibile «hai intenzione di scusarti per ieri?» domandò acidamente e assottigliò gli occhi in due fessure nervose, lei socchiuse le labbra e una risata crudele lasciò la sua bocca «io dovrei scusarmi?» rise nuovamente con più cattiveria «per averti detto di non essere capace a fare il padre?» domandò retoricamente e fece un passo verso l'uomo «questo succede quando la verità brucia più del fuoco, caro padre» puntò col dito la sagoma dell'uomo e tirò su la manica facendo cenno alla sua tarantola tatuata.

Ignis facit bonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora